Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34547 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 34547 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSCI BRUNO N. IL 27/01/1948
avverso la sentenza n. 344/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
04/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
– 12
Udito il Procuratore Generale in per sona del Dott. 9
che ha concluso per ji
4-1 t-R-4-3 – C-CU 24
D
,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

2

Data Udienza: 18/06/2014

I

FATTO E DIRITTO
Propone ricorso per cassazione Cosci Bruno, avverso la sentenza della Corte di appello di
Firenze, in data 4 marzo 2013, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di
condanna, all’esito di giudizio abbreviato, in ordine al reato di bancarotta fraudolenta
documentale, con riferimento al fallimento della società Lelli srl ( già Lelli & c. di Stefano Lelli

Nelle 44 pagine del ricorso, deduce personalmente
1) la nullità di ordine generale, ai sensi dell’articolo 178 cpp, dell’ordinanza in data 4
marzo 2013, con la quale la Corte d’appello aveva rigettato un’istanza di rinvio per
impedimento assoluto dell’imputato a comparire.
Sostiene che, per impedimento a comparire, debba intendersi l’ostacolo per l’imputato
a presenziare al processo come parte attiva (così sentenza della Cassazione n. 4242 del
1997 e sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2004).
Pretendere, invece, la dimostrazione che si fosse trattato di uno stato morboso capace
di incidere seriamente sulla salute significa, in tutti gli altri casi, pretendere
dall’imputato uno sforzo dimostrativo che è in violazione sia con il diritto di difesa che
con il diritto alla salute.
Nel caso di specie, esso imputato aveva dimostrato di essere affetto da influenza
complicata da bronchite acuta con iperpiressia e prognosi di guarigione di giorni sette,
ossia da uno stato morboso in relazione al quale era sconsigliato uscire di casa.
La Corte, ove non avesse voluto affidarsi all’indicazione, già eloquente, dello stato di
iperpiressia- che normalmente indica circa 40°- avrebbe dovuto – per non cadere
nell’arbitrio – disporre una visita medica, anche auspicabile in ragione della prognosi
non breve formulata dal medico curante, per di più non essendo apprezzabili ragioni
urgenza nella definizione del processo; e avrebbe dovuto motivare sulle ragioni del
dissenso dalle conclusioni dello stesso medico curante (vedi sentenza delle Sezioni unite
n. 36635 del 2005);
2) il vizio della motivazione con riferimento al motivo di appello con cui era stata dedotta
la violazione degli articoli 521 e 522 cpp.
Sostiene il ricorrente che, nel caso concreto, vi era stata una sostanziale immutazione
del fatto addebitato che, in origine, era stato contestato come quello di distrazione dei
quattro immobili mediante un contratto di compravendita simulato mentre, in sentenza
era stato ritenuto come distrazione del prezzo pagato in occasione della menzionata
compravendita.
A ciò va aggiunto che la giurisprudenza della Cassazione, richiamando la nota sentenza
della Cedu, Drassich c\ l’Italia, ha ritenuto in violazione del principio del giusto processo
di cui all’articolo 111 Costituzione, anche l’attribuzione, al fatto, di una diversa
qualificazione giuridica.
Nello stesso senso milita il concetto di fatto nuovo di cui all’articolo 518 cpp, da
intendersi come circostanza dotata di intrinseca autonomia strutturale rispetto a quello
per il quale si è proceduto.
Ricorrendo proprio tale situazione, come poi chiarito dall’impugnante a pagina 17 del
ricorso, si sarebbe dovuto contestare proprio il fatto nuovo, con conseguente risorgere
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sas) dichiarato con sentenza dell’ 8 gennaio 2008 (capo A); ed altresì, in ordine al reato di
bancarotta fraudolenta patrimoniale, in concorso con i figli Alessandro e Francesca, quali soci
ed amministratori di altra società (la Mieleria del Castello), a cui aveva ceduto, il 14 aprile
2004, in qualità di legale rappresentante della Lelli Srl, quattro immobili della società poi
fallita, senza un’effettiva acquisizione del prezzo da parte di quest’ultima.

