Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3455 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3455 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

Data Udienza: 19/12/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOGGIA MATTIA N. IL 05/05/1989
avverso la sentenza n. 163/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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t,f_A 9,)411-<-(4‘kzes-Q, e92‘ 4 rlieed Que.L(414( elz "7,-"k'Pl--(-//h n fl RITENUTO IN FATTO All'imputato era stato contestato di avere, alla guida della sua autovettura Fiat Panda, cagionato la morte del motociclista Francesco Ciurli, che proveniva dalla direzione opposta, per colpa consistita nell'avere effettuato una svolta a sinistra per immettersi nell'area di servizio Tamoil omettendo di prestare la massima prudenza e di concedere la precedenza al motoveicolo che giungeva dalla sua destra, così determinando l'impatto tra la Fiat Panda e il motoveicolo Kawasaki e la conseguente morte del Ciurli. Avverso la decisione del Tribunale di Pavia ha proposto appello il difensore dell'imputato. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 22.10.2012, oggetto del presente ricorso, in parziale riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, rideterminava la pena inflitta all'imputato in mesi otto di reclusione; concedeva al medesimo il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale; rideterminava l'importo liquidato a titolo di spese processuali in favore delle parti civili in euro 2.000,00 e condannava l'imputato al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili nel presente grado di giudizio; confermava nel resto la sentenza impugnata. Avverso la predetta sentenza Mattia Moggia, a mezzo del Cassazione, ricorso in proponeva difensore, suo chiedendone l'annullamento e censurandola per i seguenti motivi: l) e 2) violazione di legge e difetto di motivazione ex art.606 lett.b) ed e) c.p.p. in punto di accertamento del nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento mortale occorso. Secondo la difesa infatti le evidenze processuali non erano affatto idonee a ritenere sussistente il necessario nesso eziologico tra la condotta di Mattia Moggia e l'incidente. Sulla condotta di Mattia Moggia, e quindi sul relativo contributo causale alla determinazione dell'evento lesivo, erano infatti prospettabili mere ipotesi rispetto alle quali, secondo la difesa, la più favorevole e plausibile in via di fatto era quella per cui egli aveva eseguito una manovra ad una velocità adeguata alle circostanze e non troppo lenta e Con sentenza del 28 giugno 2011 il G.U.P. del Tribunale di Pavia dichiarava Moggia Mattia responsabile del reato di cui all'articolo 589 commi l e 2 c.p. e, concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, lo condannava alla pena di mesi dieci di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, alla rifusione delle spese in favore delle parti civili costituite e al pagamento di una provvisionale. senza soluzione di continuità, quindi senza arrestarsi lungo la carreggiata creando intralcio. Sul punto venivano ricordate le conclusioni del consulente dell'accusa ing. Sillo secondo cui la velocità superiore al limite aveva precluso al motociclista la possibilità di evitare l'incidente, che sarebbe stato evitato se il motociclista avesse tenuto una velocità adeguata perché in tal caso sarebbe giunto nella zona d'urto quando la manovra dell'autovettura era già terminata. violazione di legge e difetto di motivazione ex 3) e 4) art.606 lett.b) ed e) c.p.p. in punto di affermazione della sussistenza dei profili di cosiddetta colpa specifica dedotti nell'imputazione: art.43 comma l c.p. in relazione agli articoli 145 e 154 del Codice della Strada. Secondo la difesa non sarebbe condivisibile l'assunto dei giudici di merito secondo cui il superamento dei limiti di velocità da parte di un motociclista costituisce un comportamento del tutto prevedibile nell'ambito della circolazione stradale e le condizioni della strada lungo la quale è occorso l'incidente rendevano visibile il motociclo. Pertanto, secondo la difesa, le conclusioni raggiunte dalla Corte territoriale con riguardo alla ritenuta sussistenza dei profili di colpa specifica sarebbero affette da violazione di legge perché non era stata fatta corretta applicazione delle norme del Codice della Strada oggetto di contestazione e da vizio di motivazione in quanto nella sentenza non vi sarebbe alcun passaggio nel quale vengano espressamente trattati i presupposti di operatività e la portata di tali norme e giustificata la relativa violazione. La difesa non riteneva pertanto corretta la conclusione a cui erano giunti i giudici di merito secondo cui l'imputato, a fronte della mera avvistabilità di un veicolo posto al di là dei confini tracciati dalla cosiddetta area pericolosa, avrebbe dovuto arrestarsi prevedendo che il veicolo antagonista stesse avvicinandosi a velocità ampiamente sopra il limite consentito. Secondo la difesa tale comportamento sarebbe inesigibile e sulla sua omissione non può fondarsi una dichiarazione di responsabilità a titolo di colpa. 5)e 6) Violazione di legge e difetto di motivazione ex art.606 lett.b) ed e) c.p.p. in punto di affermazione della sussistenza dei profili della cosiddetta colpa generica del reato e, in particolare, di accertamento della concreta prevedibilità dell'evento e rimproverabilità soggettiva dell'imputato: art.43, comma l, c.p. e principio di affidamento. Secondo la difesa non era condivisibile l'assunto dei giudici della Corte territoriale che si erano limitati ad affermare che il superamento dei limiti di velocità (l'altrui condotta negligente) è una condotta di per sé sempre e comunque (quindi astrattamente) prevedibile. Nella motivazione infatti non c'era nessun richiamo, nemmeno implicito ad un apprezzamento in concreto di tale prevedibilità, ossia ad un accertamento se l'agente superstite potesse effettivamente ritenersi rimproverabile per l'incidente occorso. Secondo la difesa la sentenza impugnata avrebbe quindi erroneamente interpretato la nozione di colpa accolta dal nostro sistema penale e avrebbe totalmente ignorato