Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34554 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 34554 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARENA MICHELE N. IL 21/02/1960
avverso l’ordinanza n. 134/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 09/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
le conclusioni del PG Dott.
lette/sen

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/06/2014

e

FATTO E DIRITTO

c)

reato;
quella della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, in data 11 ottobre 2005, per i

reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto citato;
d) quella del Gup di Messina, del 14 giugno 2006, per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del
decreto citato.
La Corte d’appello aveva rigettato l’istanza, ma la Corte di cassazione aveva censurato tale
decisione per vizio di motivazione.
In sede di rinvio, la Corte d’appello ha riconosciuto la continuazione fra le sole condanne di cui
ai punti a), b) e c), negando che lo stesso istituto potesse operare anche in riferimento alla
condanna menzionata sub d).
Deduce, il ricorrente, la violazione dell’articolo 671.
Ad avviso dell’Arena, il quale ripercorre e riproduce testualmente, in ricorso, il contenuto
dell’istanza originaria, quello dell’ordinanza poi annullata dalla Cassazione, il dictum della
stessa Corte di cassazione e l’ordinanza di rinvio, in tale ultimo provvedimento, oggetto del
presente ricorso, la Corte d’appello avrebbe rigettato l’istanza di continuazione in relazione alla
condanna sub d), producendo, a sostegno della decisione, la stessa argomentazione già
censurata dal giudice di legittimità.
In sostanza, cioè, il riprodotto motivo di diniego della continuazione è individuato nel fatto che
i comportamenti oggetto della condanna del Gup di Messina del 2006, sarebbero relativi ad un
contesto associativo soggettivamente diverso da quello giudicato con la sentenza del 2005 ed
altresì operante in ambito territoriale diverso, di modo che non sarebbero ricavabili, neppure
dalle modalità dei fatti, segni indicatori di un medesimo disegno criminoso.
La Corte territoriale, affidandosi a tale argomentazione, che era la stessa già utilizzata nel
provvedimento annullato dalla Cassazione, non si era attenuta ai principi enunciati dal giudice
della legittimità, anche perché aveva omesso di motivare -diversamente da quanto disposto
dalla corte di Cassazione- in ordine agli elementi addotti dalla difesa a sostegno della tesi
dell’essere invece, la condotta oggetto della condanna del giugno 2006, niente altro che la
prosecuzione di quella giudicata dalla Corte d’assise d’appello nel 2005, come era stato
dimostrato anche attraverso la allegazione di puntuali dichiarazioni di collaboratori giustizia.
In data 29 maggio 2014 è stata depositata una memoria difensiva nella quale le stesse
censure vengono riformulate anche alla luce degli articoli 623 e 627 cpp.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto respingersi il ricorso alla luce del rilievo
che il mancato riconoscimento della continuazione risulterebbe congruamente motivato.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
La sentenza con la quale la prima Sezione di questa Corte di cassazione ha annullato
l’originaria ordinanza di diniego della continuazione conteneva, per quanto di interesse in
1

Propone ricorso per cassazione Arena Michele, avverso la ordinanza della Corte d’appello di
Reggio Calabria – quale giudice dell’esecuzione – depositata in data 17 luglio 2013, a seguito di
annullamento con rinvio disposto dalla prima Sezione di questa Corte di cassazione, con
sentenza del 4 ottobre 2012.
Come si legge nella sentenza della Cassazione, Arena aveva richiesto alla Corte d’appello di
Reggio Calabria, ai sensi dell’articolo 671 Cpp, di riconoscere la continuazione fra i delitti
giudicati con quattro sentenze:
a) quella del Gup di Messina, in data 20 settembre 1996, per l’articolo 73 d.p.r. 309/1990;
b) quella della Corte d’appello di Messina, in data 17 febbraio 2006, per lo stesso titolo di

relazione al ricorso in esame, l’osservazione che fosse manifestamente illogica la osservazione
del giudice del merito secondo cui non poteva riconoscersi l’unità del disegno criminoso perché
i fatti di cui al capo d) sarebbero stati l’espressione di un’escalation criminale dell’Arena -il
quale aveva iniziato l’attività di spaccio con droga leggera per poi proseguire la stessa attività,
in un contesto meglio organizzato, trattando anche altro tipo di droga- ; inoltre la stessa Corte
di legittimità osservava che non erano stati presi in considerazione gli argomenti con i quali la
difesa del ricorrente aveva indicato i diversi punti di contatto dell’attività di spaccio di sostanze
stupefacenti di cui al punto d) con quella di cui ai precedenti punti: e ciò, nonostante che tali
elementi fossero stati indicati nella stessa premessa dell’ordinanza allora impugnata.

L’ordinanza oggi impugnata, infatti, afferma che le condotte criminose oggetto della sentenza
sub d) sono sensibilmente distanti, dal punto di vista cronologico, da quelle oggetto delle
precedenti condanne e, per di più, attengono ad un ambito associativo soggettivamente
diverso da quello che caratterizzava l’associazione oggetto della condanna del 2005 oltre che
operativo in un ambito territoriale diverso, e con referenti anche stranieri.
Come già ricordato, la precedente ordinanza della Corte d’appello di Reggio Calabria, dal canto
suo, era stata censurata dalla Corte di cassazione perché era stata ritenuta non rilevante e
comunque non decisiva la maggiore capacità organizzativa dimostrata con il reato menzionato
sub d) e, soprattutto, perché i giudici non avevano analizzato gli elementi addotti dalla difesa
proprio per dimostrare che, al di là dei dati obiettivi ed esterni apprezzati della Corte d’appello,
sulle caratteristiche della nuova associazione criminale, la stessa presentava una sostanziale
continuità sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, con quella menzionata sub c).
È del tutto evidente che il provvedimento impugnato è incorso, da un lato, nella violazione del
principio posto dalla Corte di cassazione con l’indicare il tratto dell’escalation criminale, come
non decisivo; in secondo luogo, lo stesso provvedimento è incorso nella violazione del dictum
della Cassazione , laddove era stato indicato positivamente l’elemento storico e giuridico tratto dai motivi posti dalla difesa a fondamento dell’istanza di continuazione – sul quale la
motivazione del giudice del rinvio si sarebbe dovuta soffermare.
Si impone pertanto, rilevandosi la violazione dell’articolo 627 comma 3 cpp, l’annullamento
dell’ordinanza impugnata, limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione con
riferimento al delitto oggetto della sentenza Gup di Messina del 14 giugno 2006, con rinvio per
nuovo esame.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto del denegato riconoscimento della
continuazione del delitto oggetto della sentenza Gup di Messina del 14 giugno 2006, con rinvio
per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2014
il
ente
il Consigliere estensore

Ebbene, dal raffronto tra la motivazione annullata e quella oggetto del presente ricorso, si
ricava, conformemente a quanto osservato dal impugnante, che il giudice del rinvio ha
esattamente ripetuto l’argomentazione già censurata ed ha mancato di attenersi a quanto
disposto dalla Cassazione in ordine alla necessità di valutare gli elementi addotti dalla difesa.

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