Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3421 del 08/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3421 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FOTI STEFANO N. IL 20/02/1969
avverso la sentenza n. 182/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
12/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;
Data Udienza: 08/10/2013
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Messina, con sentenza in data 12 ottobre 2012, in parziale
riforma della condanna pronunciata dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in data 19
aprile 2010, nei confronti di Foti Stefano, ritenuto colpevole del delitto di ricettazione di
assegno bancario di provenienza illecita, riduceva la pena in anni uno mesi quattro di
reclusione ed euro 400 di multa.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando violazione di
circa la provenienza illecita dell’assegno.
Il motivo di ricorso non è consentito, poiché, secondo il costante insegnamento di
questa Suprema Corte esula dai poteri della Corte stessa quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali(per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con
motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo
convincimento, evidenziando che emerge “dall’accertamento di consulenza in atti
l’attribuibilità al medesimo [imputato] delle scritturazioni relative all’importo in lettere ed al
nominativo del beneficiario apposte sull’assegno”, mentre “nessun sicuro elemento conduce
invece a tale Starvaggi, soggetto che dallo stesso Foti è stato indicato quale datore per causa
lecita dell’assegno in questione”.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge evidente dal
contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene equa, di euro
1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.
legge e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza della consapevolezza del Foti