Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3452 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3452 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARNONE SALVATORE N. IL 01/08/1956
avverso la sentenza n. 7169/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
24/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1 1031–‘2che ha concluso per & -ber gbb” . 0,e4_

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Data Udienza: 19/12/2014

Con sentenza del 25 novembre 2010 il G.U.P. dl Tribunale
di Varese dichiarava Arnone Salvatore responsabile del
delitto di cui agli articoli 81 cpv,589 commi secondo e
terzo e 590 c.p. e lo condannava alla pena di anni sei di
reclusione oltre al pagamento delle spese processuali
oltre al risarcimento del danno in favore delle costituite
parti civili da liquidarsi in separata sede e alla
rifusione delle spese sostenute dalle stesse così come
indicato in dispositivo.
All’imputato era stato contestato di avere, alla guida
della sua autovettura, cagionato la morte di Apollonia
Alessia e lesioni personali a Fontana Emanuela, Laino Omar
Rafael,Laino Evelin,Laino Miriam, Vece Laura,Pellegrini
Roberto, Fontana Valeria, Pellegrini Davide, Pagliaro
Anacleto,Vittori Giulia,Bellicosi Luana,Giacone Antonio e
Boccellato Valentina per colpa consistita nel fatto che,
pur consapevole di essere soggetto a crisi epilettiche e
di avere ricevuto in data 7 luglio 2007 nuovamente il
permesso di condurre l’autovettura sulla premessa che
l’ultima crisi si era verificato il 6 novembre 2004, aveva
omesso di segnalare altro incidente automobilistico e
aveva continuato a condurre l’autovettura, con la
conseguenza che, a causa di una ulteriore crisi epilettica
con momentanea perdita di coscienza, aveva invaso il
marciapiede e senza nessuna manovra di emergenza né di
frenata, aveva investito tutte le persone ivi presenti
fino a che l’autovettura si era fermata contro ostacoli
fissi.
indicata
la
sopra
Avverso
dell’imputato proponeva appello.

sentenza

il

difensore

La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Varese, rideterminava la
pena nei confronti di Arnone Salvatore in anni quattro di
reclusione e confermava nel resto.
Avverso la decisione della Corte di appello di Milano ha
proposto ricorso in Cassazione l’imputato, a mezzo del suo
difensore, censurandola per i seguenti motivi:
l) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
ex art.606 lett.e) c.p.p.. Osservava la difesa che i
giudici della Corte territoriale si erano chiesti se in
concreto la patologia dell’Arnone potesse avere inciso
sulla sua capacità di rendersi conto della pericolosità
della sua malattia per la propria e l’altrui incolumità.
Sul punto il G.U.P. del Tribunale di Varese e la Corte di
appello di Milano non avevano ritenuto convincente il
parere espresso dal perito nominato dal giudice di primo
grado dott. Galimberti che aveva ritenuto che la crisi che

RITENUTO IN FATTO

3) Mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di
concessione dell’attenuante di cui all’art.62 n.6 c.p. e
delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
LA CORTE DI CASSAZIONE che i proposti motivi
OSSERVA
di ricorso non sono fondati.
Per quanto attiene al primo motivo, si osserva (cfr. Cass.,
Sez.4, Sent. n.4842 del 2.12.2003, Rv. 229369) che, nel
momento del controllo della motivazione, la Corte di
Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a
verificare se questa giustificazione sia compatibile con il
senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità
di apprezzamento; ciò in quanto l’art.606, comma 1, lett.e)

fu causa del sinistro del 20 gennaio 2008 non poteva
essere mentalmente anticipata dall’Arnone nemmeno in
termini di verosimile eventualità e pertanto non era
sostanzialmente prevedibile da parte dello stesso.
Secondo la difesa peraltro la motivazione non era logica,
adeguata e rigorosa, in quanto non aveva indicato alcuna
ragione scientifica che potesse indurre a conclusioni
diverse da quelle del perito, limitandosi a richiamare le
osservazioni del giudice di primo grado, condividendone in
modo del tutto apodittico le conclusioni in disaccordo con
il perito.
2) Erronea applicazione della legge penale ex art.606 lett.b)
c.p.p.. Secondo la difesa doveva essere esclusa in capo
all’Arnone la coscienza e volontà prevista dall’art.42,
primo comma, c.p.. L’imputato, quando si era posto alla
guida dell’autovettura, riteneva infatti di poter guidare
perchè munito di regolare patente e perché si era
sottoposto a rigorosa cura. Non sarebbe stato quindi
conscio di quello che avrebbe potuto succedere. Secondo la
difesa la posizione del ricorrente era quindi parificabile
a quella di colui che, colto da improvviso malore,
provocava un incidente stradale e non già, come ritenuto
nella sentenza impugnata, a quella dell’ubriaco che
causava un incidente stradale. In quest’ultimo caso,
infatti, secondo la difesa, il soggetto, dopo aver bevuto,
si mette alla guida consapevole di avere assunto alcool,
in condizione di alterazione e quindi accettando il
relativo rischio, mentre nel caso dell’Arnone, egli si era
messo alla guida in normali condizioni di salute, e le
probabilità che si verificasse un incidente non erano
quindi le stesse di quelle del caso di colui che si era
volontariamente ubriacato.

