Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34538 del 11/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 34538 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da

Baldi Pier Giuseppe, nato a Ticineto il 02/12/1949

Cappelli Enzo, nato a Novafeltria il 17/02/1952

Di Lillo Michele, nato a Pignataro Maggiore il 18/08/1943

L’Afflitto Luciano, nato a Napoli 1’11/08/1944

Porto Giuseppe Leonardo, nato a San Salvatore Telesino il 02/12/1956

Sisto Michele, nato a San Giuseppe Vesuviano il 01/05/1944

avverso la sentenza emessa il 10/01/2011 dalla Corte di appello di Napoli

visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Mario Fraticelli, che ha concluso chiedendo:
-l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riguardo al Baldi ed al
Cappelli;
– dichiararsi l’inammissibilità degli ulteriori ricorsi

Data Udienza: 11/04/2014

uditi:
per il Di Lillo e l’Afflitto, l’Avv. Luigi Russo, il quale ha concluso per l’accoglimento
dei ricorsi presentati dai suoi assistiti, e per l’annullamento della sentenza
impugnata;
per il Porto, l’Avv. Andrea Gentile, il quale ha concluso per l’accoglimento del
ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata, in subordine chiedendo

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli, con la pronuncia indicata in epigrafe,
riformava parzialmente la sentenza di condanna emessa il 16/04/2008 dal
Tribunale della stessa città nei confronti di Baldi Pier Giuseppe e numerosi
ulteriori imputati, cui erano stati addebitati (fra l’altro, e nei limiti oggi di
interesse) reati ex artt. 416, 453, 648 cod. pen. e 12 del d.l. n. 143 del 1991.
I fatti, sempre considerando le posizioni di cui agli odierni ricorsi per
cassazione, si riferivano innanzi tutto ad una presunta associazione per
delinquere di cui si assumevano aver fatto parte, fra gli altri, il Baldi, il Di Lillo, il
L’Afflitto, il Porto ed il Sisto, quest’ultimo nella veste di promotore ed
organizzatore [capo A)]. Secondo l’ipotesi accusatoria, il sodalizio era stato
costituito in vista della commissione di più reati di falso in banconote italiane ed
estere, titoli di credito e certificati di deposito bancario, nonché della successiva
messa in circolazione di detti titoli e strumenti di pagamento; tra i reati-fine
dell’associazione vi erano altresì la detenzione ed il porto di armi comuni da
sparo, il riciclaggio di denaro ed assegni proventi di reato, la contraffazione di
documenti d’identità e carte di credito, la donazione di telefoni cellulari.
Al Baldi, al Porto ed al Sisto era stato poi contestato il delitto di cui agli artt.
110 e 453 cod. pen. [capo B), di cui era chiamato a rispondere anche il Cappelli,
estraneo invece alla ricordata associazione], con riguardo a condotte di
falsificazione di monete da 1.000 lire, di banconote da 100.000 lire e di ulteriori
biglietti di banca in diverse valute estere. Il L’Afflitto ed il Sisto si erano poi visti
contestare i capi D) ed E) della rubrica, rispettivamente afferenti la falsificazione
e successiva detenzione di carte di credito, e la ricettazione di telefoni cellulari
clonati (quest’ultimo reato vedeva tra i presunti soggetti attivi nuovamente il
Baldi); il successivo capo F) riguardava invece un addebito di concorso in
riciclaggio, contestato fra gli altri al Baldi, al Cappelli, al Di Lillo ed al Sisto,
quanto alla presentazione per l’incasso di numerosi assegni di provenienza
delittuosa.

