Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34229 del 21/05/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34229 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
CIRMI Giovanni n. Vittoria (RG) l’8 aprile 1981
avverso la sentenza emessa 1’8 novembre 2013 dal Tribunale di Cuneo
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
letta la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Eduardo
Scardaccione, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
osserva:
Data Udienza: 21/05/2014
Considerato in fatto
Con sentenza in data 8 novembre 2013 il Tribunale di Cuneo applicava a Cirmi
Giovanni, su richiesta delle parti, la pena di anni due di reclusione ed euro 600,00 di
multa in ordine ai reati di furto aggravato e tentata rapina impropria, commessi in
Cuneo il 6 novembre 2013, ritenuta la continuazione, con le circostanze attenuanti
generiche equivalenti alle contestate aggravanti e recidica e con la riduzione per il rito.
cassazione. Con il ricorso si deduce la “omessa, contraddittoria e illogica motivazione”
quanto alla determinazione della pena.
Il ricorso è del tutto generico e, comunque, manifestamente infondato atteso
che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è adeguato al contenuto
dell’accordo tra le parti. Nel ricorso per cassazione avverso sentenza che applichi la
pena nella misura patteggiata tra le parti non è ammissibile proporre motivi
concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La
richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte
integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con
la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così
rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede
di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono
addivenute” (Cass. Sez.III 27marzo 2001 n.18735, Ciliberti).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella
sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in
euro 2.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamen alla Cassa delle ammende di una somma di euro
2.000,00.
Così deciso in Roma il 21 ma gio 2014
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per