Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34176 del 08/04/2014
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34176 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO
Data Udienza: 08/04/2014
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CORSONI PIER LUIGI N. IL 26/06/1970
avverso la sentenza n. 2542/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
25/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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■ RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 25 settembre 2012 la Corte d'appello di Firenze ha confermato
la sentenza emessa in data 20 dicembre 2010 dal Tribunale di Siena, sezione distaccata di
Poggibonsi, che riteneva Corsoni Pier Luigi colpevole dei reati di illecita detenzione,
acquisto e cessione di sostanze stupefacenti del tipo eroina, di cui ai capi sub A), B), C),
D), H), I), 3), K), L) ed M), commessi in Siena, Poggibonsi ed altre località dal novembre
2006 al gennaio 2007, condannandolo alle pene della reclusione di anni 2 e mesi 9
Fes1u&iefged euro 10.000,00 di multa, previa unificazione dei fatti sotto il vincolo della
continuazione, con il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del D.P.R. 2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d'appello di Firenze ha proposto
ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato, deducendo sei motivi di
doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente riassunto. 2.1. Violazione dell'art. 125, comma 3, c.p.p., per omessa motivazione in relazione
ai motivi d'appello depositati dalla difesa, avendo la Corte di merito esposto
argomentazioni del tutto apodittiche circa l'affermazione della penale responsabilità del
Corsoni. 2.2. Violazione dell'art. 268, comma 3, c.p.p., riguardo alle operazioni di intercettazione telefonica svolte presso i locali del Comando provinciale dei Carabinieri di
Siena, reparto operativo, pur essendo indicato nel decreto di intercettazione, emesso dal
P.M. e datato 22 novembre 2006, che le relative attività dovevano essere compiute per
mezzo di impianti installati nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena. Il
decreto di autorizzazione delle operazioni di ascolto presso gli Uffici di P.G. non risulta
specificamente motivato circa la fondatezza dei requisiti di insufficienza o di inidoneità
degli impianti della Procura: la motivazione, infatti, riguarda solo le operazioni di
intercettazione disposte con decreto del 6 dicembre 2006, e non anche quelle svolte sulla
base del decreto del 22 novembre 2006, che sono state effettuate secondo criteri diversi
da quelli indicati. V'è, inoltre, una palese contraddizione tra il decreto del 6 dicembre
2006, che autorizza le intercettazioni sulle conversazioni relative a tre utenze ivi indicate,
e quello emesso in pari data solo per la prima delle stesse, poiché solo in tale ultimo caso
l'autorizzazione prevede che le operazioni di ascolto dovranno effettuarsi presso gli
impianti della Procura, il che significa che vi era la disponibilità di impianti presso tale
Ufficio. Si denunzia, infine, l'erronea applicazione dell'art. 268, comma 3, c.p.p., anche
con riferimento al decreto del 26 aprile 2007, per l'insussistenza di idonea motivazione
circa la indisponibilità delle attrezzature presso i locali della Procura. 2.3. Violazione degli artt. 128 e 267 c.p.p., circa l'omessa attestazione, da parte
dell'ausiliario, dell'avvenuto deposito in Cancelleria del decreto di proroga delle attività di
intercettazione emesso dal G.i.p. presso il Tribunale di Siena in data 4 dicembre 2006, dal 1 n. 309/90 e l'esclusione delle circostanze attenuanti generiche. momento che lo stesso presenta la mera apposizione di un timbro, senza la sottoscrizione
della Cancelleria idonea ad attestare la veridicità dell'avvenuto deposito. 2.4. Violazione dell'art. 125 c.p.p. circa la illeggibilità della sottoscrizione del
provvedimento autorizzativo delle intercettazioni da parte del Giudice, rappresentando
tale sottoscrizione uno dei requisiti formali essenziali dei provvedimenti giurisdizionali,
consentendo la corretta individuazione del giudice - persona fisica da cui la relativa
decisione promana. 2.5. Vizi motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'art.