l'accertamento della concreta prevedibilità dell'evento e dell'altrui condotta ampiamente negligente nelle contingenze del caso. In conclusione, l'imputato aveva impegnato l'incrocio facendo affidamento su una situazione di fatto che rendeva ragionevolmente imprevedibile l'altrui condotta pericolosa e non rimproverabile l'esecuzione della manovra di svolta. Pertanto la presenza dell'autovettura dell'imputato lungo la traiettoria percorsa dal motociclo sarebbe stata mera occasione, ma non causa giuridicamente rilevante dell'evento occorso, come tale insuscettibile di fondare una responsabilità penale per violazione colposa della disciplina della circolazione stradale e delle norme generali di diligenza e prudenza. La difesa del ricorrente presentava altresì memorie in cui ribadiva le proprie conclusioni e lamentava errore di computo della pena. CONSIDERATO IN DIRITTO LA CORTE DI CASSAZIONE che i proposti motivi OSSERVA di ricorso non sono fondati. Per quanto attiene all'asserito difetto di motivazione, si osserva (cfr. Cass., Sez.4, Sent. n.4842 del 2.12.2003, Rv. 229369) che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l'art.606, comma l, lett.e) c.p.p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Milano hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della responsabilità del Moggia in ordine al reato ascrittogli. In particolare i giudici della Corte territoriale, pur ricostruendo la manovra di svolta a sinistra dell'imputato f7 nel senso a lui più favorevole, in quanto eseguita correttamente, hanno ritenuto sussistente la sua responsabilità, atteso che era nella fase precedente l'inizio della manovra in questione che era stata ravvisata la colpa del ricorrente. I giudici di appello hanno infatti ritenuto che, pur essendo certo che il motociclista viaggiava ad una velocità superiore al limite consentito e pur essendo altresì certo che, se egli avesse rispettato il limite consentito, l'incidente avrebbe potuto essere evitato, pur tuttavia la condotta di guida del motociclista non costituiva da sola causa efficiente del sinistro, poiché al suo verificarsi aveva contribuito la condotta ascrivibile all'odierno ricorrente. Egli infatti non aveva rivolto la propria attenzione in direzione del motociclo, che comunque avrebbe visto dal momento che la moto si trovava a non più di 65 metri di distanza. Pertanto il Moggia o aveva eseguito la manovra di svolta a sinistra senza prestare attenzione ai veicoli provenienti dalla sua destra, oppure, per distrazione, non aveva visto la moto condotta da Francesco Ciurli proveniente dalla sua destra. I giudici di appello si sono posti il problema se, come sostenuto dalla difesa, la velocità irregolare del motociclista fosse un fatto assolutamente imprevedibile, che legittimava il conducente dell'autovettura ad impegnare l'incrocio facendo "affidamento" su una situazione di fatto che rendeva del tutto legittima l'esecuzione di una manovra di svolta a sinistra. La Corte territoriale risolveva tale problema in senso 'imputato, con argomentazioni logiche, negativo per esaminando la situazione concreta e citando pertinente giurisprudenza di questa Corte. In particolare è stato evidenziato il principio pacifico in giurisprudenza secondo cui il conducente ha, tra gli altri, anche l'obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli a altri utenti della strada e cercare di prepararsi superarle senza danno altrui. Soltanto nel caso in cui la condotta dell'altro utente della strada configuri per i suoi caratteri una vera e propria causa eccezionale atipica non prevista né prevedibile che sia stata da sola sufficiente a produrre l'evento, potrà essere esclusa la responsabilità. Soltanto in tale situazione infatti è esclusa la responsabilità e può dirsi interrotto il nesso di causalità, dal momento che il conducente del veicolo si è trovato per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza nella oggettiva impossibilità di "avvistare" l'altro utente della strada e di osservarne comunque i movimenti attuati in modo inatteso e imprevedibile. Tanto premesso i giudici di appello prendevano in esame la vicenda di cui è processo e concludevano per la sussistenza della prevedibilità "in concreto" della condotta del motociclista, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del Moggia. PQM Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'entità della pena e ridetermina la pena in mesi cinque e giorni dieci di reclusione. Rigetta il ricorso nel resto. Condanna il ricorrente a rimborsare alle parti civili costituite le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma il 19.12.2014 Era infatti pacifico che la moto guidata da Francesco Ciurli aveva diritto di precedenza e che procedeva ad una velocità superiore al limite consentito di circa 20 o 30 chilometri. Tale comportamento tenuto dal motociclista era del tutto scorretto, ma del tutto prevedibile nella comune esperienza di ogni automobilista. Sulla base di tali logiche argomentazioni i giudici di appello hanno pertanto ritenuto accertata la responsabilità dell'odierno ricorrente per non aver adempiuto all'obbligo di dare la precedenza al motociclista e per non avere assolto all'obbligo generale di prudenza. Si osserva infine che la difesa ha presentato memoria non tempestiva in cui lamentava errore di computo della pena. Trattandosi di doglianza che attiene alla pretesa illegalità della pena irrogata, la stessa deve essere valutata da questa Corte. La doglianza di cui sopra deve essere accolta, atteso che la Corte territoriale, che ha rideterminato la pena nei confronti del Moggia, è partita da una pena base di anni uno di reclusione, ridotta a mesi otto di reclusione per il riconoscimento delle attenuanti generiche, ma non ha operato l'ulteriore riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio limitatamente alla entità della pena che viene rideterminata in mesi cinque e giorni dieci di reclusione; nel resto il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato a rimborsare alle parti civili costituite le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre accessori come per legge.

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