Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3443 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3443 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO GIOVANNI N. IL 06/04/1974
GRILLO GIOVANNI N. IL 27/02/1956
avverso la sentenza n. 3338/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 3 ottobre 2012, confermava la
condanna pronunciata dal G.U.P. del Tribunale di Napoli, in data 19 ottobre 2011, nei
confronti di Romano Giovanni e Grillo Giovanni, alla pena di anni quattro di reclusione ed euro
2.000 di multa ciascuno, perché ritenuti colpevoli di tentata estorsione aggravata.
Propongono separatamente ricorso per cassazione gli imputati personalmente,
deducendo entrambi violazione di legge e vizio di motivazione, il Romano in ordine alla

risalenza nel tempo dei precedenti penali, il Grillo in ordine alla mancanza di gravi elementi
indiziari per l’affermazione di responsabilità.
Il motivo di ricorso del Romano è manifestamente infondato, in quanto sul trattamento
sanzionatorio la sentenza impugnata motiva in modo puntuale e corretto dal punto di vista
logico e giuridico, evidenziando le allarmanti modalità delle condotte e la spiccata capacità a
delinquere, tanto che la pena “commisurata ai valori minimi previsti dalla legge, appare fin
troppo mite rispetto alla gravità del fatto”. D’altro canto non si comprende a quale
risarcimento del danno faccia riferimento il ricorrente, posto che la sentenza impugnata ha
condannato gli imputati al risarcimento e al rimborso delle spese in favore delle parti civili.
Il motivo di ricorso del Grillo è inammissibile in quanto difetta del requisito della
indicazione specifica della ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza impugnata sarebbe
censurabile (art. 581, comma 1, lett. c), c.p.p.). Infatti, il ricorrente non precisa quali siano gli
elementi di valutazione essenziali ai fini dell’accertamento della responsabilità che il giudice di
merito avrebbe trascurato, e, pertanto, non consente in alcun modo l’esercizio del controllo di
legittimità.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi delle impugnazioni, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di
euro 1.000,00 ciascuno a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013

determinazione della pena, per non avere tenuto conto del risarcimento del danno e della

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