Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3431 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3431 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALDROVANDI MATTEO N. IL 03/10/1982
avverso la sentenza n. 5780/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 10 gennaio 2013, in parziale riforma
della condanna pronunciata dal Tribunale di VOgevano, in data 25 giugno 2012, alla pena di
anni due mesi sei di reclusione ed euro 1.000 di multa nei confronti di Aldrovandi Matteo,
ritenuto colpevole di plurimi delitti di accesso abusivo in sistema informatico, revocava la
confisca di cinque cellulari in sequestro.
Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, deducendo i seguenti motivi:

recidiva contestata è facoltativa e il giudice di prime cure, non avendo applicato alcun
aumento per la recidiva medesima, non avrebbe dovuto applicare il divieto di prevalenza della
circostanze attenuanti sulle aggravanti; 2) mancanza o manifesta illogicità della motivazione,
in quanto, prescindendo dal primo motivo, comunque il giudice non avrebbe motivato il
divieto di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti; 3) violazione e falsa applicazione
dell’art. 133 c.p., in quanto il giudice avrebbe dovuto tenere conto, in particolare, della
circostanza che l’imputato ha provveduto a risarcire la parte offesa Fidamante Valentina.
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati, in quanto la sentenza impugnata ha
risposto puntualmente alle doglianze difensive, osservando che non vi è motivo per non
applicare la recidiva – correttamente applicata dal primo giudice, come si evidenzia nello
stesso dispositivo di primo grado – tenuto conto della pervicacia dell’imputato nel commettere
reati, con la conseguenza dell’applicabilità del divieto di cui al comma 4 dell’art. 69 c.p., e che
non è consentito un più favorevole bilanciamento delle circostanze in considerazione del
“peso” delle aggravanti contestate e della “volontà, mai manifestata, di risarcire le tante parti
lese”.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di euro
1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 99, comma 4, e 69, comma 4, c.p., in quanto la

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