Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34162 del 15/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34162 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Davide LENI, nato a Siracusa il 25.11.1973,
avverso l’ordinanza emessa in data 27.11.2013 dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Macerata.
Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
del provvedimento impugnato e la restituzione degli atti al Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Macerata per l’ulteriore corso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Macerata, in funzione di Giudice dell’esecuzione, dichiarava, all’esito
di procedura in camera di consiglio ma ai sensi dell’art. 662, comma 2, cod.
proc. pen., inammissibile l’istanza avanzata da Davide LENI “volta ad ottenere la
declaratoria di nullità” dell’ordinanza con cui, in data 2.7.2012, il giudice
dell’esecuzione del Tribunale di Camerino aveva revocato de plano l’indulto a lui

Data Udienza: 15/07/2014

concesso ex art. 1 I. n. 241 del 2006.
A ragione osservava che la nullità avrebbe dovuto essere dedotta mediante
proposizione di ricorso per Cassazione “indicato espressamente quale mezzo di
impugnazione” dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.
2. Ha proposto ricorso il LENI, a mezzo del difensore avvocato Jacopo
Allegri, chiedendo l’annullamento sia del provvedimento impugnato sia
dell’ordinanza in data 2.7.2012, con i provvedimenti conseguenti; in subordine la
restituzione nel termine per l’impugnazione di detta ordinanza.
Premette che avverso l’ordinanza del 2.7.2012 e del successivo
aveva proposto, in data 5-6.11.2013, “incidente di esecuzione” denunziando la
nullità dell’ordinanza stessa, perché adottata, in violazione del diritto di difesa
dell’imputato e del contraddittorio, de plano, e che la stessa era stata notificata a
mezzo servizio postale al condannato in luogo diverso da quello ove era detenuto
e a cui andava indirizzata la notifica ex art. 156, comma 4, cod. proc. pen., ma a
nessun difensore.
Lamenta quindi che erroneamente il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato
l’inammissibilità di detto “incidente”, omettendo di valutare che le doglianze si
riferivano anche all’erronea dichiarazione di irrevocabilità dell’ordinanza del
luglio, perché appunto mai correttamente notificata, ed erroneamente
dichiarando che avverso lo stesso era proponibile solo ricorso per cassazione; in
subordine denunziando quantomeno la mancata conversione dell’incidente in
ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il provvedimento impugnato – la cui

ratio

decidendi risiede nell’affermazione che la nullità dell’ordinanza con cui era stato
revocato, de plano, l’indulto, avrebbe dovuto essere dedotta mediante

proposizione di ricorso per Cassazione “indicato espressamente quale mezzo di
impugnazione” dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. – attribuisce all’evidenza
all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. un contenuto normativo inesistente ed
anzi opposto all’inequivoco tenore dello stesso.
A mente del citato art. 667, comma 4, infatti, allorché il giudice
dell’esecuzione provvede “senza formalità con ordinanza comunicata al Pubblico
ministero e notificata all’interessato”, contro la stessa “possono proporre
opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l’interessato e il
difensore; in tal caso si procede a norma dell’art. 666”. Dunque il mezzo per
impugnare le ordinanze emesse de plano dal giudice dell’esecuzione per i casi
previsti da detta norma e per quelli che la richiamano (art. 672, art. 676) è
l’opposizione e non, direttamente, il ricorso per Cassazione. E la ratio,
assolutamente evidente, di tale disposizione è quella di assicurare comunque un
contraddittorio di merito, seppur differito e “a richiesta”, in materia che può
incidere sulla libertà.
L’unica fattispecie in cui si prevede il ricorso diretto per Cassazione avverso
provvedimenti de plano per la fase dell’esecuzione è, perciò, quella prevista

