Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34158 del 04/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34158 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRUDU MARIO N. IL 11/03/1950
avverso l’ordinanza n. 8/2013 CORTE ASSISE APPELLO di
FIRENZE, del 25/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/8~44e le conclusioni del PG Dott.

i

/

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 04/07/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 25.11.2013 la Corte di assise d’appello di Firenze, in funzione di giudice
dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza con la quale TRUDU MARIO aveva chiesto la
sostituzione della pena dell’ergastolo – inflittagli con sentenza della Corte di assise d’appello di
Firenze in data 3.10.1990, divenuta esecutiva in data 3.4.1991 – con quella di anni trenta di
reclusione.
La Corte di assise d’appello rilevava che il Trudu ra stato giudicato in epoca in cui, in ordine al
reato ascrittogli, non era consentito l’accesso al rito abbreviato, e quindi non erano applicabili

diritti dell’uomo nel caso Scoppola contro Italia, principi recepiti dalla Corte costituzionale con
la sentenza 210/2013.
Inoltre, riteneva del tutto inconferente il parallelismo tra la questione oggetto dell’istanza e
l’applicazione dell’art.4-bis O.P. anche a condanne per delitti commessi prima dell’introduzione
della suddetta norma, essendo la stessa di natura processuale e non sostanziale.
Riteneva, infine, che non potesse essere ravvisata alcuna incompatibilità dell’ergastolo con i
principi della Convenzione EDU, poiché il predetto art. 4-bis non impedisce l’accesso alle
misure alternative alla detenzione nei confronti dei condannati alla pena dell’ergastolo, ma
richiede per l’ammissione alla predette misure un comportamento positivo e tangibile che
consenta di riconoscere la maturata presa di distanza dell’interessato dai delitti in espiazione.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente Trudu Mario,
chiedendone l’annullamento per gli stessi motivi già proposti davanti alla Corte di assise
d’appello di Firenze.
Il fatto che il ricorrente non avesse potuto chiedere l’ammissione al rito abbreviato, all’epoca
del processo non previsto per il delitto contestatogli, avrebbe determinato una ingiustificata
disparità di trattamento con imputati che, in seguito, pur versando in un’identica posizione
processuale, avevano potuto usufruire dello sconto di pena previsto per la scelta del suddetto
rito.
Il trattamento più favorevole doveva quindi essergli esteso, tramutando la pena dell’ergastolo
in quella di trent’anni di reclusione, poiché non gli era stata data la possibilità di chiedere nel
corso del processo a suo carico il rito abbreviato.
Ha, infine, ribadito che gli erano state ingiustamente applicate le restrizioni dei benefici
penitenziari previste dall’art.4-bis 0.P., nonostante la commissione dei reati in espiazione
risalisse a quattordici anni prima dell’entrata in vigore della suddetta norma, e che la condanna
a pena perpetua era contraria sia ai principi della nostra Costituzione sia a quelli della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
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nei suoi confronti i principi affermati con la decisione in data 19.9.2009 della Corte europea dei

Nel caso di specie mancano i presupposti per l’applicazione della decisione emessa dalla Corte
Edu in data 17.9.2009 nel caso Scoppola, poiché il ricorrente non è stato mai ammesso, nel
suddetto processo in cui ha riportato la condanna all’ergastolo, al giudizio abbreviato.
La suddetta decisione della Corte EDU, infatti, riguarda solo il caso di chi – ammesso al giudizio
abbreviato, con l’aspettativa di vedersi sostituire la condanna alla pena dell’ergastolo inasprito
dall’isolamento diurno con la pena di trent’anni di reclusione – si è visto, per l’intervento di una
legge entrata in vigore successivamente alla sua ammissione al giudizio abbreviato,
condannato alla pena dell’ergastolo, e quindi l’ammissione al rito abbreviato – causa una

