Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3435 del 08/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3435 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CECCHETTI PAOLO N. IL 21/02/1953
avverso la sentenza n. 7165/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
28/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;
Data Udienza: 08/10/2013
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 28 gennaio 2013, confermava la
condanna pronunciata dal Tribunale di Civitavecchia, in data 16 dicembre 2009, alla pena di
mesi due di reclusione ed euro 200 di multa nei confronti di Cecchetti Paolo, ritenuto
colpevole del delitto di ricettazione di assegno denunciato smarrito.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando mancanza di
motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del delitto contestato
e alla dedotta configurabilità in subordine della fattispecie di cui all’art. 647 c.p.
gradi di giudizio risulta che l’imputato non ha fornito alcuna giustificazione in ordine al
possesso del titolo, anzi “riferendo, non plausibilmente, di non ricordare da chi lo avesse
ricevuto” (sent. primo grado, pag. 5). Occorre, infatti, ribadire il costante insegnamento
giurisprudenziale espresso dal seguente principio: il possesso e/o l’uso di un assegno al di
fuori delle regole che ne disciplinano la circolazione costituisce elemento di prova, per
conformità ai criteri logici e giuridici, del reato di ricettazione, in assenza di plausibili
giustificazioni in ordine all’acquisizione del titolo (Sez. 2, n. 45569 del 21/10/2009, Di Chio,
Rv. 245631) Quindi, anche il motivo formulato in subordine risulta manifestamente infondato,
non basandosi su elementi concreti, ma solo su apodittiche affermazioni del difensore.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di euro
1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato, poiché dalle sentenze di entrambi i