Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34265 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34265 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
SASSO MARIA ROSA N. IL 07.10.1977.
Nei confronti di :
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE

Avverso la ordinanza della CORTE D’APPEELLO DI NAPOLI del 16 aprile 2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Francesco Salzano che ha chiesto l’annullamento con
rinvio della impugnata ordinanza
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 16 aprile 2013 la Corte d’Appello di Napoli rigettava la
richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, proposta da Sasso Maria in proprio e
quale esercente la potestà genitoriale sui figli, in qualità di prossimi congiunti, ex
artt. 315 e 644 c.p.p. del defunto Maiorano Antonio, asseritamente subita da
dall’1.3.1994 al 6.3.1995.
Avverso
tale decisione ricorre a mezzo del proprio difensore la Sasso nella spiegata
2.
qualità, deducendo la inosservanza ed erronea applicazione di legge e l’omessa
motivazione.
3. Si è costituito il Ministero delle Finanze resistendo al ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. L’ordinanza impugnata ha rigettato l’istanza sul rilievo che gli eredi del Maiorano deceduto in data 19 gennaio 2011, erano titolari di un diritto jure proprio e non jure
successionis e che nessun diritto alla riparazione spettava ad essi atteso che i figli del
Maiorano e della Sasso erano nati in epoca successiva alla scarcerazione dello stesso
e che la stessa ricorrente aveva contratto matrimonio con il Maiorano in epoca

Data Udienza: 17/06/2014

P.Q.M.

successiva (il matrimonio era stato celebrato in data 4 gennaio 1999).
5. Osserva la Corte : Il giudice di merito, partito dal presupposto che i ricorrenti fossero
titolari di un diritto jure proprio e non iure hereditario, ha negato il loro diritto alla
riparazione. E’ effettivamente principio tralaticiamente affermato da questa Corte
secondo cui ai prossimi congiunti spetterebbe nella fattispecie in esame un diritto
jure proprio. Detta affermazione, tuttavia, è tesa unicamente ad escludere che il
diritto azionato incontri i limiti conseguenti al principio per cui nemo plus iuris in
alium trasferre potest quam ipse habet: nessuno può trasmettere ad altri diritti di cui
non sia titolare. Si è quindi affermato che la possibilità di far valere – iure proprio e
non già ture hereditario – un diritto omogeneo, qualitativamente e
quantitativamente, a quello, in tesi, spettante al condannato, in caso di revisione,
ovvero al soggetto sottoposto a misura custodiale, in caso di riparazione per ingiusta
detenzione, ancorché al momento della morte dello stesso non ne fossero ancora
maturate tutte le condizioni, è espressamente riconosciuto dall’art. 644 c.p.p.,
comma 1, “al coniuge, ai discendenti e ascendenti, ai fratelli e sorelle, agli affini
entro il primo grado e alle persone legate da vincolo di adozione” con il condannato,
ancorché questi sia deceduto “prima del procedimento di revisione” o, in caso di
ingiusta detenzione, prima della sentenza assolutoria.
L’art. 315 comma 3 c.p.p. dispone infatti che, nel procedimento per la riparazione
dell’ingiusta detenzione, si applicano (ovviamente per quanto non specificamente
disposto come avviene nel caso in esame) “in quanto compatibili,, le norme sulla
riparazione dell’errore giudiziario”
L’applicabilità della predetta norma, dettata in tema di riparazione dell’errore
giudiziario, all’istituto disciplinato negli artt. 314 e 315 c.p.p., nonché l’estraneità
della previsione al fenomeno successorio – avvalorata dalla previsione, della quale
non vi sarebbe altrimenti stato alcun bisogno, dell’art. 644 c.p.p., u.c., volto a
escludere la spettanza del diritto “alle persone che si trovano nella situazione di
indegnità prevista dall’art. 463 c.c.” – sono stati espressamente riconosciuti dalle
sezioni unite di questa Corte nella sentenza 14 dicembre 1994, n. 28.
La tesi secondo cui il rinvio alle norme sulla riparazione dell’errore giudiziario si
riferirebbe alle sole norme procedimentali è stata rifiutata dalle sezioni unite di
questa Corte con la sentenza 14 dicembre 1994, Libranti e questa soluzione è stata
condivisa da tutta la successiva giurisprudenza di legittimità.
La medesima sentenza ha affrontato anche il problema della compatibilità di queste
norme con l’istituto per la riparazione dell’ingiusta detenzione risolvendolo
positivamente “dato che gli effetti pregiudizievoli dell’ingiusta detenzione, come quelli
dell’errore giudiziario, sono naturalmente destinati a propagarsi nell’ambito familiare,
legittimando, nel caso della morte della persona che ha subito l’ingiusto
provvedimento, una pretesa riparatoria dei congiunti”.
D’altro canto il riferimento ad un’azionabilità jure proprio del diritto in questione va
inteso nel senso che la legittimazione ad agire discende non dai principi generali
della successione mortis causa„ ma ai soggetti espressamente indicati dall’art. 644
c.p.p.
E’ stato precisato che questi propongono in pratica la stessa domanda che sarebbe
spettata al defunto (confr. Cass. pen. 4, udienza 12 dicembre 2006, Bianco;
Cass. pen. 4, 8 giugno 2007, n. 22502). Il loro diritto è quindi commisurato a quello
della persona defunta e ingiustamente detenuta. Tanto è vero che la norma
attribuisce loro il diritto sorto a favore del defunto (“il diritto alla riparazione spetta al
coniuge “) e prevede, al secondo comma, che ad essi non possa essere attribuita
una somma maggiore di quella che sarebbe spettata al prosciolto.
La norma attribuisce quindi alle persone in questione il diritto alla riparazione
spettante al congiunto defunto di cui quindi il legislatore ha escluso la natura
strettamente personale cui conseguirebbe l’intrasmissibilità.
5.Consegue da tanto che, in accoglimento del ricorso, l’ordinanza impugnata deve
essere annullata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Napoli, cui è
demandata anche la regolamentazione delle spese tra le parti del presente giudizio

annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di
Napoli cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti del presente
giudizio..
Così deciso nella camera di consiglio del 17 giugno 2014
i PRESIDENTE

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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