negato di avere acquistato sostanza stupefacente dal Corsoni, e che quest'ultimo ha
confermato, in sede di esame, di acquistare e fare uso di sostanza stupefacente del tipo
eroina. Dalle intercettazioni, inoltre, emergono meri sospetti, senza che sia stata
sufficientemente dimostrata la condotta di detenzione a fini di spaccio dello stupefacente
acquistato. Né, infine, vi è prova che le prime tre lettere dell'alfabeto indicavano
determinate dosi della sostanza stupefacente che i diversi soggetti in contatto con il
Corsoni intendevano acquistare. 2.6. Vizi motivazionali riguardo alla richiesta di riconoscimento delle attenuanti
generiche e, comunque, di rideterminazione della pena in senso più favorevole secondo i
criteri dettati dall'art. 133 c.p., essendo stata siffatta richiesta rigettata sulla base di un
generico riferimento ai precedenti soggettivi del Corsoni. CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato per le ragioni di seguito esposte e
precisate. 4. Inammissibile, in primo luogo, perché genericamente formulato, deve ritenersi il
primo motivo di doglianza, dal ricorrente enunciato senza specificare quali siano i punti e i
capi della sentenza fatti oggetto di censura. 5. Palesemente infondati, inoltre, devono ritenersi il terzo motivo - deducendosi al
riguardo, in assenza di ogni contestazione sulla data di deposito dell'atto presso la
Procura della Repubblica, una mera irregolarità, non produttiva di alcuna ipotesi di nullità ex art. 177 c.p.p. - ed il quarto motivo di ricorso, ove si consideri il pacifico insegnamento
giurisprudenziale dettato da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 7476 del 18/01/2008, dep.
19/02/2008, Rv. 239009), secondo cui la illeggibilità della sottoscrizione di un
provvedimento da parte del giudice non è causa di nullità dell'atto, non rilevando, ai fini
della validità formale dello stesso, l'identificazione, tramite la sottoscrizione, della persona
fisica del giudice, peraltro agevolmente individuabile tramite i registri esistenti presso la
Cancelleria. 2 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/90, avuto riguardo al fatto che tutti i testimoni hanno 6. Non meritevole di accoglimento deve ritenersi, analogamente, la seconda censura
dal ricorrente prospettata, avendo i Giudici di merito adeguatamente risposto alle
eccezioni difensive, nell'osservare che i vari atti processuali adottati in materia di
intercettazioni riposano su un congruo apparato motivazionale e che, in particolare, il
decreto emesso dal P.M. in data 6 dicembre 2006 contiene un motivato richiamo alle
ragioni giustificative della necessità di eseguire le relative operazioni di intercettazione
presso gli uffici della P.G., data l'assenza di apparecchiature disponibili presso le sale della
Procura della Repubblica, sì da consentire l'intercettazione di tutte le utenze utilizzando la
medesima postazione, in modo da poter integrare i risultati di ciascuna di esse in tempo P.M. in data 26 aprile 2007, laddove contiene un richiamo, in ordine alla situazione di
permanente indisponibilità degli impianti presso la Procura della Repubblica, alle ragioni
giustificative già evidenziate nella parte motiva del precedente decreto emesso in data 24
marzo 2007.
Al riguardo, inoltre, giova richiamare l'insieme delle implicazioni legate
all'affermazione del principio di diritto, dalla cui osservanza i Giudici di merito non
risultano affatto aver decampato, che questa Suprema Corte ha ormai da tempo stabilito
(Sez. Un., n. 36359 del 26/06/2008, dep. 23/09/2008, Rv. 240395; Sez. 1, n. 35643 del
04/07/2008, dep. 18/09/2008, Rv. 240988), allorquando ha chiarito che la
"remotizzazione" delle intercettazioni presso gli uffici di polizia giudiziaria non esclude la
piena utilizzabilità dei risultati di tale mezzo di ricerca della prova, essendo sufficiente che
la "registrazione" sia avvenuta per mezzo di impianti installati presso la Procura della
Repubblica, anche se le operazioni di "ascolto", verbalizzazione e riproduzione dei dati
così registrati siano eseguite negli uffici della polizia giudiziaria.
Dagli atti processuali, in tal senso, non emerge alcuna prova che le relative
operazioni siano state materialmente eseguite al di fuori della Procura, né la predetta
"remotizzazione" pregiudica, sotto altro ma connesso profilo valutativo, l'effettività delle
garanzie della difesa, alla quale è sempre consentito l'accesso alle registrazioni originali. 7. Parimenti infondate devono ritenersi le doglianze enucleate nel quinto motivo di
ricorso, avendo i Giudici di merito offerto, con congrue e lineari argomentazioni, piena
giustificazione dell'epilogo decisorio cui sono concordemente pervenuti, allorquando hanno
posto in rilievo, sulla base di una compiuta rappresentazione del contenuto delle
conversazioni oggetto di intercettazione telefonica, i viaggi effettuati dall'imputato a
Perugia per rifornirsi di sostanze stupefacenti da cittadini extracomunitari, i quantitativi
oggetto di acquisto, i luoghi concordati per gli appuntamenti e le cessioni operate in
favore dei suoi clienti abituali.