2

dichiararsi la prescrizione dei reati addebitati all’imputato

I giudici di appello sottolineavano la particolare rilevanza del contributo alle
indagini offerto dal coimputato Antonio Ferrara, il quale aveva instaurato un
rapporto di collaborazione con gli inquirenti sin da quando il Sisto lo aveva
contattato proponendogli di partecipare ad operazioni finanziarie volte ad
ottenere prestiti bancari previa formazione di falsi documenti a fini di garanzia
(segnatamente, libretti o certificati di deposito) attestanti disponibilità fittizie dei
richiedenti. A seguito di quell’iniziativa il Ferrara era quindi entrato in contatto
con la gran parte degli altri soggetti coinvolti nelle indagini, tra cui un agente

documentati da intercettazioni telefoniche ed ambientali che i giudici di merito
indicavano come di inequivocabile tenore.
1.1 Quanto alla posizione del Baldi, condannato in primo grado in ordine ai
capi B), E) ed F), la Corte di appello prendeva atto della sopravvenuta
prescrizione degli ultimi due addebiti (come già in primo grado era stato
dichiarato estinto ex art. 157 cod. pen., nei confronti dello stesso imputato, il
reato di associazione per delinquere): ne derivava la riduzione della pena inflitta,
da limitare al residuo delitto di cui all’art. 453 cod. pen.
A riguardo, veniva esclusa la possibilità di ravvisare nel caso di specie
l’ipotesi meno grave prevista dall’art. 455 cod. pen., perché «l’imputato si
dimostrava pienamente consapevole dell’oggetto su cui vertevano i colloqui,
ossia le falsificazioni, per quanto contribuiva all’attuazione della condotta illecita,
coll’apportare il proprio contributo sulla qualità e quindi sulla riuscita
dell’operazione»; secondo la Corte napoletana, l’imputato si era detto vittima del
Sisto o di un altro dei presunti promotori dell’associazione (Antonio Righi), ma
«sia pur spinto da necessità economiche, egli finiva con l’aderire pienamente alle
loro condotte illecite».
1.2 In ordine al Cappelli, la declaratoria di penale responsabilità concerneva
il solo reato di cui al ricordato capo B), essendo stato l’imputato assolto dal reato
sub F) per non aver commesso il fatto. Secondo la Corte, anche in questo caso
la decisione dei giudici di prime cure doveva trovare conferma, attesa fra l’altro
l’inconsistenza delle censure difensive circa la significatività delle dichiarazioni
della coimputata Marisa Orecchini, chiamante in correità: veniva evidenziato al
contrario che la Orecchini, lungi dall’avere escluso coinvolgimenti del Cappelli
nella vicenda de qua, aveva ricordato di averlo messo in contatto con uno degli
organizzatori delle attività in tema di falso nummario, vale a dire il suddetto
Righi.
Anche per il Cappelli doveva poi escludersi una possibile derubricazione,
giacché l’imputato aveva ammesso di avere ricevuto dalla suddetta Orecchini

3

della Polizia di Stato (il Porto) ed un orafo di Valenza Po (il Baldi), contatti spesso

banconote estere false, e non corrispondeva a verità che egli – come invece
aveva sostenuto – avesse poi denunciato l’accaduto ai Carabinieri di Novafeltria.
1.3 Esaminando la posizione del Di Lillo, la Corte territoriale segnalava
l’impossibilità di dichiarare la prescrizione del reato sub F (afferente una ipotesi
di ricettazione, così derubricato l’originario addebito

ex art. 648-bis cod. pen.

sopra ricordato), per il quale l’imputato, assolto invece quanto al reato
associativo, aveva riportato condanna. Ciò in ragione di una contestazione di
recidiva

ex

art. 99 comma quarto cod. pen. (“reiterata, specifica nel

favorevole termine massimo di 15 anni ai sensi della normativa previgente la
riforma introdotta con legge n. 251 del 2005.
Nel merito, si dava atto che il Di Lillo «reimmetteva in circolazione gli
assegni ricevuti dal L’Afflitto, che provvedeva alle opportune modifiche; presso la
sua abitazione furono poi rinvenuti carte d’identità e libretti di circolazione falsi.
La prova della penale responsabilità è data dalle intercettazioni dal chiaro
contenuto, dalla deposizione dell’operante Stellato e dalle parziali ammissioni
dell’imputato, sulla ricezione da parte del L’Afflitto di titoli per un ammontare
pari circa a 4-5 miliardi, al prezzo di 10-15 milioni, ancorché non potuti
negoziare». Aggiungeva la Corte di appello che non era stata dedotta prova
certa di un pure invocato bis in idem.
1.4 Per il L’Afflitto, condannato in primo grado soltanto in ordine al reato
associativo ed assolto invece quanto ai delitti

