Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34199 del 12/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 34199 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PILLERA GIUSEPPE N. IL 10/04/1952
avverso la sentenza n. 4052/2012 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA,
del 17/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. -;

Uditi difensor Avv •

)

Data Udienza: 12/03/2014

Ritenuto in fatto e diritto
1. Pillera Giuseppe, anche tramite il proprio difensore e procuratore speciale ,
propone ricorso straordinario ex art 625 bis cod.proc.pen. avverso la sentenza
della Sezione seconda di questa Corte , distinta dal nr 170 e depositata il 16
aprile 2013, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal
Pillera avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania nr 669/10 del 4
luglio 2011 ; sentenza, quest’ultima,

con la quale venne confermata la

condanna in primo grado emessa ai danni del Pillera per il reato di truffa

falsamente la corresponsione di assegni familiari nei prospetti paga relativi ad un
lavoratore).
2.

L’errore in fatto addotto a sostegno del ricorso si lega alla mancata

declaratoria di intervenuta estinzione del reato ancor prima della sentenza di
appello. Si evidenzia nel gravame che, come correttamente affermato dalla Corte
nella sentenza impugnata, la data di consumazione del reato non poteva farsi
risalire alla data di conclusione del rapporto di lavoro con il dipendente in
riferimento al quale venne operata la falsa indicazione dell’indennità mai
corrisposta ma con il momento di realizzazione del profitto ingiusto, id est quella
della contabilizzazione del vantaggio , realizzata a seguito della presentazione
dei relativi DM10. Senonché, per come emergeva dagli atti del processo, l’ultima
busta paga relativa al rapporto con il detto lavoratore risaliva per forza di cose al
31 dicembre 2001, mentre il relativo DM 10 non poteva che essere presentato
entro il giorno 16 del mese successivo, sicché, a tale ultima data, quella del 16
gennaio 2002, doveva farsi risalire la consumazione ed il tempo di decorrenza
della prescrizione.
Da qui l’errore in fatto destinato ad inficiare la sentenza impugnata giacchè in
ragione di tanto la Corte, seguendo l’impostazione sottesa alla linea
argomentativa tracciata, avrebbe dovuto dichiarare l’intervenuta estinzione del
reato per prescrizione in data antecedente la sentenza in grado di appello.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. L’errore addotto a sostegno del gravame si lega ad una prospettazione diversa
da quella seguita dal ricorrente in sede di articolazione dell’originario riscorso di
legittimità laddove la prescrizione invocata era legata alla data di cessazione del
rapporto quando per contro , come correttamente indicato in sentenza , non
occorreva guardare a siffatto momento ma a quello della contabilizzazione della
ragione di profitto al fine di individuare il momento di consumazione e poi di
decorrenza della prescrizione.

(segnatamente, per avere trattenuto indebiti rimborsi previdenziali attestando

Si evidenzia, sempre in sentenza , che nulla veniva indicato in senso contrario
dalla difesa, ciò, implicitamente ma altrettanto evidentemente, rispetto alla data
di siffatta contabilizzazione siccome diversa da quella indicata in contestazione.
La sentenza , dunque , contiene una valutazione assorbente sulla prescrizione, in
linea con la logica e le indicazioni in diritto che la connotano; valutazione, non
importa in questa sede se corretta o meno, destinata a colmare esaustivamente
gli spazi della contestazione sottesa all’odierno ricorso, avendo la Corte , tanto
implicitamente quanto inequivocabilmente, in assenza di altri elementi di segno

quella indicata nella contestazione.
Si vede/ dunque 1 evidentemente al di fuori dell’ipotesi dell’errore percettivo
legittimante il rimedio straordinario azionato.
5. Vi è di più.
Il ricorso appare generico ed evasivo proprio con riferimento alla individuazione
della data legata alla effettiva consumazione del reato. Lega , infatti , tale
momento ad un automatismo estraneo alla realtà sottesa alla vicenda in fatto ed
al principio in diritto dettato dalla Corte e seguito nel formulare la doglianza.
La compensazione non opera infatti automaticamente entro il giorno 16 del mese
successivo a quello di corresponsione della retribuzione; presuppone, piuttosto,
che il datore di lavoro abbia effettivamente provveduto al versamento del
conguaglio in favore dell’INPS del dovuto a titolo contributivo una volta detratto
quanto indebitamente compensato / nella specie per le causali sottese alla
contestata truffa. E nel caso siffatto adempimento, quello effettivamente utile ad
una diversa configurazione della data di consumazione utile alla prescrizione ,
non risultava specificatamente addotto nel ricorso originario e non risulta
neppure indicato nel presente gravame.
6.

Alla inammissibilità del gravame segue la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle
Ammende liquidata come da dispositivo
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 300 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso il 12 marzo 2014
Il Consigliere estensore

;Il Presid

contrario, ritenuto non individuata una data di consumazione del fatto diversa da

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