Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34216 del 20/06/2018

Penale Sent. Sez. 2 Num. 34216 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 11/07/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore dr. Sante Spinaci
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore avvocato GALLUSI SANDRO che si riporta ai motivi del ricorso e ne
chiede l’accoglimento.

Data Udienza: 20/06/2018

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza in data 11/07/2017,
parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal Tribunale di Forli’ in
data 30/10/2014, nei confronti di A.A., riqualificava i fatti,
originariamente ascritti come truffa, ai sensi dell’art. 641 cod.pen.; in
particolare, la Corte territoriale riteneva che l’atto di concessione di ipoteca
volontaria da parte di T.T., in favore dell’imputato e della

favore del concedente, regolato da una coeva scrittura privata inter partes,
integrassero, in presenza di un preordinato inadempimento delle
obbligazioni assunte dal A.A., il reato di insolvenza fraudolenta.
2.

Propone ricorso per cassazione l’imputato A.A.,

deducendo i seguenti motivi:
2.1. violazione di legge in relazione all’art. 120 cod.pen. , avendo la Corte
territoriale ravvisato una ipotesi criminosa (l’insolvenza fraudolenta) per la
quale non era stata sporta querela, essendo tale atto limitato a prospettare
l’esistenza di una truffa;
2.2. violazione di legge con riferimento all’art. 521 cod.proc.pen. poiché, a
fronte della contestazione del reato di truffa e di una condanna per tale
titolo in primo grado, la Corte di appello ha pronunciato condanna per
fattispecie non contestata (insolvenza fraudolenta), senza che ciò fosse
prevedibile per l’imputato e compatibile con i diritti difensivi di cui agli artt.
11 Cost. e 6 CEDU, come interpretato dalla Corte EDU;
2.3. violazione di legge in relazione all’art. 641 cod.pen. poiché nella
vicenda di causa non sussiste la dissimulazione dello stato di insolvenza,
elemento costitutivo del reato, dal momento che la persona offesa era ben
consapevole delle difficoltà economiche nelle quali versava la società per la
quale ha agito l’imputato;
2.4. violazione di legge con riferimento all’elemento soggettivo del reato di
insolvenza fraudolenta, difettando adeguata dimostrazione della
preordinata volontà di non adempiere, non potendo questa essere ravvisata
sulla base dell’invito, fatto al T.T. dal A.A., di non negoziare un
assegno ricevuto in garanzia.

1

società FX Group s.r.I., accompagnato dalla pattuizione di un compenso, a

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo è manifestamente infondato; invero, secondo costante
giurisprudenza (si veda, tra le tante, Sez. 5, n. 8418 del 12/06/1992, Rv.
191928) “il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, quale
è esposto nella sua essenzialità …. , spettando al giudice e non al privato di
attribuire al fatto le definizioni e le conseguenze giuridiche che ne
5, n. 24381 del 25/03/2011, Rv.

250456) si è ribadito che “…. non compete al querelante dare una
qualificazione giuridica del fatto, dovendo egli limitarsi ad esporre lo stesso
nella sua materialità, considerato che il diritto di querela concerne
unicamente il fatto delittuoso, …. e che spetta al giudice e non al privato
attribuirne la qualificazione giuridica in ordine alla eventuale sussistenza di
un determinato tipo di reato e alle conseguenze che ne derivano”. Dunque,
pienamente legittimo appare l’operato della Corte territoriale che, a fronte
di querela presentata per il “… reato di cui all’art. 640 c.p., 643 c.p. e/o per
tutti quelli che la S.V. Ill.ma vorrà ravvisare nei fatti di causa”, nell’esercizio
del potere ex art. 521 comma 1 cod.proc.pen., ha riqualificato il fatto ex
art. 641 cod.pen.
2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo. Infatti, a fronte
dell’ampia contestazione contenuta nel capo di imputazione, il giudice di
appello (a differenza di quello di primo grado), concentrando l’attenzione
sulla parte terminale delle condotte ascritte, ha ravvisato il nucleo
dell’azione incriminata non tanto nella induzione in errore della vittima
rispetto alla stipula del contratto di erogazione di mutuo (a favore della
società FX, per la quale l’imputato diceva di agire) con contestuale
concessione di ipoteca da parte del T.T. (atto pubblico del 24.5.2010),
bensì nel successivo accordo (scrittura privata del 25.5.2010) con il quale
l’imputato e la persona offesa concordavano entità e modalità di
pagamento (rateale) del compenso (C 50.000) spettante al T.T. per la
concessione di ipoteca, a garanzia del cui adempimento quest’ultimo
riceveva dal A.A. l’assegno bancario descritto nel capo di imputazione.
Come già accennato, anche questa seconda parte della condotta
incriminata costituisce oggetto di esplicita contestazione iniziale, sicchè non
ricorre alcun mutamento del fatto contestato e ciò impedisce di ipotizzare
qualsiasi violazione dell’art. 521 cod.proc.pen. .
E, quanto al tema del diritto dell’imputato a conoscere la contestazione e le

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derivano”. Ancor di recente (Sez.

qualificazioni della stessa, si è condivisibilmente affermato (S.U., n. 31617
del 26/06/2015, Rv. 264438; Sez. 2, n. 5260 del 24/01/2017, Rv.
269666), in tema di correlazione tra accusa e sentenza, che non è
configurabile la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. qualora
nell’imputazione figurino elementi di fatto che rendano almeno prevedibile
la diversa qualificazione giuridica del fatto come uno dei possibili epiloghi
decisori del giudizio, in relazione al quale l’imputato ed il suo difensore
abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire,

nella fattispecie, laddove la presenza della contestazione “in fatto” della
consegna di un assegno (in garanzia di obbligazioni che non si intendevano
adempiere) è palese. Peraltro, in caso di mutamento in appello della
qualificazione giuridica, la garanzia del contraddittorio – prevista dall’art.
111 Cost. e dall’art. 6 CEDU così come interpretato dalla Corte EDU – resta
pur sempre assicurata dalla possibilità di contestare la diversa definizione
mediante il ricorso per cassazione (Sez. 3, n. 22296 del 09/03/2017, Rv.
269992). Possibilità della quale il ricorrente si è concretamente avvalso,
seppure prospettando argomenti non consentiti o manifestamente
infondati, come si dirà a breve.
3. Ed infatti, il terzo motivo (con il quale si contesta la sussistenza
dell’elemento oggettivo della dissimulazione del proprio stato di insolvenza)
tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla
ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio, rimessi
alla esclusiva competenza del giudice di merito. Nel caso in esame, il
giudice di appello ha ritenuto che, rispetto alla obbligazione assunta dal
A.A. con la scrittura privata del 25.10.2010, lo stato di insolvenza della
società FX Group srl (per la quale l’imputato agiva), pur precedentemente
rappresentato alla persona offesa (cfr. pag. 2 della querela, nonchè pagg. 6
e 16 del verbale stenotipico della audizione del T.T.), dovesse apparire
agli occhi del T.T., anche per le ampie rassicurazioni fornite
dall’imputato, come del tutto superato, specialmente dopo l’erogazione del
mutuo di C 150.000 ottenuto grazie all’ipoteca concessa dalla persona
offesa. In quest’ultima condizione il A.A., secondo la ragionevole
valutazione della Corte territoriale, ha evidentemente potuto contrarre
l’obbligazione nei confronti del T.T. dissimulando sia lo stato di
insolvenza, sia l’intenzione di non adempiere.
3.1. Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi

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conformemente all’art. 111 Cost. e all’art. 6 CEDU. Evenienza verificatasi

adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una attenta
valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto
esente da incongruenze logiche e da contraddizioni evidenti. Tanto basta
per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede, non
essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la
valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se
questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso
esauriente e plausibile.

degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione
è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare
il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n.
6402 del 30/04/1997, Dessimone, P.V. 207944; n. 24 del 24/11/1999,
Spina, RV. 214794; n. 12 del 31/05/2000, Jakani, RV. 216260; n. 47289
del 24/09/2003, Petrella, RV. 226074).
4.

Per le medesime considerazioni anche il quarto motivo risulta

inammissibile, posto che la Corte territoriale ha logicamente ravvisato la
prova della intenzione di non adempiere l’obbligazione di pagamento
assunta in data 25.5.2010 (pari ad C 50.000, da corrispondere in 10 rate
mensili) nel fatto che l’assegno appositamente dato in garanzia (con invito
a non negoziarlo) è stato reso inesigibile già dall’agosto 2010; condotta a
cui ha fatto seguito la chiusura del conto corrente. Azioni, evidentemente,
incompatibili con l’iniziale volontà di adempiere.
5. L’inammissibilità del ricorso , con la conseguente mancata instaurazione
di un valido giudizio di impugnazione, impedisce di rilevare la prescrizione
del reato eventualmente maturata.
6. Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili
di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma,
che ritiene equa, di euro a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila alla cassa delle

4

Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura”

ammende.

Così deciso il 20/06/2018.

Il Presidente

PIERC M LLO DAVIGO

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