sub D) ed E) per non aver

commesso i fatti contestati, la Corte territoriale escludeva una possibilità di
disapplicazione della recidiva (il che avrebbe comportato l’estinzione del reato
per prescrizione), dovendosi riconoscere valenza ostativa alle pregresse
condanne dell’imputato per gravi reati, quali resistenza a pubblico ufficiale,
contraffazione di pubblici sigilli e ricettazione.
Secondo i giudici di appello, la tesi difensiva dell’occasionalità della condotta
del L’Afflitto era contraddetta dalle assidue frequentazioni che egli aveva avuto
con altri soggetti intranei all’associazione, anche con posizioni di vertice, nonché
«dalla mole decisamente rilevante di titoli che il Righi consegnava all’imputato,
nell’ordine di centinaia di milioni, dai contatti di quest’ultimo con l’organizzatrice
Lauri, dal ruolo imprescindibile che egli svolgeva all’interno dell’associazione:
essendo egli tipografo era necessario per attuare il programma criminoso».
1.5 In relazione al Porto, a sua volta condannato in primo grado per il solo
reato di cui all’art. 453 cod. pen., in virtù della maturata prescrizione quanto
all’addebito sub A), la Corte napoletana richiamava il complesso degli elementi
evidenziati dal Tribunale, segnalando l’estrema genericità e/o manifesta

4

quinquennio”, come precisato in rubrica) e dovendosi tenere conto del più

infondatezza delle censure mosse nell’atto di impugnazione, con la conseguente
conferma delle statuizioni della sentenza appellata.
1.6 Infine, veniva dichiarata l’estinzione per prescrizione dei reati di cui ai
capi A), D) ed F) contestati al Sisto [dal reato sub E) l’imputato era stato assolto
già in primo grado, parimenti per non aver commesso il fatto], rilevando la Corte
di appello che la recidiva contestata a quest’ultimo si fondasse su presupposti
erronei, giacché derivante da condanne intervenute in epoca posteriore ai fatti
sub judice.

motivazione dei giudici di primo grado in punto di penale responsabilità
dell’imputato: i motivi di gravame costituivano infatti iterazione di argomenti già
confutati dal Tribunale non comportando «temi nuovi o questioni da
approfondire, insistendosi in questa sede sull’inattendibilità del Ferrara e sulla
liceità dei rapporti intrattenuti dal Sisto con gli altri».

2. Propone ricorso il difensore del Baldi, Avv. Alfonso Furgiuele, deducendo
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 453 cod. pen., nonché mancanza
di motivazione della sentenza impugnata.
La difesa lamenta l’insufficienza di un mero e “telegrafico” richiamo per
relationem al percorso argomentativo adottato dal giudice di primo grado al fine
di adempiere al prescritto obbligo motivazionale: fra l’altro, la Corte territoriale si
sarebbe limitata ad un laconico «nulla dovendosi aggiungere alle richiamate
motivazioni», incorrendo così nel vizio di motivazione apparente, quando invece
nei motivi di appello era stato specificamente evidenziato come il Ferrara – nelle
sue dichiarazioni confessorie sul “giro” di banconote false – non avesse mai fatto
il nome del Baldi. Quanto all’unica intercettazione assunta come rilevante,
intercorsa fra il Baldi ed il Sisto, era stato quest’ultimo a proporre al ricorrente di
entrare in affari in relazione alle suddette banconote, e nulla autorizza a ritenere
che il Baldi fosse un concorrente materiale o morale in quelle iniziative piuttosto
che un “mero spettatore”, tanto più che egli si era limitato ad esprimere un
giudizio sulla bontà della falsificazione.
Nulla verrebbe poi esposto dai giudici di appello circa i motivi dell’esclusione
dell’ipotesi ex art. 455 cod. pen., quando nell’atto di impugnazione era stato
rappresentato il difetto di qualsivoglia elemento a sostegno del concerto tra
l’imputato e gli autori delle contraffazioni (sul punto, il ricorrente richiama
plurime pronunce della giurisprudenza di legittimità); lo stesso elemento del
giudizio sulla banconota sottopostagli, con il Baldi ad esprimere valutazioni su
come fosse stata realizzata la falsificazione, confermerebbe la tesi che egli non

5

Per il residuo addebito, contestato al capo B), la Corte richiamava poi la

avesse avuto alcun concerto preventivo con gli autori materiali del falso
nummario.