I

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6)

sentenza era nulla.
In conclusione, deve ritenersi che vi sia mancanza di correlazione fra fatto contestato e
sentenza quando vi è una imnnutazione della imputazione tale da determinarne lo
stravolgimento, tanto da precludere l’effettivo dispiegamento della difesa ad hoc.
Il ricorrente osserva pertanto che se fosse emersa la prova dell’effettivo pagamento
degli immobili, l’imputato avrebbe dovuto semplicemente essere assolto dall’ipotesi di
distrazione così come contestata .
Ad ogni buon conto, in appello non avrebbe potuto, la Corte territoriale, negargli il
diritto a dimostrare l’utilizzo della somma ricevuta come prezzo della vendita degli
immobili, per fini di interesse sociale. Ed infatti, in tale situazione non poteva prevalere
il rilievo della scelta del rito abbreviato che era stata calibrata sulla iniziale imputazione;
la mancata assunzione di prova decisiva.
Si trattava delle dichiarazioni dei fornitori in ordine alla soddisfazione dei loro crediti,
dichiarazioni finalizzate, come anticipato sopra, a dimostrare il corretto utilizzo della
somma incassata dall’imputato, a seguito della vendita degli immobili.
Ai sensi dell’articolo 603 cpp , questa doveva ritenersi una prova sopravvenuta nel
senso che si era resa necessaria soltanto a seguito della conoscenza della motivazione
della sentenza di primo grado. Si trattava oltretutto di prova decisiva proprio per la
ragione detta, avendo, il giudice di primo grado condannato l’imputato proprio perché
non aveva dato indicazioni circa la destinazione impressa a quella somma.
Neppure poteva ritenersi logica l’argomentazione del secondo giudice secondo cui le
dichiarazioni dei fornitori non avrebbero potuto chiarire quanto era già evidentemente
confuso e oscuro alla luce della irregolare tenuta della contabilità.
Si era cioè confuso l’argomento posto a fondamento della contestazione del reato di
bancarotta fraudolenta documentale con quello che doveva servire ad analizzare
l’imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale;
il vizio della motivazione dovuto al fatto che, nella stessa sentenza, i giudici avrebber
sia affermato l’avvenuto pagamento del prezzo della vendita degli immobili, p i
occultato, sia sostenuto la tesi del mancato pagamento di quel prezzo.
la violazione di legge sulla responsabilità.
Il giudice avrebbe dovuto ritenere insussistente sia l’elemento oggettivo che quello
soggettivo della fattispecie, alla luce del fatto, attestato in sentenza, che gli immobili
erano stati regolarmente pagati da Alessandro Cosci sicché non potevano dirsi distratti
e tantomeno lo erano stati con il necessario elemento psicologico, che è destinato ad
affievolirsi nei casi nei quali la condotta che si assume materialmente depauperativa
sia comunque lontana dal fallimento;
la violazione di legge sotto il profilo della erronea qualificazione giuridica del fatto.
Il difensore cita la sentenza delle Sezioni unite del 19 gennaio 2011 per sostenere la
tesi, già rappresentata inutilmente in appello, secondo cui il fatto avrebbe dovuto
essere qualificato ai sensi dell’articolo 223 comma 2, come bancarotta impropria,
derivante dal reato societario di infedeltà patrimoniale.
La motivazione con la quale la Corte d’appello aveva respinto tale richiesta era stata
basata sulla diversità dei beni giuridici protetti dai due precetti in considerazione,
nonostante che proprio tale criterio sia stato ritenuto non valido dalle Sezioni unite le
quali, invece, si sono attenute al criterio strutturale.
Ed invece, essendo calzante, rispetto al caso di specie, proprio la fattispecie di cui
all’articolo 223 comma due legge fallimentare in relazione all’articolo 2634 c.c., il
giudice del merito avrebbe dovuto motivare sullo specifico dolo intenzionale e sul nesso
di causalità con il dissesto.
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del diritto dell’imputato di scegliere il rito utilizzabile. In mancanza di tale procedura, la

Quella ipotesi doveva ritenersi sussistente perché l’imputato ha agito avendo interessi
in conflitto con quello della società ed al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto
profitto.

