Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34548 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 34548 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACACE GABRIELE N. IL 27/12/1991
avverso la sentenza n. 373/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del
03/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per _e(
‘Leg 4430-Asi’D

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. ,10

Pal>7.)cuct.c,

Data Udienza: 18/06/2014

Fatto e diritto

in ordine al reato di furto in appartamento commesso, in danno di Marinucci Antonio, il 1°
agosto 2011 (capo C1) , e in ordine, altresì, al reato di indebito utilizzo della carta di credito
sottratta durante il furto in questione, effettuando numerosi prelievi (fatto commesso il 2
agosto 2011 e contestato al capo C2).
In appello, la pena fissata dal primo giudice in anni uno e mesi otto di reclusione e 400 euro di
multa è stata portata, in accoglimento anche dell’appello del PM, ad anni due di reclusione e
500 euro di multa, escluse le aggravanti del reato di furto, così come le attenuanti generiche.
Deduce
1) l’erronea applicazione degli articoli 443,568,580,601 e 606 cpp.
Lamenta che il giudizio di appello era stato formalmente fissato per la sola trattazione
della impugnazione del Pubblico ministero mentre non risultava menzionato, nell’avviso
d’udienza, l’atto d’appello dell’ imputato, del resto proposto dopo l’emissione del
decreto di citazione del 3 aprile 2013.
In tal modo, secondo il difensore, era rimasto violato il diritto di proporre eventuali
nuovi motivi di impugnazione ai sensi dell’articolo 585 comma quattro cpp.
Si reitera poi l’eccezione di inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero.
Questo era stato proposto – inammissibilmente secondo il disposto dell’articolo 443
comma 3 cpp- quando ancora l’imputato non aveva presentato il proprio gravame e,
per tale ragione, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, senza che potesse
soccorrere la regola dell’articolo 580 cpp, evocata impropriamente nella sentenza
impugnata, dal momento che non vi è mai stato alcun ricorso (per cassazione) daconvertire in appello.
In terzo luogo la difesa lamenta che l’impugnazione del pubblico ministero non è stata
valutata in relazione alle sole questioni di legittimità, diversamente da quanto pur
attestato nella sentenza;
2) la violazione dell’articolo 442 cpp.
Il giudice dell’udienza preliminare si era reso responsabile di un atto abnorme quando, il
4 luglio 2012, all’esito del primo giudizio abbreviato, instaurato a seguito della
emissione del decreto di giudizio immediato, aveva suggerito al Pubblico ministero di
modificare l’imputazione di ricettazione in quella di furto. Infatti aveva determinato una
ingiustificata regressione del processo e ne aveva provocato la stasi;
3)

il vizio della motivazione.
Non era stato valutato il motivo di appello con cui era stato sollevato il dubbio sulla
possibilità di identificare l’imputato nei filmati che riprenderebbero le operazioni
bancomat di cui al capo C2);

4)

l’inosservanza della legge penale ed in particolare dell’articolo 112 comma 1 n. 4 cp,
circostanza contestata ed addebitata per avere agito, l’imputato,
avvalendosi del
fratello minore Riccardo.
In realtà, l’esame del fumato avrebbe dovuto portare il giudice ad escludere che il
minore avesse avuto un qualsiasi ruolo attivo nella commissione del reato.
1

Propone ricorso per cassazione, Cacace Gabriele, avverso la sentenza della Corte di appello di
Messina, in data 3 luglio 2013, con la quale è stata modificata, in punto di trattamento
sanzionatorio, quella di primo grado che era stata- all’esito di giudizio abbreviato- di condanna

Il giudice dell’appello ha poi omesso di rispondere alla richiesta di applicazione
dell’attenuante di cui all’articolo 62 n. quattro c.p., errando, ancor di più, nel revocare,
in accoglimento dell’appello del Pubblico ministero, le circostanze attenuanti generiche
concesse dal primo giudice;