3. Propone ricorso per cassazione anche il difensore del Cappelli, Avv.
Raffaele Chiummariello, deducendo inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 453 cod. pen., nonché contraddittorietà ed illogicità della motivazione
della sentenza impugnata.
Secondo la difesa, la già ricordata chiamata in correità proveniente dalla

da parte della Corte territoriale», in primis a causa delle numerose contraddizioni
in cui la coimputata era incorsa: inoltre, ella aveva sì segnalato di aver messo in
contatto il Righi con il Cappelli, ma solo con riguardo a problemi di negoziazione
di un certificato di deposito e senza sapere che sviluppi avesse avuto quella
vicenda. Nell’interesse del ricorrente si fa poi osservare che, se davvero vi
fosse stato un concorso in attività di contraffazione di banconote, sarebbe stato
logico rinvenire un gran numero di telefonate e contatti fra il Righi ed il Cappelli:
in assenza di questo riscontro [di intercettazioni ne risultano, ma solo a
proposito di titoli di credito, e con riguardo al correlato capo F) il Cappelli fu
assolto già dal Tribunale] viene meno la prova del concerto con l’autore della
contraffazione, e dunque avrebbe dovuto ipotizzarsi al più l’ipotesi criminosa ex
art. 455 cod. pen.

4. Anche il difensore del Di Lillo, Avv. Luigi Russo, ricorre in sede di
legittimità.
Con il ricorso si deduce inosservanza di norme processuali, nonché
contraddittorietà ed illogicità della motivazione: in particolare, viene ribadita la
doglianza già esposta nel corso del giudizio di merito in ordine alla violazione del
principio del ne bis in idem, che la Corte di appello avrebbe disatteso sulla sola
presa d’atto – comunque infondata – che non ne sarebbe stata fornita prova
certa. In ogni caso, osserva la difesa che gli elementi a carico del Di Lillo (per
l’ipotesi di ricettazione sulla quale appare intervenuta la declaratoria di penale
responsabilità) deriverebbero semplicemente da una serie di contatti telefonici
tra questi ed il L’Afflitto, senza che però siano mai stati ritrovati gli assegni
provento di reato e che si assumono posti all’incasso: si deve pertanto registrare
che nella presente vicenda non si ha contezza del corpo del reato.
In concreto, le testimonianze acquisite avrebbero avuto ad oggetto gli esiti
della perquisizione compiuta all’atto della notifica al Di Lillo dell’ordinanza
restrittiva emessa nel corso delle indagini preliminari, quando vennero in effetti
rinvenuti titoli: ma in ordine a questi è stato già celebrato un processo

6

Orecchini avrebbe dovuto meritare «una maggiore e più pregnante valutazione

documentato in atti e definito con sentenza irrevocabile, presso il Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere. Quanto poi ad altri assegni evocati dall’imputato nel
corso di un successivo interrogatorio, risulta parimenti dimostrato che detti titoli
furono oggetto di separata contestazione in un distinto ed ulteriore processo,
svoltosi dinanzi al Tribunale di Pistoia, a sua volta pervenuto a pronuncia
irrevocabile.

