Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34203 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 34203 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BENEVENTO
Nei confronti di
BORODI LENUTA n. 6/9/1990
MELILLO VINCENZO n. 3/5/1951
LA VITA IOANA CORNELIA n. 13/11/1990
CAROSCIO ANTONIO n. 20/4/1944
avverso la sentenza 5138/2012 del 15/5/2013 del GIUDICE DELL’UDIENZA
PRELIMINARE DEL TRIBUNALE DI BENEVENTO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ALDO POLICASTRO che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
Udito il difensore di Melillo avv. LEOPOLDO PAPA che ha chiesto dichiararsi il
ricorso inammissibile
Udito il difensore di Caroscio avv. CAMILLO CANCELLARIO che ha chiesto
dichiararsi il ricorso inammissibile
CONSIDERATO IN FATTO
il pubblico ministero presso il Tribunale di Benevento propone ricorso
avverso la sentenza di proscioglimento ex articolo 425 emessa dal giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Benevento nei confronti di Borodi
Lenuta, Lavita Ioana Cornelia e Caroscio Antonio. Le imputazioni riguardavano
una contestazione di corruzione ex artt. 319 ter e 321 cod. pen e falsa

Data Udienza: 02/07/2014

testimonianza commessa in un processo a carico di Lavita Ioana Cornelia e
Kovacs Alexandra Loredana.
Queste ultime due, che dividevano l’abitazione con la Borodi Lenuta, erano
state da lei accusate di averla picchiata per impadronirsi del telefono e del
computer di sua proprietà. Nel corso del successivo processo per rapina a carico
di Lavita e Kovacs, la Borodi modificava versione dei fatti affermando di non
essere stato affatto picchiata per la finalità di sottrazione dei citati oggetti, che il
telefono non era suo bensì della Kovacs e che il computer apparteneva a tutte e

Secondo il PM, tale dichiarazione resa in dibattimento era falsa ed indotta
dall’avvocato di Lavita, Caroscio, che dava o, comunque, prometteva alla
testimone C 1000 per modificare la versione dei fatti. Tale accusa fondava
innanzitutto sul dato incontrovertibile della differenza tra le dichiarazioni rese in
fase di indagini e la versione offerta nel processo e, poi, sulle intercettazioni
telefoniche in cui Lavita parlando con la madre e con la Borodi riferiva
espressamente della promessa di denaro ricevuta e delle istruzioni che le
dovevano essere date dall’avvocato in ordine alle dichiarazioni da rendere.
Il gup riteneva che non vi fossero elementi a sostegno di tale versione.
Innanzitutto non poteva ritenersi oggettivamente sussistere una falsa
testimonianza in quanto, come risultava dalla motivazione della sentenza del
Tribunale che valutava la testimonianza della Borodi, quest’ ultima aveva
soltanto offerto una diversa ricostruzione dell’accaduto dando una plausibile
spiegazione delle ragioni della diversità delle circostanze riferite; ed il Tribunale,
del resto, non aveva ritenuto esservi falsità della testimonianza, assolvendo le
due imputate perché il fatto andava qualificato quale esercizio arbitrario delle
proprie ragioni, non procedibile per mancanza di querela della persona offesa.
Poi, osservava il gup, le telefonate intercettate non avevano quale contenuto la
trattativa sulla falsa testimonianza bensì la trattativa sul risarcimento del danno
e la remissione di querela.
In conclusione, non vi era prova della falsa testimonianza né si poteva
ritenere che la somma di euro 1000 fosse finalizzata alla corruzione avendo
invece una legittima e diversa giustificazione; e, comunque, non risultava il
concorso del Caroscio.
Il pubblico ministero rileva in tale sentenza la violazione di legge e la
manifesta illogicità della motivazione ritenendo che il giudice procedente abbia
utilizzato quale parametro di valutazione la adeguatezza degli elementi acquisiti
per dimostrare la colpevolezza o l’innocenza e, comunque, abbia valutato il
materiale probatorio in modo manifestamente illogico.

tre.

