Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34611 del 09/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34611 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BORSARI MORENA N. IL 21/04/1980
PACIFICO FERNANDA N. IL 30/12/1958
avverso la sentenza n. 3395/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 10/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/06/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza emessa in
data 25 marzo 2008 dal Tribunale di Modena, appellata da BORSARI Morena e PACIFICO Fernanda, dichiarate responsabili del delitto di furto aggravato in concorso, commesso il 28 giugno
2005.
Propongono, con unico atto cumulativo, il ricorso per cassazione le imputate deducendo vizio di
motivazione sulla responsabilità, anche sotto il profilo soggettivo, sul mancato riconoscimento
dell’attenuante ex art. 62 n. 4 c.p. (in relazione alla quale viene anche proposta memoria integrativa), sul ritenuto ricorrere dell’aggravante ex art. 625 n. 2 c.p.
Osserva il Collegio che i ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati poiché la
Corte di merito ha chiaramente evidenziato come la ricostruzione del fatto in sede dibattimentale
avesse dimostrato che le due imputate avevano acquistato merce utilizzando per il pagamento il
sistema c.d. “salvatempo” che consente all’acquirente di leggere otticamente i dati sul prodotto e
realizzare autonomamente il conto, che la cassiera si limita a scaricare dal lettore ottico senza
controllare la merce, se non saltuariamente secondo le indicazioni automatiche del programma.
In tal modo, nell’occasione, merce per 179 curo non era stata segnata nel conto finale per il mancato uso del lettore per 23 confezioni, come rilevato dai giudici del merito; peraltro la merce non
segnata nel conto era stata immessa in sacchetti assieme a quella pagata, e pare al Collegio del
tutto logica la conclusione della Corte di merito che si era trattato di un sistema adottato per rendere meno evidente la presenza di merce non pagata, e tale da integrare, assieme al metodo di
pagamento utilizzato in quel modo distorto, l’aggravante contestata.
Quanto al valore della merce sottratta correttamente il giudice d’appello ha rilevato che il medesimo non realizzava quel valore infimo necessario per la configurabilità dell’invocata attenuante,
che ricorre solo quando il danno non soltanto è lieve, ma di speciale tenuità, come prevede la
norma in questione.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna delle ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00# per ognuna.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuna al versamento della somma di E. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
°Così deciso in Roma il 9 giugno 2014.

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