Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34167 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34167 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico ministero in persona del sostituto
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli,
avverso l’ordinanza emessa in data 3.3.2014 dal Tribunale di Napoli,
nei confronti di:
Vincenzo GIORDANO, nato Napoli il 14.9.1960.
Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Napoli, investito ex art. 309
cod. proc. pen. dalla richiesta di riesame proposta dall’imputato Vincenzo
GIORDANO, annullava l’ordinanza emessa in data 23.1.2014 dal Giudice per le
indagini preliminari nei confronti del Giordano limitatamente al delitto di omicidio
di Antonio Maroder, aggravato dalla premeditazione, dei motivi abietti e

Data Udienza: 15/07/2014

dell’avvalimento delle condizioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. nonché del fine
di favorire l’associazione di stampo camorristico denominata “clan Lago”,
commesso in concorso con Salvatore Cantiniello, Giuseppe Dell’Aversano, Enrico
Verde, Domenico Bidognetti e Luigi Diana in data prossima al 27.1.1997 (capo
A). Confermava invece detta ordinanza nella parte in cui aveva applicato al
Giordano la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di sequestro
di persona del Maroder, commesso al fine di ucciderlo, con le aggravanti dei
motivi abietti e dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (capo B).
A ragione, il Tribunale premetteva che il compendio probatorio in base al
quale era stato ricostruita la vicenda era costituito dalle risalenti dichiarazioni di
con sentenza dell’1.7.2002, la Corte di assise di Napoli aveva ritenuto di non
potere addivenire a condanna di Carlo Tonnmaselli e Pietro Lago per mancanza di
validi riscontri individualizzanti alle dichiarazioni del Contino a carico di costoro),
nonché dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie successivamente rese da
Enrico Verde, Luigi Diana e Domenico Bidognetti, ritenute sostanzialmente
concordi tra loro, e con le prime, con riguardo al movente, alle concrete modalità
di attuazione del sequestro prima e dell’omicidio poi, alle fasi preparatoria ed
esecutiva dei delitti.
Osservava quindi che, per quanto concerneva il coinvolgimento del
Giordano, Enrico Verde aveva chiaramente riferito che lo stesso aveva preso
parte all’appostamento finalizzato al sequestro del Maroder e al sequestro
stesso. E a fronte della accusa rivolte al Giordano da tale fonte diretta, potevano
considerarsi validi elementi di riscontro anche le dichiarazioni de relato, di
analogo contenuto, a suo tempo rese da Di Costanzo e Contino. Mentre appariva
irrilevante che del coinvolgimento del Giordano nel sequestro non avessero
parlato Bidognetti e Diana, l’omissione apparendo spiegabile sia per il gran
numero di persone che erano risultate coinvolte complessivamente nella vicenda
sia per il fatto che Bidognetti e Diana non avevano partecipato materialmente al
rapimento, intervenendo invece solo successivamente nella masseria (ove il
rapito era stato condotto, e perciò nella fase dell’omicidio).
Nessuno dei collaboratori, proseguiva il Tribunale, aveva invece riferito della
presenza del Giordano al momento dell’omicidio; non esistevano elementi per
ritenere che questo fosse stato informato dell’originario e complessivo disegno
degli altri indagati, finalizzato all’uccisione del Maroder, specie considerato che
tra le finalità del sequestro vi era anche quella di torturare il rapito per fargli
svelare dove si trovava il rifugio del Contino, capo del clan contrapposto; infine,
secondo quanto riferito dai collaboratori Di Costanzo e Verde, «l’ordine di
allontanare il Giordano» era stato impartito «quando il Maroder era ancora in
vita e veniva barbaramente torturato».
2. – Avverso detto annullamento ha proposto ricorso il Pubblico ministero, in
persona del sostituto Procuratore della Repubblica della Direzione Distrettuale
Antimafia presso il Tribunale di Napoli, chiedendone l’annullamento.
Denunzia vizi della motivazione e violazione di legge, rilevando che:
– secondo la prospettazione accusatoria (contraddittoriamente accolta dal
Tribunale del riesame) il sequestro del Maroder era stato realizzato frfine di

Giuseppe Contino, Giovanni Di Costanzo e Salvatore Grimaldi (in base alle quali,

portarlo al cospetto di Lago e ucciderlo (deponevano in tal senso le dichiarazioni
dei collaboratori Verde, Contino e Di Costanzo) e, comunque (come riconosceva
lo stesso Tribunale), al fine di torturarlo per fargli rivelare dove si trovava il covo
del Contino;
– il Tribunale aveva riconosciuto che il Giordano, artefice del sequestro e