5. Un ulteriore ricorso viene proposto dai difensori di Luciano L’Afflitto, Avv.ti

In primis,

i difensori del ricorrente censurano la sentenza impugnata

ritenendo a loro volta non adempiuto l’obbligo di motivazione che gravava sui
giudici di appello, i quali si sarebbero limitati a richiamare le argomentazioni di
cui alla sentenza di primo grado e comunque non avrebbero dato risposta alcuna
alle doglianze mosse in sede di motivi di gravame.
Nell’interesse del L’Afflitto si evidenzia che egli era stato assolto dai reati di
ricettazione e di falso, il che avrebbe dovuto far comprendere che non vi fossero
in genere «elementi concreti su cui ancorare un giudizio di colpevolezza», dal
momento che si trattava dei reati-fine del presunto sodalizio criminoso di cui
l’imputato era invece stato ritenuto partecipe. In ogni caso, dalle emergenze
processuali non era possibile individuare i caratteri pregnanti di un’associazione
per delinquere, non risultando definito alcun pactum scelerís, né un generico
programma criminoso, giacché si era trattato, a tutto voler concedere, di
operazioni che il Righi aveva a più riprese proposto all’imputato ma poi non
concretizzatesi (o, quanto meno, non vi era la prova che avessero avuto un
seguito): quando era stato necessario remunerare il L’Afflitto per occasionali
attività prestate, egli era stato immediatamente liquidato, a riprova della sua
estraneità alla successiva spartizione dei proventi delle ipotizzate condotte
illecite.
Infine, contrariamente a quanto affermato in sentenza, il ricorrente non
risulta avere mai esercitato l’attività di tipografo, «né vi è alcun atto processuale
che induca a pensare che lo stesso l’abbia mai svolta».

6. Anche Giuseppe Leonardo Porto ricorre (personalmente) avverso la
pronuncia della Corte di appello di Napoli, invocando innanzi tutto l’intervenuta
prescrizione di tutti i reati a lui contestati. L’imputato deduce altresì illogicità e
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, richiamando anche attraverso riferimenti giurisprudenziali – gli elementi da ritenere necessari
ai fini della configurabilità dei delitti di cui agli artt. 416, 453 e 648 cod. pen.:

d#0,f
7

Luigi Russo e Bartolomeo Mariniello.

elementi che nella fattispecie concreta dovrebbero invece intendersi non
ravvisabili.

7. Propone infine ricorso, con atto che anch’egli sottoscrive personalmente,
Michele Sisto.
L’imputato lamenta nullità della sentenza impugnata, per non essere stata
accolta una richiesta di rinvio del processo fondata su impedimento a presenziare
dello stesso ricorrente, in occasione dell’udienza in cui il giudizio venne discusso:

quale sarebbe stato necessario differire la trattazione del processo, tanto più che
l’imputato aveva chiesto espressamente di essere sentito.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Baldi deve ritenersi inammissibile, stante la manifesta
infondatezza dei motivi di doglianza.
Innanzi tutto, deve ricordarsi che, per consolidata giurisprudenza di
legittimità, «quando non vi è difformità di decisione, le motivazioni della
sentenza di primo e di secondo grado possono integrarsi a vicenda in modo da
formare un tutto organico ed inscindibile. Il giudice di appello, pertanto, non ha
l’obbligo di procedere ad un riesame degli argomenti del primo giudice che
ritenga convincenti ed esatti purché dimostri, anche succintamente, di aver
tenuto presenti le doglianze dell’appellante e di averle ritenute prive di
fondamento» (Cass., Sez. IV, n. 1198 del 24/11/1992, Pelli, Rv 193013); è stato
altresì affermato che «in tema di sentenza penale di appello, non sussiste
mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in
conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo
grado, nonché della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del
discorso del primo giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo
grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato
organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per
giudicare della congruità della motivazione» (Cass., Sez. III, n. 4700 del
14/02/1994, Scauri, Rv 197497; v. anche Sez. H, n. 11220 del 13/11/1997,
Ambrosino). Tali principi risultano ribaditi anche nelle pronunce più recenti,
laddove si è comunque precisato che «nel giudizio di appello è consentita la
motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le
censure formulate dall’appellante non contengano elementi di novità rispetto a