provvedimento di cumulo emesso dal Pubblico ministero in data 12.7.2012,

dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., relativa a “decreto” d’inammissibilità in
caso di richiesta manifestamente infondata o ripetitiva di altra già rigettata, cui
non può che conseguire, in caso di accoglimento del ricorso, l’annullamento
senza rinvio del decreto emesso ante portas e la restituzione degli atti al giudice
dell’esecuzione perché proceda, appunto, in contraddittorio.
2. La evocazione dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. è però, oltre che
platealmente errata, anzitutto impertinente.
Nel caso in esame, difatti, è pacifico che il giudice dell’esecuzione ha
revocato l’indulto de plano, così violando, come giustamente lamenta il
accennato, solo per l’applicazione dell’indulto l’art. 672 cod. proc. pen. prevede
che si proceda de plano; mentre, a mente dell’art. 667, comma 4, cod. proc.
pen., per la revoca dello stesso l’art. 674, non recando analoga disposizione,
impone procedersi nelle forme dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 3 e seguenti.
E dagli atti risulta che, come lamenta il difensore, non solo la revoca non è
stata adottata previa fissazione di udienza in camera di consiglio e avviso al
difensore nominato; ma il provvedimento conclusivo neppure è stato notificato
ad alcun difensore.
Ne discende:
– da un lato, che la circostanza che l’ordinanza non era stata notificata ad
alcun difensore, impedendo di ritenere (ex art. 585, comma 3, cod. proc. pen.)
che fosse decorso il termine per proporre impugnazione avverso la stessa,
imponeva – e impone, in assenza di altre ragioni evidenti d’inammissibilità – di
qualificare alla stregua di ricorso il “reclamo” avverso tale provvedimento
articolato con le forme dell’incidente d’esecuzione dal difensore del condannato
(in ossequio, come osserva Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, Bonaventura, Rv.
220221, al principio generale espresso dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.,
«la cui matrice va ricercata nel principio “di conservazione dei valori del mondo
del diritto” dei quali fa parte l’impugnazione», alla cui operatività costituisce
unico limite la oggettiva impugnabilità del provvedimento);
– dall’altro, che il rilievo che si era proceduto senza avviso alle parti e senza
fissazione dell’udienza di comparizione, imponeva – e impone – di ritenere
fondata la censura di violazione di legge articolata dal ricorrente e viziato da
nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, il
provvedimento di revoca dell’indulto (tra molte conformi, da ultimo, Sez. 1, n.
46704 del 08/11/2013, Rv. 257477 Sez. 1, n. 42471 del 27/10/2009 Rv.
245574).
E a tanto non avendo provveduto il giudice dell’esecuzione, deve provvedere
ora la Corte di legittimità, a norma degli artt. 620, comma 1, lettera i), cod.
proc. pen. (applicabile per identità di ratio anche nei casi di ordinanza di
inammissibilità, come rimarca, in relazione alle equivalenti previsioni del codice
del 1930, Sez. U, n. 6 del 26/10/1985, Rv. 171062) e 621 cod. proc. pen..
giudice
adottata
dal
dichiarazione
d’inammissibilità
3.
L’erronea
dell’esecuzione deve dunque essere annullata senza rinvio. Ritenuto quindi il
giudizio, e qualificato l’incidente proposto dalla difesa del Leni con atto
,..-

difensore, il diritto di difesa e al contraddittorio del condannato, giacché, come

depositato il 6.6.2013 alla stregua di ricorso, lo stesso deve ritenersi tempestivo,
giacché l’ordinanza impugnata non risulta mai notificata al difensore, e fondato,
avendo – come detto – il giudice dell’esecuzione erroneamente provveduto de
plano anziché a norma dell’art. 666, comma 3 e seg., cod. proc. pen. e il vizio
rilevato, determinando la nullità della sequenza procedimentale adottata, si
estende al provvedimento conclusivo, che va perciò annullato senza rinvio.
Gli atti vanno per conseguenza restituiti al giudice dell’esecuzione perché
proceda in ordine alla richiesta di revoca dell’indulto, originariamente formulata
dal Pubblico ministero, con le forme dell’art. 666, comma 3, cod. proc. pen.

Qualificato l’incidente di esecuzione proposto il 6.6.2013 come ricorso per
Cassazione, annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e, ritenuto il giudizio,
annulla senza rinvio l’ordinanza 2.7.2012 e dispone la restituzione degli atti al
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata per il corso ulteriore.
Così deciso in Roma il giorno 15 luglio 2014
Il Consigliere esten

e

Il Presidente

P.Q.M.

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