Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3441 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3441 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAPA GIUSEPPE N. IL 03/09/1985
avverso la sentenza n. 9074/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
30/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 30 gennaio 2013, in parziale riforma
della condanna pronunciata dal G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in data 8
maggio 2012, nei confronti di Papa Giuseppe, ritenuto colpevole dei delitti di estorsione,
violenza privata e lesioni, dichiarava non doversi procedere in ordine al delitto di lesioni per
difetto di querela e rideterminava la pena, riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p.,
in anni due di reclusione ed euro 300 di multa.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo inosservanza ed

motivazione, in quanto, con riferimento al delitto di estorsione, la presunta violenza non era
finalizzata ad un provento, e, con riferimento al delitto di violenza privata, in realtà dalla
denuncia non si evince un condotta dell’imputato finalizzata a costringere i genitori e a fare o
tollerare alcunché.
Il motivo di ricorso non è consentito, poiché, secondo il costante insegnamento di
questa Suprema Corte esula dai poteri della Corte stessa quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali(per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con
motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento, evidenziando, con riferimento al delitto di estorsione, “la sinallagmaticità tra la
richiesta economica, connotata da violenza trasfusa in aggressione fisica e minaccia grave, e
l’elargizione” e, con riferimento al delitto di violenza privata, come “la scelta dei congiunti di
trasferirsi presso parenti sia stata indotta esclusivamente dall’esigenza di sottrarsi ad ulteriori
vessazioni”.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di euro
1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.

erronea applicazione della legge penale, nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della

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