Deve, al riguardo, rammentarsi il pacifico insegnamento giurisprudenziale dettato da
questa Suprema Corte (da ultimo, Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, dep. 21/08/2013,
Rv. 257784; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, dep. 20/11/2013, Rv. 258164), secondo
cui, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa
all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del 3 reale. Parimenti congrua deve ritenersi, inoltre, la motivazione del decreto adottato dal contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento, pertanto, non può essere sindacato
in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della
motivazione con cui esse sono recepite.
In sede di legittimità, dunque, è possibile prospettare una interpretazione del
significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto
in presenza di un travisamento della prova, ovvero nel caso, non ravvisabile nella vicenda
storico-fattuale qui considerata, in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in
modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (ex plurimis, Sez. 2, n. 38915/2007, Rv. 237994, Donno).
Nella specie, invero, non emergono affatto i presupposti e le condizioni di una impongono una realtà manifesta e priva di ambiguità, non concretizzabile nelle evenienze
vagliate dalla Corte distrettuale, il cui esito interpretativo in danno del ricorrente, di
contro, appare ragionevolmente motivato e sostenuto sulla base di un giudizio di merito
privo di incoerenze od illogicità, incentrato com'è sulla considerazione del contenuto dei
dialoghi, sulla natura dei rapporti intercorsi fra i soggetti che vi hanno preso parte e sul
concreto significato da attribuire all'oggetto dello scambio che vi affiorava.
Conclusivamente, deve ritenersi che i Giudici di merito hanno compiutamente
indicato le ragioni per le quali hanno ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la
configurazione del delitto oggetto del tema d'accusa, evidenziando al riguardo gli aspetti
maggiormente significativi, dai quali hanno tratto la conclusione che la ricostruzione
proposta dalla difesa si poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro smentita dal
complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un
quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e come tale in
nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logico argomentativa.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del
compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna
incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti
accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito, dovendosi la Corte di legittimità limitare a
ripercorrere l'iter argonnentativo ivi tracciato, ed a verificarne la completezza e la
insussistenza di vizi logici ictu °cui/ percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione alle correlative acquisizioni processuali. 8. Manifestamente infondate, infine, devono ritenersi le doglianze relative all'entità della pena, avendo i Giudici di merito, con motivazione congrua ed immune da
vizi logico-giuridici in questa Sede rilevabili, specificamente dato conto dell'esercizio dei
criteri di valutazione discrezionale al riguardo seguiti per commisurare il trattamento
sanzionatorio al caso concreto, allorquando hanno puntualmente replicato ai rilievi
difensivi, individuando le ragioni ostative alla concessione delle invocate attenuanti
generiche nella spiccata capacità a delinquere dell'imputato, desunta, segnatamente, dai 4 difformità connotata da "decisività ed incontestabilità", qualità, queste, che richiedono ed precedenti specifici a carico, dal carattere continuativo dell'azione criminosa e dai
connotati di organizzazione e professionalità che la sua attività aveva di fatto assunto.
Non viene in rilievo, infine, la novella legislativa portata dal D.L. n. 146/13, relativa
al disposto di cui all'ad 73, comma V, del D.P.R. n. 309/90 che ha trasformato l'ipotesi in
questione da mera attenuante del reato di cui al primo comma della medesima norma ad
autonoma fattispecie di reato, con la conseguente rideterminazione dei limiti edittali
massimi di pena (da sei a cinque anni). La pena base applicata nel caso di specie (due
anni e nove mesi) appare infatti perfettamente in linea con il nuovo dato normativo,
essendo ancorata ad una dosimetria certamente inferiore al nuovo limite edittale, il tutto
all'interno di una forbice complessiva tra minimo e massimo della pena sostanzialmente successivamente delineata dalla su citata novella legislativa. 9. Al rigetto del ricorso, conclusivamente, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, ex art. 616 c.p.p. . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, lì, 8 aprile 2014 Il Consigliere estensore rimasta identica sia nella formulazione vigente all'epoca del fatto, sia in quella