dell’isolamento diurno, lasciando ferma la condanna all’ergastolo.
Per inquadrare il significato della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso
Scoppola, si deve premettere che con la legge 16.12.1999 n.479 (c.d. legge Carotti, entrata in
vigore il 2.1.2000) è stato consentito agli imputati di accedere al rito abbreviato anche per i
delitti per i quali era comminata la pena dell’ergastolo, stabilendo all’art. 442/2 c.p.p. che in
caso di scelta da parte dell’imputato del giudizio abbreviato “alla pena dell’ergastolo è
sostituita quella della reclusione di anni trenta” (questa previsione, già contenuta nel suddetto
articolo del codice di rito quando detto codice è entrato in vigore, era stata dichiarata
illegittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n.176/1991, poiché la legge delega del
codice di procedura penale non aveva previsto il giudizio abbreviato per i reati puniti con la
pena dell’ergastolo).
Con decreto legge emanato pochi mesi dopo (D.L. 7.4.2000 n. 82, convertito nella legge
n.144/2000) è stato consentito, a determinate condizioni, anche agli imputati dei processi in
corso (i quali, per la normativa vigente prima della Carotti, non avevano potuto accedere al
suddetto rito) di essere giudicati con il rito abbreviato, e quindi di usufruire dello sconto di
pena previsto per la scelta del predetto rito.
L’aspettativa degli imputati di ottenere – scegliendo di essere giudicati con il rito abbreviato la sostituzione della condanna all’ergastolo, inasprito dall’isolamento diurno, con quella a
trent’anni di reclusione è stata frustrata dall’entrata in vigore del Decreto Legge 24.11.2000 n.
341 (convertito nella legge n.4/2001) che conteneva nel capo III (intitolato: interpretazione
autentica dell’art. 442 comma 2 c.p.p. e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei
processi per i reati puniti con l’ergastolo) all’art. 7 le seguenti norme:
1. Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale, l’espressione
“pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza isolamento diurno.
2. All’art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente
periodo: “alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato
continuato, è sostituita quello dell’ergastolo”.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 341/2000, l’imputato Scoppola che aveva chiesto ed
ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo l’entrata in vigore della legge Carotti, in
sede di appello – poiché la pena dell’ergastolo inflittagli nel primo grado di giudizio era stata
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modifica legislativa intervenuta nel corso del processo – ha comportato solo l’eliminazione

inasprita dall’isolamento diurno – ha visto ridotta la pena all’ergastolo con la sola eliminazione
dell’isolamento diurno.
Il predetto si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e la Grande Camera della Corte
Europea dei diritti dell’uomo, con decisione in data 17.9.2009, ha accertato la non equità del
trattamento sanzionatorio, perché inflitto in violazione degli artt. 6 e 7 della suddetta
Convenzione, essendo stato condannato lo Scoppola dalla Corte di assise d’appello di Roma
con sentenza in data 10.1.2002 all’ergastolo, nonostante lo stesso avesse la legittima

essere giudicato con un rito che, nel momento in cui era stato chiesto, prevedeva la
sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
La Corte EDU, con la suddetta decisione, ha ritenuto che la modifica dell’art.442/2 c.p.p., come
introdotta dalla legge Carotti, non presentasse alcuna ambiguità, in quanto indicava
chiaramente che la pena dell’ergastolo era sostituita da quella della reclusione ad anni trenta,
senza alcuna distinzione tra la condanna all’ergastolo con o senza isolamento diurno.
Quindi la specificazione introdotta dal D.L. 341/2000, secondo la Corte EDU, doveva essere
considerata non l’interpretazione autentica della suddetta norma introdotta dalla legge Carotti,
ma una nuova norma che stabiliva la riduzione di pena da applicare, per la scelta del rito
abbreviato, in caso di condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno.
La suddetta Corte ha anche precisato che la norma in questione ha natura sostanziale e non
processuale, e quindi non poteva essere applicata retroattivamente per il principio secondo il
quale, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica
quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
Lo Stato italiano si è adeguato alla decisione della Corte EDU, sostituendo nei confronti dello
Scoppola la pena dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione.
E’ quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli effetti della
sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, mentre non vi sarebbe alcuna ragione per
estendere lo sconto di pena a condannati che non hanno chiesto o non hanno potuto chiedere
l’ammissione al rito abbreviato, essendo lo sconto di pena indissolubilmente legato alla scelta

aspettativa di non subire una pena superiore a trent’anni di reclusione, per aver scelto di

di essere giudicati con il rito abbreviato, il quale consente che il processo sia deciso sulla base
degli atti di indagine compiuti nel corso delle indagini preliminari.
Per le ragioni già indicate nell’ordinanza impugnata sono manifestamente infondate anche le
questioni sull’applicazione retroattiva dell’art.4-bis O.P. e sulla incompatibilità della pena
dell’ergastolo con i principi della Costituzione e della Convenzione EDU.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento

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/ve

della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 4 luglio 2014
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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