Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34589 del 09/06/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 34589 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

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ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROSATELLA TOMMASO N. IL 29/03/1954
avverso la sentenza n. 693/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
02/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/06/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Trieste, ridotta la misura del risarcimento del
danno, ha confermato nel resto la sentenza emessa in data 3 febbraio 2011 dal Tribunale di Pordenone, appellata da ROSATELLA Tommaso, dichiarato responsabile del delitto di minaccia
grave, commesso il 21 gennaio 2008.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione
sulla mancata assunzione di prove decisiva, sul ricorrere dell’aggravante ex art. 612, cpv., c.p.,
sull’applicazione del disposto dell’art. 81 cpv.cp., sull’entità del risarcimento del danno.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il ricorso sono inammissibili, in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già
adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi da più deposizioni testimoniali.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
Né è ammissibile la doglianza concernente la mancata assunzione di nuova prova, atteso che non
viene precisato quali ulteriori atti oltre quelli già presenti potessero essere determinanti ai fini di
una decisione in senso a lui favorevole.
Fondata è, infine, la critica all’errore evidente contenuto nel dispositivo della sentenza del giudice d’appello laddove, in contrasto con una chiara affermazione della motivazione, secondo la
quale la riduzione del risarcimento avrebbe comportato un residuo da rifondere di E. 2.000,00#,
era poi stata indicata una somma residua di E. 3.000,00#, quale importo definitivamente liquidato
a titolo di risarcimento.
All’evidente errore materiale può porre rimedio la Corte mediante parziale annullamento senza
rinvio sul punto.
P .Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della
somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, che ridetermina in E. 2.000,00#; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 9 giugno 2014.

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