8

l’istanza de qua era invece corredata da certificazione medica, in ragione della

quelle già condivisibilmente esaminate e disattese dalla sentenza richiamata»
(Cass., Sez. II, n. 30838 del 19/03/2013, Autieri, Rv 257056).
Tanto premesso, nell’interesse dell’imputato si torna a far rilevare che il
Ferrara non avrebbe fatto il nome del Baldi quale partecipe nella diffusione delle
banconote false, ma già l’esame della sentenza emessa dal Tribunale fa
comprendere come il Ferrara si riferì comunque ad un soggetto che il Sisto gli
aveva presentato come fornitore di gioielli ed articoli di argenteria, peraltro
indicato in termini peculiari e individualizzanti in ragione di un ingente credito

corso dei suoi interrogatori l’imputato non ha inteso smentire i prolungati
rapporti avuti con il Sisto. Nel contempo, al di là del ruolo ascrittogli dal
Ferrara, risulta abbondantemente chiarito che il Baldi fosse in contatto con lo
stesso Sisto – come documentato dalle intercettazioni – non soltanto in tema di
assegni o titoli di dubbia provenienza, bensì anche a proposito di valuta. Né
appare in alcun modo sostenibile la tesi difensiva, secondo cui i commenti del
Baldi sulle caratteristiche delle banconote (che evidentemente egli aveva
esaminato) dimostrerebbero la sua estraneità al momento della materiale
formazione delle medesime od il suo mancato concerto con gli autori della
falsificazione: il ricorrente, al contrario, risulta avere espresso apprezzamenti
diretti sulla qualità delle banconote e su modifiche che il Sisto gli aveva
rappresentato, giungendo ad approfondire questioni sul colore di nuovi esemplari
(v. pag. 83 della sentenza di primo grado), dovendosi perciò intendere
pienamente inserito anche in quel peculiare “giro” degli affari del sodalizio.
Tanto più che, nello stesso torno di tempo, il Baldi non aveva esitato a rendersi
complice del Sisto – seppure ispirato dall’intento di rientrare del credito vantato
verso quest’ultimo – nella negoziazione su larga scala di assegni di illecita
provenienza, ed era perciò illogico ritenere che, quanto a banconote ancor più
facilmente suscettibili di messa in circolazione, egli si fosse limitato a fungere da
occasionale consulente sulla qualità della contraffazione (v., sul punto, ancora la
sentenza del Tribunale, a pag. 111-112).

2. Parimenti inammissibile, ed ancora per manifesta infondatezza, deve
reputarsi il ricorso presentato nell’interesse del Cappelli.
Le dichiarazioni della Orecchini risultano fedelmente riportate nella sentenza
di primo grado, alla quale la Corte territoriale fa richiamo: né viene tralasciato il
particolare che la donna aveva segnalato di non sapere cosa fosse accaduto tra il
Cappelli ed il Righi dopo che ella li aveva messi in contatto. Va piuttosto
evidenziato che di intercettazioni a proposito di banconote se ne rinvengono
anche quanto alla posizione del ricorrente (v. pag. 117 della pronuncia del

9

che lo stesso Baldi era venuto a maturare nei confronti del Sisto: del resto, nel

Tribunale), ed appare del tutto inconsistente l’assunto difensivo secondo cui la
prova di un concerto fra il Cappelli e gli autori delle falsificazioni – onde
escludere addebiti di minore gravità – potrebbe emergere solo in presenza di un
maggior numero di conversazioni intercettate: del resto, la chiara
consapevolezza in capo all’imputato dell’argomento trattato risulta confermata
dalle sue stesse dichiarazioni, quando sostenne in sede di interrogatorio di aver
ricevuto banconote false (tra cui anche dei dinari, vale a dire il tipo di valuta di
cui aveva parlato in alcuni colloqui già captati) e di averne fatto parola con due

