Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3435 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3435 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

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sul ricorscA proposN da:
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UTVIC IVICA N. IL 02/07/1978
KOSTIC ALEXANDOR N. IL 04/05/1982

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avverso la sentenza n. 3415/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
07/06/2013
visti gli atti, la sentenza e ricorsi
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona delrnott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte c tle, l’Avv
Uditi difensor Avv. K-14

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Data Udienza: 15/07/2014

-1- Con sentenza del Tribunale di Livorno del 12 gennaio 2011, Utvic Ivica e Kostic
Alexandar sono stati ritenuti colpevole del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 co. 1 e 1
bis, 80 co. 2 del d.p.r. n. 309/90 (per avere detenuto a fini di spaccio circa 13 kg. di cocaina)
e li ha condannati, rispettivamente, alla pena di 15 anni di reclusione e 80.000,00 euro di
multa (Utvic) e di dodici anni di reclusione e 60.000,00 euro di multa (Kostic).
Nell’ambito di una più ampia indagine condotta dal Ros di Roma, su segnalazione degli
stessi ai carabinieri di Livorno, l’Utvic ed il Kostic sono stati sorpresi, in compagnia di
Djakovic Mihajilo (separatamente giudicato) all’interno di un’auto (di proprietà della madre
dell’Utvic ed alla cui guida si trovava costui) al cui interno è stato rinvenuto uno zaino
contenente lo stupefacente sequestrato, poco prima loro consegnato da tale “Carlo”,
infiltrato della PG, che fungeva da intermediario.
L’Utvic, che in sede di convalida si era avvalso della facoltà di non rispondere,
nell’interrogatorio reso al PM ha sostenuto di lavorare come operaio a Mogliano Veneto,
dove viveva, e di avere conosciuto il Djakovic un anno e mezzo prima in Serbia. Costui gli
aveva proposto di fare per lui l’interprete in Italia nei confronti di alcune persone con le
quali aveva in corso degli affari. I due si erano quindi incontrati nel parcheggio di un
autogrill sito nei pressi di Bologna e, utilizzando l’auto dello stesso Utvic, si erano diretti
verso Livorno, unitamente al Kostic in compagnia del quale il Djokovic si era presentato.
Costui gli aveva quindi consegnato un telefono cellulare ove avrebbe dovuto chiamare un
italiano, di nome Carlo, che avrebbe comunicato l’ora ed il luogo di un incontro. Dopo un
paio di giorni, Carlo si era fatto vivo ed aveva fissato per il giorno successivo un incontro
per la consegna di una busta contenente del denaro. Il giorno dopo, nell’ora e nel luogo
fissati, era sopraggiunto il Carlo che però non aveva con sé alcuna busta; un nuovo incontro
era stato fissato per il giorno successivo, quando il Carlo si era affiancato all’auto dei tre e li
aveva guidati fino al parcheggio di una banca ove, sceso dall’auto, aveva consegnato
all’Utvic lo zaino contenente lo stupefacente, poi rinvenuto dai carabinieri e sequestrato.
Il Kostic in dibattimento ha dichiarato di conoscere il Djokovic da circa dieci anni e di
avere fatto con lui numerosi viaggi per turismo, l’ultimo dei quali li aveva visti di ritorno da
Corfù. Nulla ha sostenuto di sapere degli affari del compagno, che riteneva dovesse
incontrarsi con una persona a Livorno per la vendita di un’auto.
Il Djokovic ha ammesso le proprie responsabilità ed ha sostenuto l’estraneità ai fatti dei
due coimputati.
Alla stregua di tali acquisizioni, il tribunale ha ritenuto di affermare la responsabilità degli
odierni ricorrenti, sorpresi nella flagrante detenzione dello stupefacente, avendo quindi
ritenuto non attendibili le dichiarazioni del Djokovic, liberatorie nei confronti degli stessi.
-2- Alle medesime conclusioni, dopo avere disposto un’integrazione probatoria richiesta
dalla difesa degli imputati – concernente l’esame testimoniale del col. Massimiliano
Macilenti (comandante, all’epoca dei fatti, del reparti anticrimine del Ros di Roma) e la
acquisizione di conversazioni telefoniche intercettate nell’ambito di una più ampia indagine
svolta in relazione ad altro procedimento penale – è pervenuta, con sentenza del 7 giugno
2013, la Corte d’Appello di Firenze, che pure ha modificato in melius, sotto il profilo della
determinazione della pena, la sentenza di primo grado, avendo riconosciuto ai due imputati
le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti all’aggravante contestata.
-3- Avverso detta decisione, ricorrono per Cassazione il Procuratore Generale presso la
Corte d’Appello di Firenze e, congiuntamente, gli imputati Utvic Ivica e Kostic Alexandar.
3.1- Il PG distrettuale deduce il difetto di motivazione della sentenza impugnata e la falsa
applicazione dell’art. 62 bis cod. pen., laddove la corte d’appello ha ritenuto di riconoscere

Ritenuto in fatto.