– le riferite modalità violente del sequestro (il Maroder era stato legato e
chiuso nel bagagliaio della vettura) già consentivano di presumere il trattamento
che sarebbe stato riservato alla vittima;
– era in conclusione illogico e contraddittorio escludere che il Giordano non
fosse responsabile, almeno a titolo di dolo eventuale, anche dell’omicidio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.
Il Tribunale afferma che sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico del
Giordano per la partecipazione al sequestro del Maroder, appartenente al clan
Contino, rivale del clan Lago in cui militava il Giordano, così come contestato
(con le aggravanti, perciò, del nesso teleologico con il delitto di omicidio, del
motivo abietto e del fine di assicurare il predominio del clan Lago) e che lo
stesso non poteva però dirsi per l’omicidio, nonostante al Giordano fosse stato
impartito l’ordine di allontanarsi quando, secondo quanto dichiarato dal Verde e
confermato dal Di Costanzo (ma del coinvolgimento del Giordano l’ordinanza
impugnata riferisce che aveva parlato anche il Contino), già il Maroder «veniva
barbaramente torturato».
Nella situazione fattuale descritta (e in disparte il tenore acritico
dell’affermazione secondo cui non risultava che il Giordano fosse stato
espressamente informato delle finalità del sequestro, alla luce dell’evidenziazione
del contesto camorristico in cui esso venne realizzato, della faida esistente tra il
clan Lago e il clan Contino rivale, cui apparteneva la vittima, del riferito rapporto
addirittura di parentela esistente tra il Giordano e il Lago al cui cospetto il
Maroder doveva essere condotto per essere torturato e ucciso) l’asserita assenza
di gravi elementi in ordine al coinvolgimento del Giordano nell’omicidio appare
gravemente lacunosa e illogica.
Le obiettive cadenze e modalità delle azioni riferite e la – almeno
apparentemente – assodata presenza del Giordano all’atto delle “barbare”
torture inferte alla vittima, senza che risulti alcun suo tentativo di intervento o
alcuna sua reazione, non consente infatti di comprendere in base a quale
ragionamento o a quale massima di esperienza il Tribunale abbia potuto
plausibilmente ritenere che l’indagato non potesse prevedere, e non avesse in
concreto previsto, altresì, l’evento morte del Maroder, e non lo avesse, anche
solo eventualmente, voluto.
Considerata la patente violazione dell’obbligo positivo ricavabile dall’art. 593
cod. pen., appare d’altro canto palesemente illogico, o quantomeno non
spiegato, che si sia ritenuto che, nonostante la tortura avanti a lui compiuta,

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cugino del Lago, si era allontanato mentre il Maroder veniva barbaramente
torturato, ed era irragionevole quindi ritenere che non sapesse a quale scopo ciò
veniva fatto;

l’imputato potesse realisticamente prefigurarsi che la sequenza causale
dell’azione innestata con il rapimento potesse avere esito diverso dalla morte del
rapito.
E’ d’altronde principio consolidato che è configurabile partecipazione a titolo
di “dolo eventuale”, che costituisce la “figura di margine della fattispecie dolosa”,
allorché sia possibile affermare che l’agente ha chiaramente previsto “la
concreta, significativa possibilità di verificazione dell’evento” e, ciò nonostante, si
sia determinato ad agire, sostanzialmente aderendo, per il caso in cui si fosse
verificato, a detto evento: con atteggiamento interiore, perciò, assimilabile alla

3. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata limitatamente al delitto di
omicidio al capo A), con rinvio al Tribunale di Napoli perché proceda a nuovo
esame in relazione a detta accusa, in piena libertà nella valutazione degli
elementi di prova, ma dando conto della analitica considerazione delle
caratteristiche della fattispecie, delle peculiarità del fatto, dello sviluppo della
condotta illecita, al fine di verificare se sussistono gravi indizi di una
organizzazione della condotta che chiaramente coinvolgeva, sia sull’astratto
piano rappresentativo sia sul piano della concreta previsione e dell’adesione
all’eventuale esito letale, anche la verificazione del fatto omicidiario.
Non essendo l’imputato detenuto per il capo cui si riferisce l’annullamento,
non vi è luogo per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod.
proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata in ordine all’addebito di omicidio e rinvia per
nuovo esame sul capo al Tribunale di Napoli
Così deciso in Roma il giorno 15 luglio 2014
Il Consigliere estensor

Il Presidente

volizione dell’evento e allo stesso modo rimproverabile (cfr. Sez. U, avv. dec.
sent. 24.4.2014, ESPENHAHN).

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