Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34564 del 22/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 34564 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto dalla persona offesa Marianna Richichi, nata a Reggio
Calabria il 4.10.1980, avverso il decreto emesso il 29 marzo 2013 dal G.i.p.
del Tribunale di Reggio Calabria, nel procedimento a carico di ignoti;
visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso;
lette la requisitoria scritta del sostituto procuratore generale Giuseppina
Fodaroni, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento
impugnato;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso per cassazione presentato il 24 ottobre 2013 l’avvocato
Giorgio De Stefano, difensore di Marianna Richici, persona offesa nel
procedimento penale n. 7267/2012 contro ignoti per il reato di cui all’art. 328

\

9,21

Data Udienza: 22/05/2014

c.p., ha dedotto la nullità del decreto di archiviazione emesso dal G.i.p. del
Tribunale di Reggio Calabria per violazione dell’art. 127 comma 5 in relazione
all’art. 409 comma 6 c.p.p.
Il ricorrente denuncia la violazione del contraddittorio, in quanto il giudice
avrebbe provveduto ad archiviare de plano il procedimento originato dalla
denuncia presentata dalla stessa Richichi, che aveva richiesto di essere

ex art. 409 c.p.p. e senza prendere in alcuna considerazione l’opposizione

proposta dalla persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
3.1. Nonostante la persona offesa abbia tempestivamente presentato
opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, il
G.i.p. non ha provveduto a fissare l’udienza ai sensi degli artt. 410 comma 3 e
409 c.p.p., ma ha disposto l’archiviazione del procedimento de plano.
In questo modo, la mancata adozione del rito camerale ha determinato la
violazione del diritto al contraddittorio della persona offesa, che secondo il
meccanismo procedurale previsto dal codice consente all’offeso di interloquire
con il pubblico ministero e con l’indagato davanti al giudice, contestando il
mancato esercizio dell’azione penale e spiegando la ragione delle indagini
suppletive indicate nell’opposizione. La Corte di cassazione da tempo e con
una giurisprudenza univoca ha stabilito che in tema di archiviazione l’omessa
fissazione da parte del g.i.p. dell’udienza camerale di cui all’art. 410 c.p.p.,
nonché la mancata motivazione in ordine all’opposizione proposta dalla
persona offesa, costituiscono violazione sostanziale del diritto della persona
offesa al contraddittorio ai sensi dell’art. 178 lett. c) c.p.p., deducibile in
Cassazione (tra le tante, Sez. VI, 4 dicembre 2002, n. 1801, RV 223292; Sez.
IV, 18 aprile 2003, n. 35183, RV 226311).
La presentazione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione implica il
diritto della persona offesa ad avere l’udienza camerale, solo all’esito della
quale il giudice, dopo avere sentito le ragioni delle persone comparse, potrà
anche disporre l’archiviazione, qualora non ritenga di indicare ulteriori indagini
o di procedere ad imputazione “coattiva”.

e
2

avvisata ai sensi dell’art. 408 comma 2 c.p.p., omettendo di fissare l’udienza

In un solo caso è previsto che il giudice, anche in presenza di
opposizione, possa pronunciare l’archiviazione de plano: quando ricorrono due
condizioni, delle quali deve dare atto con adeguata motivazione, e cioè
quando l’opposizione sia inammissibile, per l’omessa indicazione dell’oggetto
delle investigazione suppletiva, e qualora la notizia di reato appaia infondata.
Si tratta di due condizioni che devono ricorrere entrambe e in relazione alle

IV, 1 aprile 2004, n. 23624, RV 228928). Al di fuori di tali ipotesi, in presenza
di opposizione della persona offesa non può che ricorrersi al procedimento
camerale, senza il quale il provvedimento di archiviazione deve considerarsi
emesso in violazione della garanzia del contraddittorio.
Nell’ipotesi in cui il provvedimento venga adottato soltanto in base alla
ritenuta infondatezza della

notitia criminis,

senza alcuna valutazione

sull’ammissibilità dell’opposizione, il provvedimento è ricorribile per
cassazione, in quanto il giudice avrebbe dovuto risolvere, in via pregiudiziale,
il problema dell’ammissibilità mediante la valutazione delle condizioni richieste
dalla legge, cioè l’indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva e dei
relativi elementi di prova.
3.2. Nel caso in esame, con l’atto di opposizione la persona offesa aveva
richiesto una serie di indagini suppletive, tra cui l’acquisizione della
documentazione amministrativa riguardante la posizione di Mariangela
Ravenda, al fine di verificare i criteri con cui sono stati attribuiti i punteggi per
il suo trasferimento, nonché l’assunzione di informazioni da parte della stessa
persona offesa e del padre, Umberto Richichi, entrambi da sentire in ordine
alle condotte elusive poste in essere dagli uffici dell’amministrazione per
ritardare l’accesso alla documentazione richiesta.
Il decreto di archiviazione impugnato non contiene alcun cenno a tale
opposizione, che è stata del tutto ignorata, omettendo di fissare l’udienza
prevista dal combinato disposto degli artt. 410 comma 3 e 409 comma 2
c.p.p.
Né può dirsi che l’opposizione sia stata ritenuta implicitamente
inammissibile, dal momento che nell’atto risultano indicate correttamente le
indagini suppletive richieste e non vi è alcun accenno al tema
dell’ammissibilità.

e
3

quali, come si è detto, il giudice deve fornire una motivazione coerente (Sez.

Inoltre, deve escludersi che il giudice abbia negato la qualità di persona
offesa dal reato alla Richichi, non solo perché non vi è alcun accenno a tale
profilo, ma soprattutto perché il reato di cui all’art. 328 comma 2 c.p. ha
natura plurioffensiva e comporta il riconoscimento della qualità di persona
offesa anche al privato attinto dalla condotta omissiva.
3.3. Ne consegue che il G.i.p. ha completamente omesso ogni indagine e

potuto giustificare una decisione de plano. In particolare, il G.i.p. avrebbe
dovuto spiegare le ragioni della ritenuta inammissibilità, verificando se
nell’opposizione erano indicate le investigazioni suppletive e se le stesse
fossero o meno rilevanti, offrendo al riguardo una motivazione adeguata.
Nulla di tutto questo è stato fatto.
Si è, dunque, dinanzi ad una palese violazione del diritto al
contraddittorio, che impone l’annullamento del decreto impugnato, con
conseguente trasmissione degli atti al G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria
per l’ulteriore corso.

P. Q. M.

Annulla il decreto impugnato senza rinvio e ordina la trasmissione degli
atti al Tribunale di Reggio Calabria per l’ulteriore corso.
Così deciso il 22 maggio 2014

Il Consigli re estensore

valutazione circa l’inammissibilità dell’opposizione che, se dimostrata, avrebbe

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