Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 345 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 345 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZA FRANCESCO N. IL 30/04/1947
avverso l’ordinanza n. 16/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;
1ette/se9e le conclusioni del PG Dott. n
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Data Udienza: 20/12/2013

La Corte di appello di Torino, con ordinanza del 12 luglio 2013, ha dichiarato
inammissibile la richiesta di revisione avanzata dalla difesa di MAZZA Francesco in
relazione alla sentenza di condanna emessa nei confronti del predetto dal tribunale di
Sanremo il 30 gennaio 2011, confermata con sentenza della Corte di appello di
Genova n. 941/12, divenuta irrevocabile il 18 gennaio 2013, a seguito della sentenza
pronunciata da questa Corte il 18 gennaio 2013. La Corte territoriale in particolare
disattendeva la prospettazione come prova nuova di una nuova perizia grafica in
relazione alla manipolazione di scrittore private che avevano formato oggetto di
accertamento peritale nel giudizio di condanna. Negava inoltre la Corte la sussistenza
dei presupposti per procedere alla revisione per l’assunzione di due prove
testimoniali, trattandosi di acquisizioni tardive, prive di affidabilità e di essenzialità,
no potendo il relativo conferimento probatorio invalidare il giudicato di condanna,
venendo il testimoniale su aspetti marginali ai fini della ricostruzione della
responsabilità del condannato. le restanti deduzioni erano poi fuori del perimetro
della revisione, mirando le stesse a rinnovare temi già scandagliati nel giudizio
conclusosi con la condanna dell’imputato.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale dopo ampia narrativa sui
fatti che avevano formato oggetto del procedimento penale a carico del MAZZA,
sottolinea come la nuova perizia richiesta si fondasse su acquisizioni scientifiche più
avanzate rispetto a quelle che erano disponibili al momento in cui erano stati effettati
gli accertamenti tecnici nel corso del processo. Si contestava poi la valutazione
negativa data dalla Corte territoriale in merito alla affidabilità ed alla rilevanza delle
nuove testimonianze indotte, sottolineandosi come la valutazione stessa fosse
infondata anche in merito alla pretesa non tempestività della acquisizione probatoria.
Le deduzioni difensive sono state poi diffusamente sviluppate con memoria e motivi
aggiunti.
Il ricorso non è fondato. Nell’ambito della cosiddetta nuova prova scientifica,
più volte affrontata come tematica inerente alla revisione da parte della
giurisprudenza di questa Corte, si è affermato che spetta al giudice stabilire se il
nuovo metodo scientifico posto a base della richiesta, scoperto e sperimentato
successivamente a quello applicato nel processo ormai definito, sia in concreto
produttivo di effetti diversi rispetto a quelli già ottenuti e se i risultati così conseguiti,
da soli o insieme con le prove già valutate, possano determinare una diversa
decisione rispetto a quella, già intervenuta, di condanna (Cass., Sez. I, n. 15139 dell’8
marzo 2011). E si è anche affermato che una diversa valutazione tecnico-scientifica
di elementi fattuali già noti può costituire prova nuova quando risulti fondata su
nuove metodologie, dal momento che queste ultime, e le applicazioni dei relativi
principi tecnico-scientifici, possono condurre non solo a valutazioni diverse, ma
anche alla cognizione di fatti nuovi, se accreditate e ritenute pienamente attendibili
dalla comunità scientifica (Cass. Sez. II, n. 12751 dell’8 marzo 2011). Donde, la

