Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3462 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3462 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

Data Udienza: 19/12/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FREDA MICHELINO N. IL 03/11/1950
avverso la sentenza n. 77/2012 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO,
del 14/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. – -h a._ rtartjus,_
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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RITENUTO IN FATTO

All’imputato era stato contestato di avere, nella sua
qualità di titolare e pertanto di legale rappresentante
della clinica protetta per anziani “Villa Le Ginestre”,
cagionato la morte di Taddeo Antonietta, affetta da grave
deterioramento cognitivo con demenza senile tipo
Alzheimer, per colpa consistita nell’avere omesso di
dotare la struttura di una recinzione, di assicurare una
vigilanza continua alla porta principale di ingresso, di
collocare la Taddeo al secondo piano della struttura ove
era garantito un più stretto controllo per la presenza
costante del personale paramedico ed ausiliario, in tal
modo non impedendo che Taddeo . Antonietta si allontanasse
dalla struttura e venisse investita da un treno
all’interno della galleria denominata “le Ginestre” con
conseguente suo decesso.
Avverso tale sentenza la difesa dell’imputato proponeva
appello.
La Corte di appello di Campobasso, con la sentenza emessa
in data 14.10.2013, oggetto del presente ricorso,
rideterminava la pena in mesi quattro di reclusione,
confermava nel resto e condannava l’appellante alla
rifusione delle spese sostenute dalla parte civile;
dichiarava condonata la pena inflitta.
Avverso la decisione della Corte di appello ha proposto
ricorso in Cassazione, a mezzo del suo difensore, Freda
Michelino censurandola per il seguente motivo:
illogicità
della
manifesta
e/o
l) Contraddittorietà
motivazione- errata valutazione delle prove. Sosteneva la
difesa che erroneamente i giudici di merito avevano
ritenuto sussistente la responsabilità dell’imputato per
il fatto così come descritto nel capo di imputazione. I
giudici di appello invero avevano dato per scontata la
conoscenza da parte del Freda di uno stato patologico di
demenza senile (tipo Alzheimer) della Taddeo,
privilegiando, senza fornire adeguate motivazioni, alcune
dichiarazioni rese dal personale ausiliario e dalla parte
civile rispetto alla circostanza che nessuna cartella
clinica era stata consegnata alla struttura da parte dei
familiari della donna, che il Freda non aveva alcuna
competenza in materia sanitaria, che il medico della

Con sentenza dell’8 novembre 2011 il Tribunale di Isernia
in composizione monocratica dichiarava Freda Michelino
responsabile del reato di cui agli articoli 41, primo
comma, e 589 c.p. e lo condannava alla pena di anni uno di
reclusione e al pagamento delle spese processuali, oltre
al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese in
favore delle costituite parti civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Osserva preliminarmente la Corte che il reato per il quale
l’imputato è stato tratto a giudizio è prescritto,
trattandosi del reato di cui agli articoli 41, primo comma,
e 589 c.p., commesso in Isernia 1’1.04.2006, il cui termine
di prescrizione è pari ad anni sette e mesi sei.
Al riguardo, rilevato che il ricorso proposto non appare
manifestamente infondato, né risulta affetto da profili di
inammissibilità di altra natura, occorre sottolineare, in
conformità dell’insegnamento ripetutamente impartito da
questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del
reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione
dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontri
nel solo caso in cui gli elementi rilevatori
dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non
attribuibilità penale all’imputato, emergano in modo
incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da
parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di
una “constatazione”, che a un atto di “apprezzamento” e sia
quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009,
Rv.244274).
E invero il concetto di “evidenza”, richiesto dal secondo
comma dell’art.129 c.p.p., presuppone la manifestazione di
una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere
superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in
qualcosa di più di quanto la legge richiede per
l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un

