Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34540 del 18/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 34540 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ogniben Norberto, nato a Merano il 18/09/1990

avverso la sentenza emessa il 21/02/2013 dalla Corte di appello di Trento,
sezione distaccata di Bolzano

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Enrico Delehaye, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Norberto Ogniben ricorre personalmente avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei suoi confronti dal
Tribunale di Bolzano (sezione distaccata di Merano) in data 26/01/2012.

Data Udienza: 18/04/2014

L’imputato, condannato a pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 582
cod. pen., in ipotesi commesso in danno di Athena Burchiellaro, lamenta:
violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.
L’Ogniben segnala che nel corpo della motivazione della sentenza
impugnata risultano presenti due righe vuote, seguite dalla dicitura “Tutto
okay, solo da inserire la motivazione!!!” e da un ulteriore spazio vuoto di
tre righe: ciò comporterebbe «vizi di autenticità e personalità
dell’estensione, tali da travolgere de plano l’intera pronuncia», in quanto

soggetto diverso dal materiale estensore della decisione
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
Secondo il ricorrente, la sentenza oggetto di gravame sarebbe connotata
da eccesso di sintesi, sì da risolversi in una mera motivazione tautologica,
consistente nel solo richiamo delle ragioni di doglianza e nel dare atto
tout court dell’impossibilità di ritenerle meritevoli di accoglimento.
Nessuno spazio, in particolare, risulta riservato dai giudici di appello al
problema del dolo che avrebbe animato l’Ogniben, a dispetto della
plausibile ravvisabilità nella fattispecie concreta del meno grave reato di
lesioni colpose, come pure alla contestata durata della malattia cagionata
alla persona offesa; immotivato appare anche il diniego dell’attenuante ex
art. 62 n. 6 cod. pen. in favore del prevenuto, che aveva formalizzato una
offerta di risarcimento banco judicis in base ai criteri elaborati dalla
giurisprudenza civile, sulla quale avrebbe dovuto intendersi irrilevante la
circostanza – ritenuta al contrario decisiva – che la Burchiellaro non
aveva dichiarato di essere stata soddisfatta integralmente.

La Corte

territoriale non avrebbe infine dato risposta alla domanda dell’appellante
di conversione della pena detentiva inflitta nella corrispondente sanzione
pecuniaria, tanto più che in caso di accoglimento l’imputato aveva già
dichiarato il proposito dì rinunciare al beneficio della sospensione
condizionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è in parte fondato, con riguardo all’ultimo dei profili di doglianza.
1.1 Quanto al vizio di carattere processuale evidenziato dall’imputato, deve
segnalarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte «non è affetta da
nullità la sentenza che contenga, all’interno della motivazione, un refuso avulso
dal contesto, agevolmente individuabile e riconosciuto come tale dal ricorrente,
non derivando da tale situazione alcun pregiudizio per i diritti di difesa» (Cass.,

2

il tenore della frase riportata appare inequivocabilmente da riferire a

Sez. VI, n. 34493 del 13/03/2013, Sulejmani, Rv 257078). Nel caso oggi in
esame, non si rinviene peraltro il carattere di alterità dell’annotazione censurata
rispetto alla persona dell’estensore, ben potendo la frase interpolata subito dopo
l’epigrafe della sentenza valere come mera annotazione nello schema
predisposto da chi ebbe a redigere il provvedimento.
1.2 In ordine ai profili di carenza motivazionale, non può convenirsi con la
tesi difensiva, secondo cui i giudici di appello avrebbero omesso di approfondire
l’eventuale configurabilità nel caso di specie di una semplice colpa dell’Ogniben,

argomenti essenziali ma niente affatto apodittici, la Corte territoriale ha infatti
evidenziato che l’addebito riguarda una aggressione realizzata mediante calci e
pugni, e che tali modalità della condotta non possono comunque ascriversi a
negligenza, imprudenza od imperizia (v. pag. 3); poco oltre, appaiono
puntualmente riportate le dichiarazioni della Burchiellaro circa l’attestazione della
sua guarigione clinica, e il dolore che ella aveva continuato ad avvertire anche in
epoca posteriore.
Parimenti corrette risultano le determinazioni adottate dalla Corte di appello
con riguardo alla pretesa riparazione del danno, da ritenere avvenuta in misura
non integrale giacché l’importo di 1.500,00 euro era considerato non pienamente
satisfattivo dagli stessi giudici di merito: ne derivava la possibilità di tenere
conto dell’offerta dell’imputato in punto di concedibilità delle attenuanti
generiche (v. Cass., Sez. VI, n. 34522 del 27/06/2013, Vinetti), ma non anche in
vista dell’ulteriore diminuente ex art. 62 n. 6 cod. pen. Deve infatti ricordarsi,
al di là di eventuali dichiarazioni o comportamenti concludenti della persona
offesa, che «ai fini della configurabilità della circostanza attenuante prevista
dall’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere
integrale, comprensivo non solo di quello patrimoniale, ma anche di quello
morale, e la valutazione della sua congruità è rimessa all’apprezzamento del
giudice» (Cass., Sez. II, n. 9143 del 24/01/2013, Corsini, Rv 254880).
E’ invece fondata la censura del ricorrente, relativa al mancato esame da
parte della Corte territoriale dell’istanza di conversione ritualmente avanzata in
sede di motivi di appello, atteso che «la richiesta di sostituzione della pena
detentiva avanzata dall’imputato impone al giudice di motivare le eventuali
ragioni di diniego» (Cass., Sez. I, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv 253102).
I giudici di secondo grado risultano infatti essersi !imitati alla affermazione che
l’Ogníben era “assolutamente immeritevole” di “conversioni o rateízzazioni di
sorta”, senza evidenziare le ragioni di tale valutazione negativa: peraltro, poco
prima era stato comunque sottolineato che il Tribunale era incorso in una

3

ovvero il problema della entità delle lesioni patite dalla persona offesa: con

imprecisione segnalando come l’imputato fosse gravato di lievi precedenti penali,
mentre invece il certificato penale in atti ne documentava l’incensuratezza.

2. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo che segue.

P. Q. M.

pena, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Trento.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso il 18/04/2014.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla omessa conversione della

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