Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34193 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 34193 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) MAGAGNINO Antonio, n. Matino (Le) 6.11.1962
2) CATACCHIO Michele, n. Taranto 7.6.1968
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 9244/12 del 13/12/2012

esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto PG, dott. M. G. Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore della parte civile, avv. Giovanni Ciccazzo, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la rifusione delle spese processuali per la fase del giudizio come da separata nota;
udito il difensore dei ricorrenti, avv. Stefano Fusco, che ha insistito per raccoglimento dei
ricorsi

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza sopra indicata, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma di quella

Data Udienza: 08/07/2014

emessa dal Tribunale di Viterbo in composizione monocratica in data 20/04/2005, dichiarava
non doversi procedere nei confronti di Magagnino Antonio e Catacchio Michele per sopravvenuta prescrizione in ordine ai reati di cui ai capi A (artt. 110, 594 cod. pen.) e B (artt. 110, 582,
585 cod. pen.) eliminando le relative pene; rideterminava la pena relativa ai residui reati di cui
ai capi C e D (artt. 110, 479 cod. pen.) in otto mesi e dieci giorni di reclusione ciascuno,
confermando le statuizioni in favore della parte civile Pompei Fabrizio Maria.

Rinviando in larga parte alle argomentazioni del primo giudice quanto alla storicità e veridicità
dei fatti di lesione ascritti agli imputati, all’epoca Carabinieri in servizio nella città di Viterbo, la

dell’insussistenza di lesioni a carico di quest’ultimo al momento della sua conduzione e del
successivo trattenimento in caserma; riteneva, inoltre, congrua la pena sopra indicata per i
residui delitti di falso contestati ai due militari.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, deducendo plurimi motivi di censura: a) nullità dell’udienza preliminare per non avere il giudice di propria iniziativa concesso
termine a difesa al difensore nominato d’ufficio agli imputati, che non l’aveva richiesto; b)
difetto di motivazione della sentenza impugnata, largamente argomentata per relationem
rispetto alla decisione di primo grado; c) vizio di motivazione per erronea valutazione delle
risultanze sanitarie, senza avere tenuto conto delle valutazioni medico – legali del consulente
prof. Umani Ronchi in ordine all’evento del cd. ‘tombamento’ dell’ematoma; d) vizio di motivazione in ordine all’affermata responsabilità dell’imputato Catacchio a titolo di concorso nel reato di falso; e) violazione di legge in ordine alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche in prevalenza rispetto alle contestate aggravanti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. If ricorsirisuittrnfondaté. e come tale.. deveitsere rigettati.

3.1

Risulta destituito di fondamento il primo motivo di censura, concernente la pretesa nullità

dell’udienza preliminare per mancata concessione di un termine a difesa al difensore d’ufficio
nominato agli imputati, cui è sufficiente rispondere che poiché il predetto difensore non aveva
richiesto il termine, non competeva al giudice concederlo d’ufficio.

La concessione del termine a difesa di cui all’art. 108 cod. proc. pen. presuppone, infatti, una
specifica richiesta del difensore e qualora essa manchi non sussiste l’obbligo del giudice di disporla d’ufficio, considerato che, in tal caso, imprescindibili esigenze di buona organizzazione e

2

Corte confermava le statuizioni in favore della parte civile Pompei, respingendo la tesi difensiva

di ragionevole durata del processo ne esigono la prosecuzione e che il termine a difesa non può
essere imposto al difensore d’ufficio senza rendere il giudice del processo giudice della difesa
tecnica (principio pacificamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte e ribadito da
ultimo da Cass. Sez. 5, n. 672 del 21/11/2013, Severini, Rv. 257962).

3.2

Infondato si rivela anche il secondo motivo di ricorso.

Ancorché la motivazione della sentenza impugnata non si segnali per una particolare attitudine
alla descrizione dei particolari, tuttavia essa fa uso della tecnica del rinvio per relationem alla

tino frutto di autonome valutazioni dei giudici di secondo grado, che hanno infatti su alcuni
punti doverosamente riformato la decisione appellata.

3.3 Del tutto generico e quasi criptico appare il terzo motivo di ricorso: non si comprende, in-

fatti, in che modo le argomentazioni svolte dalla Corte in ordine all’ematoma riportato dalla
parte civile Pompei (nemmeno menzionata), asseritamente in contrasto rispetto alle considerazioni medico – legali svolte dal prof. Umani Ronchi (non è chiaro se perito nominato dal giudice
o consulente di parte), abbiano inciso sulle valutazioni del cd. tfbmbamentedell’ematoma stess o.

3.4

Analoghe considerazioni valgono per la doglianza concernente l’apporto causale fornito alla

consumazione deP reatD di falso sub C (artt. 110,A8,A0 e 479 cod. pen.) – non ancora
prescrittD poiché ad essDapplicabile il previgente e più rigoroso regime prescrizionale, in quanto
già pendente l’appello alla data di pronunzia della sentenza Corte Costituzionale n. 393 del 26
novembre 2006 – dal ricorrente Catacchio, di cui si protesta apoditticamente l’assenza di responsabilità sulla base di dichiarazioni a discolpa da 9,eji stesso rilasciate.

3.5

II quinto motivo di ricorso postula, invece, per come in concreto articolato

(‘in sentenza

vengono concesse agli odierni appellanti [sic] attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti,
mentre andavano concesse in misura prevalente …9, una valutazione di merito sostitutiva di
quella operata dai giudici d’appello, che rimane estranea alle attribuzioni di questa Corte di
legittimità.

Quanto al corretto adempimento dell’obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di
circostanze eterogenee, appare sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto
al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei
fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, la motivazione sul
punto ove aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e logicamente
3

sentenza di primo grado, il che non vuol dire che le determinazioni in essa assunte non risul-

corretta (Cass. Sez. 1, sent. n. 3163 del 28/11/1988, Donato, Rv. 180654; conf. mass. n.
172148, n. 173274 e n. 172581).

4. Al rigetto deL ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile costituita per questa
fase del giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali vgla rifusione
delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile Pompei Fabrizio Maria ) che liquida in
complessivi Euro 3.000,00 oltre spese generali, IVA e CPA.
Roma, 08/07/2014
Il P esid nte
dott. Nicol Milo

P. Q. M.

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