Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3449 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3449 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RICCIO MARIO N. IL 14/07/1953
RICCIO EMANUELE N. IL 17/10/1981
avverso la sentenza n. 11097/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

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Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 2 maggio 2012, confermava la
condanna pronunciata dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, in data 30 settembre 2011, nei
confronti di Riccio Mario e Riccio Emanuele, applicando al Riccio Mario la pena di anni due e
mesi otto di reclusione ed euro 600 di multa e la Riccio Emanuele la pena di anni tre di
reclusione ed euro 800 di multa, perché ritenuti colpevoli del delitto di rapina aggravata,.
Propongono ricorso per cassazione il difensore di Riccio Emanuele e Riccio Mario

Il difensore di Riccio Emanuele deduce erronea applicazione della legge penale per
mancanza di adeguata motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e
all’omesso riconoscimento della prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. sulle
contestate aggravanti.
Riccio Mario deduce travisamento dei fatti, nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione sia con riferimento alla estraneità ai fatti dell’imputato ovvero alla reale entità del
suo apporto causale alla realizzazione del disegno criminoso altrui sia con riguardo alla
mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p.
Il motivo di ricorso di Riccio Emanuele è manifestamente infondato, poiché la sentenza
impugnata, con ampia e corretta – dal punto di vista logico e giuridico – motivazione,
argomenta che alla concessione delle attenuanti generiche o anche ad un riduzione dell’entità
della pena ostano l’estrema gravità dei fatti, il profilo personale dell’imputato già condannato
per associazione a delinquere, e l’allarme sociale ingenerato dal fatto. Qualsiasi diversa
valutazione esula dall’ambito di cognizione di questo giudice di legittimità.
I motivi di ricorso di Riccio Mario non sono consentiti, poiché tendono ad ottenere una
inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal
giudice di merito, il quale, con motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici, ha
esplicitato le ragioni del suo convincimento, evidenziando, quanto alla responsabilità, le
emergenze processuali consistenti nella chiamata in correità di Riccio Emanuele, ampiamente
riscontrata, e la stessa ammissione di responsabilità dell’imputato, quanto all’attenuante di cui
all’art. 62 n. 4 c.p., la circostanza che la somma sottratta, pari a 500 euro non può ritenersi
minima neanche se rapportata alle condizioni della persona offesa.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi delle impugnazioni, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di
euro 1.000,00 ciascuno a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.

personalmente.

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