3. Il ricorso del Di Lillo, pur non risultando inammissibile, non può trovare
accoglimento.
A proposito del presunto bis in idem, è ancora una volta necessario
richiamare il contenuto della sentenza di primo grado: se ne ricava infatti la
dimostrazione che gli addebiti mossi nel presente processo non possono
intendersi sovrapponibili con quelli di cui ai giudizi celebrati a Santa Maria Capua
Vetere od a Pistoia, laddove viene evidenziato che il Di Lillo aveva ammesso di
aver ricevuto dal L’Afflitto «assegni per complessivi 4/500.000.000 di lire, per un
compenso di circa 10/15 milioni, ma ribadiva di non averli negoziati, con la sola
eccezione del tentativo fatto insieme a L’Afflitto a Pistoia, e poi naufragato in
quanto i due venivano arrestati» (v. pagg. 122-123).
Ergo, considerato che per la configurabilità della ricettazione è sufficiente il
solo acquisto del possesso di un bene di illecita provenienza, senza che se ne
renda necessario il reimpiego o l’ulteriore diffusione, è provato che il Di Lillo
ricevette dal L’Afflitto non solo gli assegni di cui era poi stata tentata la spendita
in Toscana, ma anche altri. E detti titoli, avendo fatto l’imputato riferimento ad
un valore complessivo assai ingente ed a consegne avvenute tempo prima, non
possono neppure ragionevolmente intendersi gli stessi di cui il Di Lillo era
risultato ancora in possesso al momento della perquisizione subita, in relazione
ai quali aveva subito un distinto processo.
Va altresì sottolineato che sono le stesse ammissioni del Di Lillo a far
ritenere superato il rilievo difensivo circa la mancata acquisizione materiale degli
assegni de quibus.

4.

Quanto al L’Afflitto, deve prendersi atto che risulta maturata la

prescrizione del reato associativo per cui l’imputato ha riportato condanna,
contestato come commesso fino al 12/11/1998.
Applicando nel caso di specie le più favorevoli previsioni di cui all’art. 157
cod. pen. come modificato a seguito della legge n. 251 del 2005 (peraltro, la

10

ufficiali di p.g., ricevendone però totale smentita.

sentenza di primo grado risulta intervenuta dopo l’entrata in vigore dell’anzidetta
novella), il termine ordinario di prescrizione è infatti pari ad anni 5, da
aumentare fino ad anni 6 e mesi 1 ex art. 99, commi 4 e 6, cod. pen.: l’aumento
massimo consentito in astratto sarebbe infatti superiore, ma nei riguardi
dell’imputato (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 99) non può comunque
eccedere il totale delle pene inflitte con le sentenze divenute irrevocabili prima
della data di commissione del reato de quo, pari ad 1 anno e 1 mese secondo
quanto risulta ai punti 1 e 5 del certificato penale in atti. In base al disposto

fino ad un massimo di due terzi oltre il termine ordinario, come sopra
determinato: ergo, fino ad anni 10, mesi 1 e giorni 20. Inoltre, nel corso del
giudizio di merito si rilevano cause di sospensione (per rinvii del processo su
istanze difensive di varia natura) per complessivi mesi 8 e giorni 8.
Computando, in definitiva, anni 10, mesi 9 e giorni 28 a partire dal
12/11/1998, si perviene al 09/09/2009: contrariamente a quanto segnalato nella
sentenza impugnata, la prescrizione massima è venuta a maturare prima della
celebrazione del giudizio di secondo grado.
Deve poi rilevarsi che la Corte territoriale non risulta avere esaminato alcune
delle doglianze mosse in sede di motivi di appello: come oggi ribadito
nell’interesse del L’Afflitto, si era ravvisata contraddittorietà tra l’affermazione
della intraneità dell’imputato al presunto sodalizio criminoso, dovendosi egli
ritenere un soggetto che si occupava stabilmente di falsificazioni di banconote o
di altre iniziative strumentali al perseguimento degli scopi dell’associazione, e la
sua intervenuta assoluzione quanto ai soli reati-fine a lui addebitati; inoltre, si
era contestato che egli potesse davvero ritenersi un soggetto capace di svolgere
mansioni di tipografo, non risultando provato che avesse mai esercitato
quell’attività lavorativa.
Censure, queste, forse non meritevoli di accoglimento (vista la natura
peculiare dei reati per cui il L’Afflitto era stato assolto, e considerato che dalla
sentenza di primo grado si evince che “il tipografo” era in realtà il suo
soprannome), tuttavia non manifestamente infondate, sì da meritare una
compiuta analisi e da precludere una valutazione di inammissibilità dell’odierno
ricorso.

