Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34572 del 09/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34572 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA FRANCESCO N. IL 08/10/1975
LUCE FRANCESCA N. IL 09/01/1982
avverso la sentenza n. 1085/2013 GIP TRIBUNALE di LAMEZIA
TERME, del 23/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/06/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lamezia Terme applicava a BEVILACQUA Francesco e LUCA Francesca a norma degli artt. 444 e 448
C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine a più delitti di furto aggravato in
°concorso, consumato e tentato, nonché di utilizzo indebito di carte bancomat o di credito, commessi fino all’ottobre 2012.
Propongono distinti ricorsi per cassazione gli imputati, deducendo, il BEVILACQUA, difetto di
motivazione per non esser stato applicato il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. e, la LUCA sul
trattamento sanzionatoti°.
Osserva il Collegio che i ricorsi sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è
da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo riferimento al contenuto degli atti delle indagini preliminari ed in particolare alla comunicazione di notizia di reato.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorso della LUCA è manifestamente infondato, atteso
che il Tribunale, nell’applicare la pena concordata, non è incorso in alcuna violazione della legge
in punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini), conformandosi del resto, anche con riferimento al mancato riconoscimento di prevalenza delle attenuanti, interamente al trattamento sanzionatorio condiviso dalle parti, del quale ha espressamente
riconosciuto la congruità. Mentre l’imputato che abbia chiesto l’applicazione di una determinata
pena non può dolersi della entità della pena da esso stesso sollecitata né della complessiva adeguatezza del trattamento concordato evocando apprezzamenti di fatto non suscettibili di autonoma considerazione in sede di legittimità.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in e. 1.500,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di E. 1.500,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma t • giugno 2014.

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