struttura, che aveva visitato per due volte la Taddeo, pur
riconoscendo disturbi comportamentali, aveva escluso
l’esistenza di patologie che imponessero un particolare
controllo sulla donna, riconoscendo alla stessa un grado
di autonomia che le consentiva di uscire da sola dalla
struttura, anche in ambiente aperto, tanto che non aveva
ritenuto necessario impartire particolari istruzioni né al
Freda, né al personale infermieristico. D’altra parte,
osservava la difesa, la Taddeo, a prescindere dalla
vigilanza all’ingresso, era sempre uscita liberamente
dalla struttura. Il Freda quindi non avrebbe potuto
impedire alla sua ospite l’esercizio del suo diritto di
uscire dalla struttura, tradottosi poi nel tragico evento
imprevisto ed imprevedibile. Mancava quindi in capo al
ricorrente quella posizione di garanzia che avrebbe potuto
teoricamente legittimare la sua condotta, potendo una
siffatta posizione di garanzia ipotizzarsi in capo al
medico di struttura e/o alle infermiere, ma non a carico
del Freda, che era privo di ogni conoscenza specifica in
materia sanitaria e in assenza di disposizioni da parte
del medico responsabile della struttura stessa.

accertamento immediato (cfr, Cass., n.31463/2004, rv.
229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione
del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel
merito dell’imputato occorre applicare il principio di
diritto secondo cui “positivamente” deve emergere dagli
atti processuali, senza necessità di ulteriore
accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo
stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi
l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello,
ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando
l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento
ponderato tra opposte risultanze (v. Cass., n.26008/2007,
Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie,
in cui questa Corte, anche tenendo conto degli elementi
evidenziati nella motivazione della sentenza emessa nel
giudizio di primo grado, non ravvisa alcuna delle ipotesi
sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo
comma dell’art.129 c.p.p..
Ne discende che la sentenza impugnata deve essere annullata
senza rinvio agli effetti penali perché il reato è estinto
per prescrizione.
Tanto premesso si osserva che, essendo intervenuta nel
giudizio di primo grado condanna al risarcimento del danno
in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede
e al pagamento di una provvisionale di euro 5.000,00,
statuizione confermata in sede di appello, ai sensi
dell’art.578 c.p.p. questa Corte deve decidere
sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei
capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
In punto di responsabilità, a tali limitati fini, la
motivazione della sentenza impugnata appare assolutamente
adeguata e congrua, avendo i giudici di appello evidenziato
che già fin dall’ingresso nella “residenza protetta”, di
cui il Freda era legale rappresentante, Taddeo Antonietta
presentava demenza senile, come anche rilevato dal medico
della struttura che aveva parlato di problematiche
psichiatriche, arteriosclerosi e segni di disorientamento
spazio-temporale della donna; che i comportamenti tenuti
dalla Taddeo all’interno della struttura erano indicativi
della sua inidoneità a determinarsi e agire congruamente
nella realtà esterna; che già una volta era stato
necessario invitarla a rientrare nella struttura, dal
momento che si era allontanata e non era in grado di
rientrare spontaneamente.
Nella sentenza impugnata si legge che l’imputazione si
riferisce anche appunto alla omessa vigilanza continua
nella zona di ingresso della struttura residenziale di cui
è processo. A tal proposito i giudici di secondo grado
evidenziavano che, allorquando la Taddeo era uscita, il

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Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti
penali perché il reato è estinto per prescrizione; ferme
restando le statuizioni civili.
Così deciso in Roma il 19.12.2014

Freda si trovava proprio nella zona di ingresso della
struttura intento a riparare un lampadario e, quindi,
usando la ordinaria diligenza, avrebbe ben potuto
accertarsi che la donna non si allontanasse dall’area della
residenza, incamminandosi da sola e lungo la strada statale
e i terreni circostanti, attraversati anche dalla ferrovia.
Pertanto i giudici di appello hanno concluso che lo
sviluppo comportamentale della donna, nell’occasione, non
si poneva in termini di assoluta imprevedibilità ed
eccezionalità, così da interrompere il nesso eziologico tra
la condotta negligente addebitata al ricorrente e l’evento
letale.

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