Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34180 del 18/06/2014
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34180 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: FIDELBO GIORGIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Davide Tramacere, nato a Mesagne (BA) il 27.11.1983
avverso la sentenza del 7 giugno 2012 emessa dalla Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Lecce ha
parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Brindisi del 17 febbraio
2010, riconoscendo all’appellante Davide Tramacere, imputato del reato di
Data Udienza: 18/06/2014
evasione per essersi allontanato dalla propria abitazione nonostante fosse
sottoposto a detenzione domiciliare, la circostanza attenuante prevista
dall’ultimo comma del citato art. 385 c.p., ritenuta equivalente, assieme alle
attenuanti generiche già considerate, alla recidiva, confermando la pena
applicata dal primo giudice.
L’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione e ha
dedotto la contraddittorietà della motivazione e l’erronea applicazione della
legge penale in relazione alla pena applicata in seguito al riconoscimento della
circostanza attenuante di cui all’art. 385 comma 4 c.p.
Secondo il ricorrente il giudice d’appello dopo avere ritenuto sussistente
l’attenuante della costituzione in seguito all’evasione, che ha natura speciale,
avrebbe dovuto applicare un trattamento sanzionatorio più mite, mentre ha
confermato la pena applicata in primo grado.
3. I motivi proposti sono infondati.
Le Sezioni unite di questa Corte, risolvendo un contrasto di giurisprudenza,
hanno, di recente, stabilito che “il giudice di appello, dopo aver escluso una
circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in
accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel
divieto di reformatio in peius, confermare la pena applicata in primo grado,
ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia
accompagnato da adeguata motivazione” (Sez. un., 18 aprile 2013, n. 33752,
Papola), escludendo così che la conferma della pena si risolva nella violazione
dell’art. 597 comma 4 c.p.p. e del divieto di reformatio in peius.
A tale principio di diritto ritiene di conformarsi questo Collegio, rilevando
che correttamente la Corte d’appello di Lecce ha motivato in ordine alle
ragioni per cui ha ribadito il giudizio di equivalenza tra le circostanze
attenuanti generiche e la recidiva contestata, confermando la pena applicata
dal primo giudice, nonostante il riconoscimento dell’attenuante di cui all’ultimo
comma dell’art. 385 c.p.
L’infondatezza dei motivi determina il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
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2.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 18 giugno 2014
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