Infatti, l’articolo 2634 c.c. era da ritenersi conferente al caso di specie nel quale l’atto
di disposizione dei beni sociali si era collocato in una prospettiva strumentale e di
effettiva idoneità al raggiungimento degli interessi dell’organismo: e cioè quello di
monetizzare il patrimonio della società per soddisfare i creditori della stessa società.
Tale tesi è stata sostenuta, ad avviso del ricorrente, dalla sentenza della Cassazione in
data del 22 febbraio 2007 , ric. Pollice, e dalla successiva sentenza n. 7326 del 2008.
Prosegue il ricorrente segnalando, tuttavia come il reato di bancarotta per infedeltà
patrimoniale non potrebbe essere punito, non rinvenendosi in atti la querela per il
perseguimento del fatto di cui all’articolo 2634 cc.
In secondo luogo era già accertato in sentenza che la vendita degli immobili non poteva
avere causato il dissesto poiché questo era già in atto al momento della compravendita;
7) il vizio della motivazione sull’elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta
documentale.
La Corte d’appello non aveva replicato ai motivi di gravame con i quali era stata
prospettata, tutt’al più, la sussistenza della bancarotta semplice, dal momento che
l’imputato si era avvalso della collaborazione di un commercialista e di una segretaria
per la tenuta della contabilità, sicché era passibile soltanto di addebito di negligenza,
insufficiente per la configurazione del dolo della bancarotta fraudolenta documentale;
8) la erronea qualificazione giuridica del fatto contestato come bancarotta fraudolenta
documentale anziché come bancarotta semplice.
Soffermatosi a chiarire gli elementi differenziali fra le due ipotesi, l’imputato ha
sottolineato che la condotta accertata, cioè quella della omessa tenuta della contabilità,
era destinata defluire normalmente nell’ipotesi di bancarotta semplice, secondo il
costante orientamento della giurisprudenza di legittimità la quale richiede, per la più
grave ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, che sia accertato lo scopo
dell’agente di recare pregiudizio i creditori.
Nel caso di specie, non solo l’imputato era sostanzialmente un contadino e quindi
soggetto che aveva la necessità di fare ricorso a un commercialista, ma per di più si è in
presenza di contabilità che ha consentito la ricostruzione integrale del movimento degli
affari.
D’altra parte, prosegue il ricorrente, è manifestamente illogico ipotizzare che versi nel
dolo generico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, il soggetto che abbia
officiato un esperto, investendo risorse.
Una volta ammessa la qualificabilità della fattispecie concreta come bancarotta
semplice, ad avviso del difensore dovrebbe procedersi ad assoluzione per carenza di
offensività ed anche perché il cambio di qualificazione giuridica sarebbe sanzionato ai
sensi dell’articolo 521 cpp.
Il solo primo motivo di ricorso è fondato.
La giurisprudenza assolutamente costante di questa Corte pone in evidenza e sostiene che è
viziata da nullità di ordine generale la dichiarazione di contumacia emessa dal giudice solo in
base ad un giudizio di genericità del certificato medico attestante il legittimo impedimento
dell’imputato, in quanto il giudice deve effettuare la necessaria valutazione dell’impedimento
addotto dall’imputato, e la probabilità che esso determini l’assoluta impossibilità a comparire,
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Si tratta di una fattispecie speciale – come speciale è anche in relazione alla causazione
dolosa del fallimento – che impedisce il ricorso a quella più generale del comma uno
dell’articolo 223.

