Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3430 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3430 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARIANO MASSIMILIANO N. IL 23/03/1982
avverso la sentenza n. 2828/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
10/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 10 gennaio 2013, confermava la
condanna pronunciata dal G.U.P. del Tribunale di Crema, in data 15 maggio 2012, alla pena di
anni tre di reclusione ed euro 1.400 di multa nei confronti di Mariano Massimiliano, ritenuto
colpevole dei delitti di rapina aggravata e sequestro di persona.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:
1) mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al delitto di sequestro di
persona, in quanto esso sarebbe assorbito da quello di rapina, poiché il lasso di tempo in cui
vi è stata limitazione della libertà sarebbe stato minimo; 2) manifesta illogicità della

prevalenza sulla contestata aggravante e sulla recidiva.
Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché la sentenza impugnata ha
evidenziato che la privazione della libertà personale si è protratta dopo la consumazione del
reato al fine di consentire una comoda fuga ai rapinatori.
Il secondo motivo di ricorso non è consentito, poiché il giudizio di comparazione è
caratterizzato da una facoltà tipicamente discrezionale del giudice di merito. Le statuizioni del
giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti sono censurabili
in cassazione soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico
(Sez. 6, n. 6866 del 25/11/2009 – 19/02/2010, Alesci, Rv. 246134; Sez. 4, 18/10/1983 22/3/1984, n. 2648, Sirigu, Rv. 163288; Sez. 1, 13/1/1994, n. 3232, Palmisano, Rv.
199100). Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto la pena del tutto congrua e
proporzionata al fatto e alla personalità dell’imputato.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di euro
1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.

motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di

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