OSSERVA

2

inammissibilità della richiesta di revisione, allorchè la stessa sia fondata su nuovi
accertamenti scientifici ove manchi la riconosciuta affidabilità tecnica degli stessi,
difettando la natura di “prova nuova” (Cass., Sez. III, n. 4355 del 13 ottobre 2011. V.
anche sul tema Cass., Sez. V, n. 2982 del 26 novembre 2009; Cass., Sez. I, n. 26637
del 28 maggio 2008). Va d’altra parte posta in luce la circostanza che, a norma
dell’art. 631 del codice di rito, occorre come requisito di ammissibilità della richiesta,
che gli elementi in base ai quali si domanda la revisione, siano di spessore e qualità
tali da «dimostrare», se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma
degli artt. 529, 530 o 531 dello stesso codice: si richiede, quindi, che il giudizio
prognostico che deve essere formulato sin dall’origine, in sede di scrutinio sulla
ammissibilità, e sulla base delle nuove emergenze risultanti dalla domanda di
revisione — rimedio per sua natura extra ordinem e, dunque, improntato a parametri di
necessaria rigorosità — conduca ad un esito di certezza di accoglimento della
domanda stessa, qualora le prove nuove risultino comprovate nel corso del giudizio.
Da qui, la esigenza di una verifica preliminare di ammissibilità da parte della corte di
appello — surrogatoria della previgente scansione tra fase rescindente, devoluta alla
corte di cassazione, e fase rescissoria, rimessa alla corte di merito — chiamata a
pronunciare la inammissibilità della richiesta ove gli elementi di prova proposti e
precedentemente non valutati si appalesino — come nella specie — inidonei a
provocare una pronuncia di proscioglimento, ciò che si verifica nel caso in cu si possa
concludere nel senso che dal complessivo contesto probatorio, e non dalle sole prove
nuove, non potrebbe emergere la asserzione dimostrativa della innocenza del
condannato (Cass., Sez. Un., n. 624 del 26 settembre 2001, Pisano).
In tale quadro di riferimento emerge, dunque, che, avuto riguardo alle
specifiche connotazioni che qualificano la prova tecnica – per sua natura, come è
noto, di carattere “neutro” (ex plurimis, Cass., Sez. III, n. 19498 del 19 marzo 2013;
Cass., Sez. IV, n. 14130 del 22 gennaio 2007), nel senso che, alla stregua dei suoi
imprevedibili risultati, la stessa non può ex ante qualificarsi né come prova a carico
né come prova a discarico – i mutamenti subiti dalle conoscenze tecniche nel tempo
trascorso dall’espletamento della perizia in sede di procedimento conclusosi con la
condanna, e il momento in cui viene formulata la richiesta di revisione, debbono
essere tali da consentire, in termini di prognosi scientificamente certa, di ribaltare le
risultanze precedentemente acquisite, giacchè, ove così non fosse, la “nuova prova” si
atteggerebbe null’altro che come mera reiterazione — palesemente inammissibile —
dell’accertamento tecnico già espletato.
Ebbene, i giudici del merito hanno nella specie motivatamente apprezzato
l’assenza di affidabili evidenze scientifiche alla stregua delle quali ipotizzare che il
nuovo accertamento sulle falsità documentali prospettato dal richiedente possa
avvalersi di “scoperte” tecniche nuove — inesistenti al momento della perizia
effettuata in sede processuale — tali da determinare esiti di per sé suscettibili di
“dimostrare”, unitamente alle prove a suo tempo acquisite, la “innocenza”
dell’imputato. Non senza sottolineare, d’altra parte, la circostanza che le stesse novità
tecniche evocate dal ricorrente, vertono su profili del tutto “ipotetici” ai fini di una

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2013
Il Consigli/4e sten

IN CANCELLERIA Il Presidente

ricostruzione degli esiti peritali, che dovrebbero essere, invece, orientati verso un
affidabile epilogo positivo rispetto alla tesi coltivata dalla difesa.
Quanto, poi, alle prospettate testimonianze, va qui ribadito che non può mai
costituire prova nuova, agli effetti della revisione, la testimonianza la cui ammissione
sia richiesta al fine di ottenere una diversa e nuova valutazione delle prove già
apprezzate con la sentenza di condanna (Cass., Sez. III, n. 19598 del 10 marzo 2011).
E si è anche puntualizzato che, quando le nuove prove abbiano natura speculare e
contraria rispetto a quelle già acquisite e consacrate nel giudicato penale, il giudice
della revisione può e deve saggiare, mediante comparazione, la resistenza di queste
ultime rispetto alle prime, giacchè, in caso contrario, il giudizio di revisione si
trasformerebbe indebitamente in un semplice ed automatico azzeramento, per effetto
delle nuove prove, di quelle a suo tempo poste a base della pronuncia di condanna
(Cass., Sez. VI, n. 144591 del 21 febbraio 2007; Cass., Sez. IV; n. 24291 del 7 aprile
2006). D’altra parte, e per concludere sul punto, la valutazione preliminare circa
l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base della asserita esistenza di una prova
nuova, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la
congruenza della stessa, nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve
articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra prova nuova e quelle
esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Cass., Sez. I, n. 34928 del 26
giugno 2012; Cass., Sez. I, n. 2824 del 7 aprile 1999, Makram).
Scrutinio di affidabilità e persuasività che va ovviamente condotto in termini
rigorosi e sulla falsariga di tutte le circostanze del caso concreto, ivi compresa la
natura e qualità degli apporti probatori, le condizioni e ragioni della loro “scoperta”,
il tempo e le modalità di assunzione, e la relativa iscrivibilità nel contesto delle
acquisizioni già scrutinate nel processo conclusosi con la sentenza di condanna, con i
relativi profili “demolitori” di quello statuto decisorio. Aspetti, questi, tutti
puntualmente ed esaurientemente scandagliati dai giudici a quibus, i quali, non solo
non hanno mancato di sottolineare la sospetta tardività delle nuove voci processuali,
me ne hanno tracciato la sostanziale inaffidabilità e il difetto di decisività, essendo
state le nuove prove ritenute pertinenti ad elementi solo marginali e dunque tali da
impedire di ipotizzare che la relativa acquisizione potesse condurre ad una nuova e
diversa valutazione delle prove già scrutinate in sede di cognizione.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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