Si è anche affermato, sulla stessa linea , che deve ritenersi illegittima perché emessa in
violazione dell’art. 486, primo comma, cod. proc. pen., e quindi, attenendo la disposizione
predetta all’intervento dell’imputato, viziata da nullità generale ai sensi degli artt. 487, quarto
comma e 178, lett. c) dello stesso codice, l’ordinanza con cui il giudice del dibattimento
considerando “assolutamente generico e mancante dell’indicazione del grado febbrile” il
certificato medico, proveniente dall’autorità sanitaria militare ed emesso il giorno precedente a
quello dell’udienza, con il quale si attesta che l’imputato “è affetto da iperpiressia di natura non
determinata e necessita di quattro giorni di riposo e terapia medica”; tale motivazione, infatti,
è del tutto inadeguata e solo apparente, in quanto non tiene conto della considerazione che,
secondo l’insegnamento della scienza medica, l’iperpiressia indica la condizione in cui la
temperatura corporea si mantiene molto elevata e che il documento, particolarmente
attendibile per la sua provenienza, contiene, insieme all’indicazione dell’elevata temperatura, il
giudizio prognostico sulla durata dell’impedimento ( Sez. 3, Sentenza n. 3515 del 06/03/1996
Ud. (dep. 06/04/1996 ) Rv. 204277).
Si tratta di un principio di carattere generale, estensibile anche al caso di specie nel quale il
certificato medico era stato rilasciato il 28 febbraio 2013 e dunque tre giorni prima di quello di
udienza, essendo stata attestata dal sanitario, in esso, una patologia seriamente invalidante e
comunque ostativa alla comparizione in udienza se non a prezzo di un grave e non altrimenti
evitabile rischio per la salute dell’imputato: e ciò, sia per la natura di essa ( bronchite
catarrale acuta) sia per le manifestazioni sintomatiche ( iperpiressia), essendo quella
destinata, sul piano prognostico, a mantenere i propri effetti ben oltre il giorno della udienza.
D’altra parte, la mancanza di indicazione di grado febbrile può essere considerata, dal giudice,
indicatore di assenza di una assoluta impossibilità di comparire solo se ad essa non risulti
associata – come invece si è verificato nel caso di specie- la attestazione, di cui non si dubiti,
di una patologia o di manifestazioni di essa comunque, in sé, capaci di soddisfare il requisito
menzionato.
La giurisprudenza di legittimità , che qui si condivide, ritiene anche che in caso di dubbio
sull’attendibilità del certificato medico comprovante l’impedimento a comparire, il giudice,
prima di valutarne negativamente la sussistenza, è tenuto a disporre una vista fiscale di
controllo per accertare l’effettiva incompatibilità delle condizioni di salute dell’imputato con la
partecipazione all’udienza (Sez. 4, Sentenza n. 2838 del 20/11/2008 Ud. (dep. 22/01/2009 )
Rv. 242492; Sez. U, Sentenza n. 36635 del 27/09/2005 Ud. (dep. 11/10/2005 ) Rv. 231810).
Risulta, dal rilievo detto, che il contraddittorio è stato instaurato, nel processo di appello, sulla
base di una palese violazione delle norme sulla regolare costituzione delle parti ed è quindi
affetto da nullità che va rilevata e impone il rinnovo del processo di secondo grado.
Va invece dichiarato infondattr’ il secondo motivo di ricorso, indipendente dalla decisione
annullata.
La tesi del mutamento del fatto addebitato, nel presente processo, non è apprezzabile, in base
alla nota giurisprudenza (alla quale è estranea tutta la tematica della sentenza Drassich,
attinente al cambio di qualificazione giuridica, nella specie assente) secondo cui, in tema di
correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre
una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale
si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza
sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne
consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita
nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché,
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tanto più in un caso nel quale appaia attestato uno stato di “iperpiressia”, ossia la condizione in
cui la temperatura corporea è molto elevata, ed indicato un giudizio prognostico sulla durata
dell’impedimento (Sez. 6, Sentenza n. 17706 del 17/03/2004 Ud. (dep. 16/04/2004 ) Rv.
228475).

vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando
l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di
difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione ( Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010
Ud. (dep. 13/10/2010 ) Rv. 248051).

La asserita violazione dipendente dalla mancata rinnovazione della istruttoria dibattimentale,
col correlato vizio di motivazione, denunciati nel terzo e quarto motivo, sono , invece, questioni
che tornano alla valutazione del giudice di appello, in sede di rinvio, avendo subito, la
decisione adottata dai giudici a quibus, il travolgimento dipendente dal primo motivo di ricorso.
Stessa sorte compete agli ulteriori motivi di ricorso, assorbiti dall’azzeramento della intera
motivazione e del processo di appello.

PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di
appello di Firenze.
Così deciso i Roma il 18 giugno 2014
si dente
il Cons. est.

In altri termini accusare il legale rappresentante della società di avere depauperato il
patrimonio societario deprivandolo del valore costituito da immobili, apre per la difesa, oltre
che per il giudice , l’intero tema della sottrazione di quel valore che può essere avvenuta non
solo per mancato incasso del prezzo , inteso in senso di fittizietà della operazione dichiarata,
ma anche nel senso del mancato incasso per diversa destinazione impressa al prezzo stesso.
Non si ravvisa, pertanto, violazione dei diritti difensivi nella fattispecie sopra descritta .

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