Considerato in diritto.
I ricorsi sono infondati.
-1- Quanto al ricorso del PG distrettuale, osserva la Corte che il giudice del gravame ha
fatto legittimo ricorso all’ampio potere discrezionale che la legge attribuisce al giudice del
merito in punto di determinazione della pena e di riconoscimento delle attenuanti, ed ha
ritenuto che il diverso e meno rilevante ruolo svolto dai due esponenti nella vicenda, rispetto
a quello del Djokovic, considerato il protagonista principale della stessa, legittimavano il
riconoscimento delle predette attenuanti.
La motivazione in proposito svolta dalla stessa corte, pur sintetica, si presenta tuttavia
sufficientemente efficace e non merita le censure svolte dal ricorrente che, peraltro, nelle sue
critiche propone in parte considerazioni di mero fatto.
-2- I motivi di ricorso svolti dagli imputati, che possono essere congiuntamente esaminati,
avendo il medesimo oggetto, si presentano ugualmente infondati.
Non sembra, invero, alla Corte che il giudice del gravame, nel richiamare le dichiarazioni
rese dal teste Macilenti, il cui esame è stato, peraltro, con insistenza richiesto dalla difese,
abbia attribuito alle stesse particolare rilievo nel contesto argomentativo articolato per
ribadire la responsabilità degli imputati.
Al contrario, consapevole dell’inutilizzabilità di quell’esame, del quale ha espressamente
dato atto, lo stesso giudice ha premesso e puntualizzato che tale responsabilità doveva essere
confermata “sulla base delle ponderate considerazioni espresse nell’appellata sentenza”.
Premessa che lascia già evidentemente comprendere come la corte territoriale sia
pervenuta alla contestata decisione, non attraverso le dichiarazioni rese dal predetto teste,
bensì sulla scorta degli stessi elementi probatori esaminati dal primo giudice che
dell’integrazione probatoria (disposta in appello) nulla conosceva, poiché aveva respinto,
avendola ritenuta non necessaria, la richiesta in proposito avanzata dalle difese.
Ha, quindi, la stessa corte legittimamente sostenuto che la pretesa degli odierni ricorrenti di
far credere di essere stati inconsapevoli dei traffici del Djokovic strideva fortemente con il
fatto che da giorni i due si accompagnavano allo stesso Djokovic anche di notte, poiché tutti
e tre dormivano nello stesso albergo, peraltro prudentemente cambiato nei giorni del loro
peregrinare). Insieme con costui, è stato ricordato, il Kostic era del resto giunto in Italia,
provenendo da Corfù, mentre l’Utvic, che lavorava a viveva in Veneto, non ha esitato a
rispondere al richiamo del Djocovic; di una persona, cioè, con la quale non è emerso, né è

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agli imputati le attenuanti generiche, pur dopo avere osservato che i due erano inseriti in un
ponderoso traffico di droga, valorizzando una collaborazione in realtà inesistente.
3.2- I due imputati congiuntamente deducono:
a) Violazione di legge e vizio di motivazione, laddove la corte territoriale ha ritenuto di
ribadire la responsabilità degli imputati sulla scorta di riscontri forniti dalla testimonianza
resa dal col. Macilenti, che ha richiamato i contenuti di alcune conversazioni intercettate
nell’ambito di un diverso procedimento penale ed i cui verbali non erano stati mai depositati
nè trascritti con apposita perizia, e dunque inutilizzabili, come peraltro ha anche sostenuto la
stessa corte che li ha poi, contraddittoriamente, utilizzati;
b) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di verifica della effettiva conoscenza
e volontà dei due imputati di concorrere nella condotta criminosa posta in essere dal
Djokovic. Sul punto, il tribunale aveva ritenuto più verosimile la propria ricostruzione degli
avvenimenti, rispetto a quella proposta dalla difesa, mentre la corte d’appello, per giungere
all’affermazione di responsabilità degli imputati, ha dovuto far ricorso alla testimonianza,
inutilizzabile, del col. Macilenti.

