Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3420 del 20/11/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 3420 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Nocito Alfonso, nato a Busalla il 18.12.66
indagato artt. 2, 8 e 10 d.lgs 74/00

avverso la ordinanza del Tribunale per il Riesame di Firenze del 14.2.14

Sentita, in udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Giuseppe Corasaniti, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
Sentito il difensore dell’indagato avv. Luca Bechini, che ha insistito per l’accoglimento
del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’ordinanza del Tribunale per il
Riesame oggetto di gravame ha respinto l’appello proposto dal ricorrente contro il
provvedimento del G.i.p. che aveva applicato al Piccioni la misura interdittiva dall’esercizio
della professione di ragioniere-commercialista emessa in relazione all’accusa, rivolta al
ricorrente, di avere violato gli artt. 2, 8 e 10 d.lgs 74/00.3.

Data Udienza: 20/11/2014

2. Motivi del ricorso
tramite difensore, deducendo:

Avverso tale decisione, l’interessato ha proposto ricorso,

violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui si annette
2)
rilevanza e credibilità alle dichiarazioni “accusatorie” del sig. Balducci visto che questi non ha
mai menzionato l’odierno ricorrente.
Il gravame passa, quindi, in rassegna i restanti capi di accusa (23), 26), 27) e 28)) e
contesta la loro fondatezza perché, per quel che attiene al capo 23), si fa notare che viene
presupposta la falsità delle fatture per il solo fatto di essere state emesse dal sig. Balducci
quando, però, quest’ultimo divenne legale rappresentante della società solo nel 2009: per
quanto attiene alle altre incolpazioni, si sostiene l’assenza di indizi fondanti né – si dice – può
annettersi valenza alle intercettazioni visto che, dal loro contenuto, è agevole evincerne la
irrilevanza ai fini delle accuse al Nocito (in particolare, il ricorrente spiega come la conv. 335 con tale
Stefano non abbia il significato accusatorio che le è stato attribuito);

violazione di legge e vizio di motivazione per quel che attiene alla
3)
concretezza ed attualità delle esigenze cautelari visto che la richiesta del P.M. di misura
interdittiva è stata formulata a settembre 2013 quando ormai i fatti risalivano al maggio
precedente ed erano già stati acquisiti tutti gli elementi di indagine.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Motivi della decisione
3.
sicuramente infondato.

Il ricorso è, ai limiti dell’ammissibilità, e comunque,

Per comprendere le ragioni della presente decisione occorre, innanzitutto, por mente al
fatto che si sta trattando di un “appello” avverso una reiezione in materia cautelare sulla quale
è già intervenuta una richiesta di riesame ed una relativa pronunzia da parte del Tribunale a
ciò competente che è stata anche confermata da questa S.C. (sez. m, 2.7.14, n. 3325/14).
Ne deriva che è decisamente un fuor d’opera riproporre in questa sede temi già
affrontati e decisi in occasione del riesame della misura senza che siano intervenuti, medio
tempore, nuovi elementi.
3.1. Per quel che attiene, poi, alla questione posta dal ricorrente con il primo
motivo, deve, comunque, rappresentarsi che è orientamento recente e costante di questa S.C.
(Sez. III, 20.4.11, Romiti, Rv. 250339; Sez. III, 8.5.08, Lunetto, Rv. 240247,

che contrastano una sola decisione difforme e,

quello secondo cui la fattispecie di cui al D.Lgs.
n. 74 del 2000, art. 2, comma 3 non è un’autonoma fattispecie di reato, ma una circostanza
attenuante del reato di cui al comma 1 dello stesso articolo, perché non prevede una diversa
condotta, ma si limita a prevedere una pena più lieve per il caso di violazioni di minore entità
economica. Tuttavia, a prescindere dal fatto che, semmai, il rilievo avrebbe dovuto essere
mosso in sede di riesame (cosa non avvenuta come si evince dalla sentenza di questa stessa sezione in data
2.7.14 n. 3325), sta di fatto che esso, per il modo in cui è stato qui proposto, è generico. Inoltre,
la questione tralascia di considerare che – come sottolineato anche dal Tribunale – al
ricorrente sono ascritti quattro reati tra i quali anche la violazione dell’art. 10 che, di per sé
solo, legittima la misura interdittiva di cui si discute. A tale ultimo proposito, infatti, la critica

comunque, precedente: Sez. III, 6.3.08, Palamà, Rv. 239919)

2

1) erronea applicazione della legge in quanto l’art. 2 comma 3 d.lgs 74/00,
prima della sua abrogazione prevedeva una ipotesi autonoma di reato (sez. III, 6.3.08, n. 23064)
con il risultato che la pena da applicare era da sei mesi a due anni e, per l’effetto, non avrebbe
potuto essere applicata la misura interdittiva. Medesimo discorso vale per la contestazione
dell’art. 8.
In relazione alla presunta violazione dell’art. 10, il ricorrente sostiene che l’accusa è
palesemente infondata perché tutte le fatture sono state reperite facilmente dal tecnico della
Procura;

Per le medesime ragioni appena dette, non possono trovare accoglimento le
3.2.
considerazioni – peraltro fattuali – che formano oggetto del secondo e terzo motivo del
presente ricorso. In esse, a ben vedere, si tenta solo una riproposizione del bagaglio indiziario
per cercare di indurre questa Corte ad una sua rivisitazione per trarne conseguenze diverse e
più favorevoli.
Quasi superfluo ribadire ancora una volta che tale non è il compito della sede di
legittimità. Tanto più che, come detto, il tema della sussistenza di indizi di reità è stato
affrontato e risolto in sede di riesame con decisione che questa sezione ha confermato.
Non a caso, perciò, anche il presente provvedimento si risolve in un richiamo (f. 6), da
parte del Tribunale, al proprio precedente che, in difetto di nuovi elementi o deduzione di fatti
sopravvenuti, non poteva che essere confermato essendo principio giurisprudenziale acquisito
(S.U. 31.3.04, Donelli, Rv. 227359) che, in difetto di nuove acquisizioni probatorie che implichino un
mutamento della situazione di fatto sulla quale la decisione sul riesame era fondata, sono
precluse nel procedimento cautelare d’appello questioni già dedotte in precedenza.

Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali
P.Q. M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 novembre 2014
Il Presidente

qui svolta è decisamente vaga ed assertiva di “infondatezza” dell’accusa e, soprattutto, non
tiene conto del giudicato cautelare formatosi con la reiezione della richiesta di riesame da parte
di questa S.C. nella citata sentenza del 2.7.14.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA