Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34591 del 09/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34591 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TESTINI PAOLO N. IL 24/04/1967
avverso la sentenza n. 1533/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/06/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza emessa in data 21 gennaio 2010 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Sondrio, appellata da
TESTINI Paolo, dichiarato responsabile del delitto di furto in abitazione, commesso il 12 giugno
2007.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità e
sul trattamento sanzionatorio.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato
poiché la Corte di merito ha chiaramente evidenziato come la ricostruzione del fatto in sede dibattimentale avesse dimostrato l’inequivoco riconoscimento del soggetto, che ripetutamente era
stato visto aggirarsi nello stabile, allontanarsi dopo il furto, riconosciuto per un abbigliamento
inequivocabilmente individuato anche da altro testimone che ne aveva appena notato la presenza.
Manifestamente infondato e tendente a sottoporre a questa Corte valutazioni squisitamente di
merito, ad essa sottratte, è anche il secondo motivo, con il quale il ricorrente afferma carente la
motivazione con la quale gli sono state negate le circostanze attenuanti generiche. Del tutto legittimamente difatti la Corte di appello ha ritenuto ostativi al riconoscimento delle attenuanti generiche i plurimi precedenti penali dell’imputato, trattandosi di parametro considerato dall’art. 133
C.P., applicabile anche ai fini dell’art. 62-bis C.P.
Manifestamente infondato anche il terzo motivo atteso che correttamente la Corte di merito ha
escluso l’applicabilità dell’attenuante ex art. 62 n. 4 c.p. con riferimento sia al valore del denaro
sottratto, che a quello dei portafogli sottratti, che al dispendio necessario per la rinnovazione dei
documenti sottratti.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proCessuali ed al versamento della somma di C. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 giugno 2014.

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