-3- I ricorsi devono essere, in conclusione, rigettati ed i ricorrenti Utvic Ivica e Kostic
Alexandar devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
Non rileva, nel caso di specie, il nuovo assetto normativo scaturito dalla sentenza
12.2.2014 n. 32 della Corte Costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. 30.12.05 n. 272, convertito dall’art. 1 co. 1 della legge
21.2.06 n. 49, ed ha conseguentemente ripristinato l’originario trattamento sanzionatorio
differenziato tra le c.d. “droghe pesanti” e le “droghe leggere”) nonché dal d.l. n. 146/2013,
convertito con la legge n. 10/2014 (che ha trasformato la fattispecie prevista dal 5 0 comma

stato da alcuno sostenuto, che egli avesse avuto in passato particolari rapporti – oltre alla
semplice conoscenza in Serbia un anno e mezzo prima e l’ulteriore incontro l’anno
successivo – a disposizione del quale ha messo sé stesso e l’auto di cui disponeva.
Una piena adesione dei due imputati, quindi, alle esigenze del complice, al quale si sono
affiancati, ha ulteriormente osservato il giudice del gravame, senza chiedere spiegazioni di
sorta, senza chiedere le ragioni del peregrinare per Livorno e provincia per giorni interi in
attesa di una telefonata e di un incontro con una persona sconosciuta, né le ragioni dei
circospetti incontri e dei ripetuti contatti telefonici con tale persona, senza interrogarsi sul
contenuto della presunta busta e sulle motivazioni della circospetta consegna, nemmeno
quando, invece della busta, lo sconosciuto ha consegnato un pesante zaino.
Comportamenti che sono stati giustamente ritenuti dai giudici del merito rivelatori della
piena consapevolezza e condivisione dei due delle ragioni della loro presenza in Livorno,
dello scopo degli incontri con “Carlo” e del contenuto dello zaino, e quindi della piena
riconducibilità agli stessi dello stupefacente nella cui flagrante detenzione essi sono stati
sorpresi a bordo dell’auto utilizzata per il trasporto. Né priva di significato, ai fini della
comprensione del ruolo svolto dagli odierni ricorrenti, è stata giustamente ritenuta l’evidente
contraddizione in cui essi sono incorsi laddove, mentre l’Utvic ha sostenuto di non avere
mai visto il Kostic prima dei fatti oggetto del processo, quest’ultimo ha, al contrario,
dichiarato di avere conosciuto l’Utvic molti anni prima in una palestra.
E’ stato, dunque, per ricevere in consegna lo zaino ed il suo contenuto che il Djakovic si è
portato in Italia accompagnato (scortato) dal Kostic, non per l’acquisto di un’auto, come ha
voluto far intendere quest’ultimo; e quella importante consegna aveva spinto l’Utvic ad
allontanarsi per diversi giorni dal luogo ove abitualmente risiedeva e ad interrompere
l’attività lavorativa, raccogliendo l’invito di una persona con la quale non è emerso che egli
avesse avuto particolari rapporti, diversi dalla semplice conoscenza.
Ed allora, non dalla testimonianza del Macilenti, bensì dal complessivo atteggiamento
degli odierni ricorrenti i giudici hanno trovato conferma del fatto che la loro presenza,
accanto al Djokovic al momento della consegna dello zaino contenente la cocaina, era
consapevolmente volta a render possibile l’incontro con “Carlo” e la consegna della merce,
al termine di un’operazione alla quale ambedue avevano consapevolmente fornito il proprio
decisivo contributo. Di guida e di interprete da parte dell’Utvic, di accompagnatore e di
appoggio, in vista del notevole quantitativo di stupefacente trasportato, da parte del Kostic.
E’ sulla scorta di tali fatti e di tali argomentazioni che i giudici del gravame sono giunti a
ribadire la responsabilità degli imputati, mentre le ulteriori considerazioni dagli stessi svolte
su taluni passaggi della testimonianza resa dal col. Macilenti, su alcune risposte, giudicate
“lapidarie” del teste (chiamato a testimoniare su una vicenda concernente indagini ancora in
corso) ed sui contenuti delle conversazioni alle quali lo stesso ha fatto riferimento, si
presentano solo quali residuali argomentazioni di mero contorno rispetto al già corposo e
contesto probatorio in atti, di per sé ampiamente significativo ai fini della completa
comprensione di una vicenda, apparsa ai giudici del merito motivatamente chiara nei suoi
risvolti e nelle sue implicazioni a prescindere da qualsiasi ulteriore contributo fornito dalla
citata testimonianza.

dell’art. 73 da circostanza attenuante a reato autonomo, indicando altresì una pena edittale
massima più contenuta) e dalla legge 16.5.14 n. 79 (che ha individuato per detta fattispecie
un ancor più mite trattamento sanzionatorio).
Non la predetta sentenza, atteso che lo stupefacente del quale gli imputati sono stati trovati
in possesso (cocaina) rientra tra le “droghe pesanti”, in relazione alle quali la ripristinata
normativa differenziata stabilisce una pena superiore a quella prevista dalle norme ritenute
incostituzionali. Non le richiamate modifiche legislative, che riguardano una fattispecie
diversa da quella oggi in esame.

Rigetta tutti i ricorsi.
ndanna gli imputati ricorrenti Utvic Ivica e Kostic Alexandar al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2014.

P.Q.M.

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