Quanto alla falsità o meno della testimonianza della Borodi, il giudicante,
oltre ad effettuare una valutazione del merito per giungere ad una decisione
definitiva, in modo illogico sostiene che si tratti semplicemente di una diversa
ricostruzione dell’accaduto laddove il confronto tra i verbali di denuncia ed il
verbale di udienza della deposizione della Borodi, dimostra la totale differenza
delle due versioni dei fatti. Il Tribunale non poteva, comunque, tener conto nel
merito delle dichiarazioni rese fuori dal processo e ciò impediva l’accertamento
della falsità, per cui il dato della assoluzione non era affatto rilevante per
anche le intercettazioni telefoniche; il PM impugnante ne riporta una sintesi per
osservare che è testuale che non vi fosse affatto una relazione tra pagamento e
remissione della querela ma che gli interlocutori facevano riferimento ad un
accordo sulla versione dei fatti da rendere in dibattimento. Al ricorso sono stati
allegati gli atti del procedimento.
La difesa di Caroscio ha presentato memoria per contrastare il ricorso del
pubblico ministero rilevando la correttezza delle argomentazioni del gup e che
era evidente come il contenuto dei dialoghi intercettati fosse riferibile alla
trattativa per il risarcimento dei danni.
Il ricorso è fondato.
Non è in questione se e come in sede di udienza preliminare possa essere
effettuato un apprezzamento del merito per valutare se, al di là della possibilità
o meno di sostenere l’accusa o della evidenza della non colpevolezza, il giudice
debba individuare l’esistenza di un quadro probatorio minimo per giustificare la
sottoposizione al processo. Difatti, nel caso di specie, a fronte di un materiale
probatorio certamente di adeguata consistenza, il giudicante effettua una
valutazione di merito che non è di per sé affatto in grado di giungere ad un
risultato di certezza, né individua ragioni per affermare la impossibilità di
ulteriore sviluppo dibattimentale, e comunque, svolge argomenti caratterizzati
da palesi illogicità che li rende del tutto inidonei a sostenere, sulla base delle
premesse in fatto rilevabili dal testo della sentenza, le date conclusioni.
Infatti:
la affermazione della rilevanza della decisione di assoluzione, pur facendo
riferimento a specifiche considerazioni della sentenza in cui era stata resa
la testimonianza ritenuta falsa, non è corretta in quanto le dichiarazioni
rese in fase di indagini non erano state ritenute utilizzabili ai fini della
decisione e, quindi, non era stato affatto affermata la veridicità della
nuova versione.

1/45-e2
tale sentenza di assolUyertanto, non è un elemento che consenta di

affermare in modo incontrovertibile la compatibilità tra le due diverse

escludere la falsità della testimonianza. Il gup aveva valutato in modo illogico

ricostruzioni dei fatti offerte dalla Borodi. Ne consegue che la decisione
del gup, facendo riferimento alla sola decisione nel processo per rapina,
motiva in modo solo apparente per contrastare l’argomento di accusa che
prospettava una sostanziale differenza tra la denuncia iniziale e la
versione offerta in dibattimento.
Quanto alla prova che il PM fondava sulle intercettazioni, la sentenza
impugnata ne affermava una presunta interpretazione univoca, ma la loro
semplice lettura, per come riportata in sintesi e con il rinvio al verbale in

effettivamente è stata data una lettura palesemente contraria al testo.
Quindi, senza ovviamente decidere quale possa essere la corretta
interpretazione, attività non consentita in questa sede di legittimità, può
comunque affermarsi come la interpretazione data dal giudicante, oltre a
non essere affatto univoca, ritiene di leggere nel testo delle conversazioni
un accordo sul risarcimento del danno e la remissione di querela, accordo
che non risulta affatto dal testo delle conversazioni.
Pertanto non ricorrevano nè le condizioni di palese insussistenza del fatto né
l’assenza di prospettiva di provarlo nel dibattimento, nè poteva negarsi che la
tesi di accusa fosse fondata su di un pur minimo quadro probatorio.
La sentenza deve essere quindi annullata senza rinvio con la trasmissione al
Tribunale di Benevento per l’ulteriore corso.
P.Q. M .

IGTkutujkliette

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ettasce al Tribunale di
Benevento per l’ lteriore corso.
ciso nella camera di consiglio del 2 luglio 2014
e estensore

il presiderìe

Stefano

Fra

atti del quale si sostiene il sostanziale travisamento, dimostra che

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