Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3425 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3425 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FERRANTE ANGELA MARIA N. IL 13/11/1958
avverso la sentenza n. 952/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
27/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 27 marzo 2012, confermava la
condanna pronunciata dal Tribunale di Roma, in data 5 febbraio 2009, alla pena di mesi due di
reclusione nei confronti di Ferrante Angela Maria, ritenuta colpevole dei delitti di minaccia e
danneggiamento aggravato.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, deducendo i seguenti motivi:
1) vizio di motivazione, in quanto la sentenza impugnata si risolverebbe nella ripetizione delle

motivazione, in quanto non vi sarebbe prova che la porta dell’abitazione della persona offesa
sia stata danneggiata dall’imputata né vi sarebbero testimoni che abbiano potuto riferire di
frasi minacciose pronunciate dalla Ferrante; 3) erronea applicazione della legge penale, in
quanto il preteso graffio alla porta non rientrerebbe nella fattispecie di cui all’art. 635 c.p., per
di più sarebbe mancante l’elemento psicologico del contestato delitto.
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati per la parte in cui contestano
l’esistenza di un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste; non consentiti per la
parte in cui pretendono di valutare, o rivalutare, gli elementi in atti al fine di trarre proprie
conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito chiedendo alla Corte di legittimità un
giudizio di valore che non le compete. Secondo il costante insegnamento di questa Suprema
Corte esula dai poteri della Corte stessa quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa,
e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali(per tutte: Sez. Un.,
30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con
motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento, evidenziando le “convergenti deposizioni delle fonti orali escusse”.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge
evidente dal contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.

argomentazioni del giudice di primo grado; 2) manifesta illogicità e contraddittorietà della

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