Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3426 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3426 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANSONNA MASSIMILIANO N. IL 02/08/1977
avverso la sentenza n. 10197/2007 CORTE APPELLO di TORINO, del
14/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data 14 dicembre 2012, confermava la
condanna pronunciata dal Tribunale di Asti, in data 10 ottobre 2005, alla pena di mesi dieci di
reclusione ed euro 300 di multa nei confronti di Sansonna Massimiliano, ritenuto colpevole del
delitto di ricettazione di autovettura provento di furto.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:
1) erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in quanto non sarebbe
provata la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto contestato; 2) erronea applicazione

generiche e alla omessa indicazione delle modalità di calcolo della pena.
Il primo motivo di ricorso non è consentito, poiché, secondo il costante insegnamento di
questa Suprema Corte esula dai poteri della Corte stessa quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali(per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con
motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento, evidenziando che “l’imputato non ha inteso offrire alcuna spiegazione in
merito alle modalità di ricezione del bene”, fornendo “dichiarazioni di tutto vaghe, prive di
effettivo riscontro e in ogni caso assolutamente non credibili”.
Il secondo motivo di ricorso è del tutto generico e neppure risulta – né il ricorrente
fornisce alcuna specificazione sul punto – proposto con i motivi di appello
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di euro
1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, l’8 ottobre 2013.

della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle attenuanti

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