c.p.p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei
dati processuali o una diversa interpretazione delle prove,
perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo
sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati
processuali.
Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata
appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa
Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di
appello di Milano hanno infatti chiaramente evidenziato gli
elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della
responsabilità dell’Arnone in ordine al reato ascrittogli.
In particolare con argomentazioni del tutto logiche si sono
discostati dalle conclusioni a cui era pervenuto il perito
in tema di prevedibilità dell’evento. I giudici di appello
hanno infatti rilevato che il consulente aveva accertato
nei confronti dell’Arnone una capacità di comprendere e di
determinarsi, sia pure limitata, ma comunque sufficiente a
consentirgli di condurre una vita lavorativa, di ottenere
la patente di guida e di determinarsi in tutte le vicende
della vita quotidiana. Gli stessi consulenti, d’altra
parte, avevano ritenuto che prima della crisi l’Arnone
fosse perfettamente in grado di comprendere e di
autodeterminarsi. Sul punto i giudici di appello hanno
evidenziato le dichiarazioni rese dallo stesso Arnone, il
quale, due ore dopo l’incidente, aveva ammesso di avere
perso il controllo dell’automobile a seguito di una crisi
epilettica, di soffrire da molti anni di analoghe leggere
crisi e di avere proprio per questo raddoppiato le dosi del
medicinale che egli prendeva per tale patologia, così
dimostrando di essere ben a conoscenza della sua malattia,
delle sue caratteristiche, nonché della resistenza della
stessa ai farmaci. In particolare hanno evidenziato il
comportamento particolarmente riprovevole dell’Arnone che
il giorno 20 gennaio 2008 si era rimesso al volante della
sua autovettura, pur avendo avuto circa un mese prima un
altro incidente stradale verificatosi a seguito di una
perdita di controllo della vettura provocata sempre da una
crisi epilettica. D’altronde l’Arnone, che aveva adempiuto
a tale onere procedurale nell’aprile precedente, ben sapeva
che la concessione della patente di guida ed il suo rinnovo
richiedeva un’autocertificazione contenente la
dichiarazione di non essere stato soggetto a crisi negli
ultimi due anni. Egli invece non si era astenuto dalla
guida e non aveva fatto alcuna comunicazione all’ufficio
competente, così dimostrando di avere piena consapevolezza
della pericolosità della sua malattia in relazione
all’attività di guida.
Sulla base di tali logiche argomentazioni la Corte
territoriale aveva quindi ritenuto che Arnone Salvatore
fosse responsabile a titolo di colpa e che non si verteva
nell’ipotesi di cui agli articoli 85 e 88 c.p., atteso che,
nel momento in cui si era posto alla guida, l’imputato non

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 19.12.2014

si trovava in stato di incapacità, essendo stato colto
dalla crisi successivamente.
Infondato è pertanto altresì il secondo motivo di ricorso
atteso che, come si evince dalla pacifica giurisprudenza di
questa Corte (cfr, tra le altre, Cass., sez.4, sent.
n.11222 del 18.02.2010, R.249492), la cosiddetta colpa
cosciente (aggravata dalla previsione dell’evento) consiste
nella rappresentazione dell’evento come possibile risultato
della condotta e nella previsione e prospettazione che esso
non si verificherà.
Infondato è infine il terzo motivo di ricorso, atteso che
la Corte territoriale ha indicato con congrua e adeguata
motivazione le ragioni per cui non potevano essere concesse
l’attenuante di cui all’art.62 n.6 c.p. e le attenuanti
generiche. Per quanto attiene alla prima, che presuppone
l’integrale risarcimento del danno prima dell’inizio del
processo, i giudici di appello hanno infatti rilevato che
la stessa non poteva essere concessa in considerazione del
fatto che l’indennizzo posto a disposizione
dall’assicurazione corrispondeva ad una somma insufficiente
a garantire un adeguato risarcimento alle numerose parti
lese e l’imputato nulla aveva aggiunto. Per quanto infine
attiene alla mancata concessione delle attenuanti generiche
veniva fatto corretto riferimento alla motivazione della
sentenza di primo grado, non potendo le stesse trovare
giustificazione nella condizione psicologica di
prostrazione in cui versava l’imputato.
Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

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