Era, cioè, accaduto che il giudice dell’appello, pur escludendo le circostanze aggravanti
del reato ritenuto più grave, di furto in abitazione, aveva tuttavia individuato, in
relazione ad esso, la pena base per il reato continuato, in misura superiore di quattro
mesi rispetto a quella individuata dal primo giudice. Aveva anche provveduto a fissare
l’aumento per continuazione in misura superiore a quella indicata in primo grado. Il
tutto senza addurre alcuna motivazione a sostegno.
Tale decisione non poteva ritenersi consentita dall’esistenza dell’appello del Pubblico
ministero il quale aveva investito esclusivamente il punto della concedibilità o meno
delle circostanze attenuanti generiche.
Il difensore, infine, lamenta la manifesta illogicità della sentenza impugnata nella quale
si dà atto della necessità di mantenere la pena in limiti non distanti da quelli edittali in
ragione della giovane età dell’imputato, per poi fissarla in entità corrispondente a una
misura equidistante fra il minimo e il massimo.
Il ricorso è fondato.
Il primo motivo denuncia una situazione processuale
effettivamente verificatasi, con i
conseguenti effetti sulla (in)validità del processo di appello.
In ordine all’appello dell’imputato non è stata, infatti, emessa rituale citazione a giudizio.
Risulta che, fissato il giudizio di secondo grado su impugnazione del PM, alla udienza del 1
giugno era stata ricevuta, dalla Corte territoriale, una istanza di differimento della udienza,
proveniente dal difensore avv. Barbera,impedito a comparire, il quale segnalava anche la
avvenuta presentazione dell’appello dell’imputato, contro la medesima sentenza di primo grad
e la necessità di una trattazione unitaria dei due atti di impugnazione.
Risulta altresì che la Corte, presente l’imputato, ha disposto il rinvio alla udienza del 3 luglio,
motivandolo con l’impegno professionale dedotto dall’avvocato.
Il nuovo avviso al difensore, contestualmente disposto dai giudici di appello secondo legge,
appare emesso, tuttavia, con riferimento testuale al ” dibattimento relativo al procedimento a
carico di Cacace” e senza che lo stesso possa in alcun modo reputarsi esteso all’appello nelle
more presentato dall’imputato.
E’ indubbio il difetto nella vocatio in judicium, non riferita alla impugnazione di Cacace, ma
introduttiva di un processo di appello che invece ha affrontato anche le tematiche proposte
dalla difesa di costui, peraltro legittimando, al giudizio della Corte territoriale di secondo grado,
con un uso acrobatico dell’art. 580 cpp, una impugnazione — l’appello del PM- altrimenti
inammissibile contro la sentenza di condanna emessa all’esito di giudizio abbreviato.
D’altra parte, è corretta anche la osservazione della difesa, secondo cui la mancata formale
instaurazione del processo di appello su impugnazione dell’imputato, ha pregiudicato, tra
l’altro, il diritto di costui di presentare motivi integrativi, ai sensi dell’art. 585 comma 4 cpp.
Il secondo profilo del primo motivo di ricorso è invece infondato.
Anche rilevato che il PM aveva proposto appello in punto di pena contro la condanna emessa
all’esito del giudizio abbreviato- come tale inammissibile ex art. 443 comma 3 cpp- era
consentito ritenerlo comunque ammissibile, sostanzialmente by passando la previa , pur
consentita,
trasmissione in Corte di cassazione per la conversione in ricorso alla luce del
2

5) la violazione dell’articolo 597 cpp in relazione all’aumento della pena base per il reato
più grave e all’aumento della pena per continuazione.

disposto dell’art. 568 comma 5 , cui avrebbe dovuto far seguito , nuova conversione in appello
ex art. 580, una volta preso atto della presentazione e della pendenza — anche formale- dell’
appello dell’imputato.
Il terzo profilo del primo motivo di ricorso è assorbito dalla decisione di annullamento, qui
adottata.

La assoluta maggioranza della giurisprudenza di legittimità, alla quale si aderisce, ritiene che
non è abnorme il provvedimento di trasmissione degli atti al P.M., emanato nel corso del rito
abbreviato, allorché il giudice accerti che il fatto è diverso da quello descritto nell’atto di
imputazione, in quanto la scelta dell’imputato di essere giudicato allo stato degli atti non
comporta una cristallizzazione del fatto reato nei limiti dell’imputazione (Sez. 2, Sentenza n.
859 del 18/12/2012 Cc. (dep. 09/01/2013 ) Rv. 254186; conformi: N. 36310 del 2005 Rv.
232407, N. 36310 del 2005 Rv. 232407, N. 36936 del 2007 Rv. 237238, N. 595 del 2008 Rv.
242543).
Gli ulteriori motivi restano assorbiti.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio
Calabria.
Così deciso in Roma il 18 giugno 2014
Il
sidente

il C ns. est.

Il secondo motivo di ricorso, indipendente dall’annullamento disposto, può invece dichiararsi
infondato

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