Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34458 del 03/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34458 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IADANZA VINCENZO N. IL 04/04/1956 parte offesa nel
procedimento
c/
PICARIELLO IVANA N. IL 01/07/1964
RONGA ATTILIO N. IL 20/11/1971
avverso il decreto n. 1670/2011 GIP TRIBUNALE di SANT’ANGELO
DEI LOMBARDI, del 20/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 03/06/2013

IN FATTO E DIRITTO
IADANZA Vincenzo, persona offesa nel procedimento per diffamazione a carico di PICARIELLO Ivana e RONGA Attilio, propone ricorso per cassazione avverso il decreto in data 20
dicembre 2011 del Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi che aveva archiviato il procedimento originatosi da sua querela.
Deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata fissazione
dell’udienza in camera di consiglio e la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione con
provvedimento che reputa abnorme.
Osserva il Collegio che il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito della preliminare
valutazione circa l’ammissibilità dell’opposizione del ricorrente, al fine di valutare se fosse o
meno idonea a fondare l’obbligo di procedere con l’udienza in camera di consiglio per garantire
il contraddittorio.
Il giudice quindi rilevato come con l’opposizione il ricorrente non avesse proposto temi di indagine nuovi e mezzi di prova diversi da quelli (chiaramente indicati) fatti oggetto dell’indagine
preliminare del Pubblico Ministero dalla quale era scaturita la richiesta di archiviazione, e come
altro non si trattasse che della proposta di ripercorrere temi e mezzi di indagine già esplorati.
Le argomentazioni del ricorrente in punto di contraddittorio e di legittimità della valutazione di
inammissibilità dell’opposizione sono manifestamente infondate perché fanno riferimento ad una
pretesa illegittima valutazione preventiva dell’esito delle asseritamente nuove indagini proposte,
mentre al contrario il giudice si era fermato e correttamente alla indicazione della mancanza di
novità delle proposte di indagine dell’opponente.
Poiché la violazione del contraddittorio è l’unico vizio denunziabile con il ricorso avverso il
provvedimento di archiviazione (S.U., sent. 24 del 1995, e tra molte, Sez. 6, n. 436 del
05/12/2002, Mione; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006, Laurino; Sez. 6, n. 3896 del 26/10/1995,
Ronchetti; Sez. 6, n. 3018 del 20/09/1991, Di Salvo; ), osta a una diversa lettura il principio di
tassatività dei mezzi d’impugnazione. Né v’è ragione costituzionalmente imposta di un ampliamento della piattaforma dei vizi denunziabili mediante ricorso, giacché la natura «interlocutoria
e sommaria … finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un
accertamento sul merito dell’imputazione» (C. cost. ord. nn. 153 del 1999, 150 del 1998, 54 del
2003; sent. n. 319 del 1993) dell’ archiviazione e la ratio, esclusivamente servente il controllo di
legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si riconosce assistere lo ius ad
loquendum e gli strumenti di tutela dell’offeso («negli stretti limiti in cui ciò risponda» a tale
funzione di controllo: C. cost. ord. n. 95 del 1998), consentono d’affermare che alla pretesa sostanziale di questo offre comunque adeguata garanzia la possibilità di esercitare i propri diritti
d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede (civile) propria.
Non è possibile per tali ragioni denunziare la nullità del provvedimento di archiviazione per vizi
di motivazione che non si risolvano in violazioni del contraddittorio e neppure è possibile impugnare, qualificandolo abnorme, e perciò ricorribile, il provvedimento assertivamente affetto da
error in iudicando, in quanto basato su non condivise interpretazioni della legge sostanziale (cfr.
Sez. 5, n. 5052 del 21/10/1999, Andreucci; Sez. 6, n. 1416 del 22/03/2000).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 giugno 2013.

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