5. E’ invece inammissibile il ricorso avanzato dal Porto, innanzi tutto per la
manifesta infondatezza della doglianza concernente la già maturata prescrizione.
Va tenuto presente che l’imputato risulta essere stato condannato solamente per
il delitto sub B), contestato come commesso dal gennaio 1996 al 12/11/1998, e
che per il reato ex art. 453 cod. pen. i termini massimi di prescrizione risultano

11

dell’art. 161 cod. pen., gli eventi interruttivi della prescrizione possono operare

pari a 15 anni (il massimo edittale di pena detentiva, più un quarto conseguente
ad eventi interruttivi, ancora tenendo presente le disposizioni di cui al novellato
art. 157 cod. pen.): considerando anche in questo caso le sospensioni sopra
ricordate, per mesi 8 e giorni 8, le varie condotte di concorso in falso nummario
debbono intendersi prescritte non prima del 09/09/2011, e non oltre il
20/07/2014 (ancora di là da venire). In ogni caso, anche la prima si rivela una
data successiva alla pronuncia emessa in grado di appello; e, per pacifica
giurisprudenza di questa Corte, un ricorso per cassazione inammissibile, per

di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen.» (Cass., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266, relativa
appunto ad una fattispecie in cui la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; v. anche, negli stessi
termini, Cass., Sez. IV, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni).
L’odierno ricorso è infatti inammissibile anche in ordine alle residue censure,
per evidente genericità: con apodittici riferimenti a massime che non vengono
illustrate come aderenti alla fattispecie concreta, l’imputato si limita a ricordare
quali dovrebbero essere i requisiti fondamentali per ritenere integrati i delitti
originariamente a lui addebitati (ivi compresi quelli di cui agli artt. 416 e 648
cod. pen., addirittura trascurando che in relazione ai corrispondenti capi non vi è
stata condanna).

6. Analogamente, deve ritenersi inammissibile anche il ricorso sottoscritto
dal Sisto.
L’imputato lamenta soltanto un vizio di carattere processuale, correlato al
rigetto di una richiesta di rinvio dell’udienza fissata per il giudizio di secondo
grado, ma si limita laconicamente a rappresentare la circostanza della
produzione di un certificato medico senza argomentare alcunché in proposito,
così non consentendo a questa Corte di operare alcuna valutazione. Del resto,
pure esaminando gli atti in ragione della questione formale prospettata, si rileva
che in vista dell’udienza dell’08/11/2010 il Sisto aveva fatto pervenire una
certificazione datata 05/11/2010, attestante faringotonsillite con iperpiressia a
39°, con ivi prescritti “riposo per le cure del caso, antibioticoterapia” per 5
giorni: risulta immune da censure la decisione adottata dalla Corte di appello, sul
presupposto che un certificato antecedente di tre giorni rispetto alla data
dell’udienza, stando al normale decorso di una patologia come quella ivi
documentata, non poteva attestare un perdurante impedimento assoluto.

12

manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, «non consente il formarsi

7. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna di tutti i ricorrenti
(ad eccezione del L’Afflitto) al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità; il Baldi, il Cappelli, il Porto ed il Sisto debbono altresì essere
condannati – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà dei ricorrenti (v. Corte Cost.,
sent. n. 186 del 13/06/2000) – al pagamento in favore della Cassa delle
Ammende della somma di € 1.000,00, così equitativamente stabilita in ragione

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, relativamente a L’Afflitto Luciano,
per essere il reato a lui ascritto estinto per prescrizione;
rigetta il ricorso di Di Lillo Michele, che condanna al pagamento delle spese
processuali;
dichiara inammissibili i ricorsi di Baldi Pier Giuseppe, Cappelli Enzo, Porto
Giuseppe e Sisto Michele, e condanna ciascuno di detti ricorrenti al pagamento
delle spese processuali, nonché al versamento della somma di € 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso l’11/04/2014.

dei motivi dedotti.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA