Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3414 del 29/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3414 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– GIACCONE ANDREA, n. 15/03/1977 a PALERMO

avverso l’ordinanza tribunale del riesame di PALERMO in data 5/05/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. G. Romano, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;

Data Udienza: 29/10/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 5/05/2014, depositata in data 8/05/2014, il tribunale del
riesame di PALERMO, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta
dall’indagato contro il decreto di sequestro emesso dal GIP del medesimo
tribunale in data 10/04/2014, ne ha limitato gli effetti al saldo attivo del c/c ed al
saldo attivo del conto titoli appoggiato sul predetto c/c da questi acceso presso il

MONTEPASCHI di Palermo, disponendo la restituzione di ogni altro bene nella
disponibilità del medesimo; giova precisare che il Giaccone Andrea risulta, allo
stato, indagato – per quanto qui di interesse, in relazione al contenuto
dell’impugnazione di legittimità riguardante esclusivamente i fatti di cui al capo
b) della rubrica, difettando invece qualsiasi doglianza quanto alla residua
imputazione cautelare sub a), concernente il concorso dell’indagato nel delitto di
cui all’art. 11, d. Igs. n. 74/2000 – per il reato di riciclaggio continuato, fatto
contestato come commesso in data 26 giugno 2008 e 18 luglio 2011, per aver
ricevuto somme proventi del reato di evasione fiscale mediante dichiarazione
infedele ex art. 4, d. Igs. n. 74/2000, commesso dal padre Aurelio tra il 2004 ed
il 2006, sostituendolo mediante utilizzo per l’acquisto di beni immobili,
successivamente rivenduti a terzi in modo da ostacolare l’identificazione della
provenienza delittuosa del denaro ricevuto, secondo le modalità esecutive e
spazio – temporali meglio evidenziate al capo B) dell’imputazione cautelare.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore fiduciario cassazionista,
impugnando l’ordinanza predetta, deducendo tre motivi di ricorso, di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.
att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art.
606, lett. B), c.p.p., con riferimento all’art. 63, comma 4, d. Igs. n. 231/2007 ed
agli artt. 648 bis e 648 quater c.p.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto il tribunale del
riesame avrebbe ritenuto erroneamente applicabile l’art. 648 quater c.p.
(introdotto dalla d. Igs. n. 231/2007, art. 63, comma 4) a condotte antecedenti
alla sua entrata in vigore, avvenuta in data 14 dicembre 2007; in particolare,
sostiene il ricorrente che la condotta oggetto di contestazione si sarebbe
consumata alla data di acquisto degli immobili di via Principe di Pantelleria n.
12/b e di Passaggio Leonardo Da Vinci n. 16, dunque rispettivamente in data 5
aprile 2007 e 5 ottobre 2007 (date coincidenti, la prima, con quella del verbale di
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vendita senza incanto e, la seconda, con quella del verbale di aggiudicazione
notarile), atteso che il delitto di riciclaggio si sarebbe consumato alla data di
acquisto degli immobili di cui sopra con la sostituzione del denaro “provento di
evasione fiscale mediante dichiarazione infedele” con i beni medesimi;
diversamente, prosegue il ricorrente, sarebbero irrilevanti in quanto confinati nel
“post factum” non punibile ai fini della consumazione di tale delitto, le successive

invece erroneamente sostenuto dal tribunale del riesame, che colloca il momento
consumativo in data 26 giugno 2008 ed in data 18 luglio 2011, date appunto
della vendita dei predetti immobili; in ogni caso, si aggiunge in ricorso, le
condotte di rivendita dei predetti immobili non avrebbero potuto essere
considerate non solo inidonee ma nemmeno finalizzate né poste in essere in
modo da ostacolare la provenienza delittuosa del denaro ricevuto dal ricorrente,
essendo perfezionatesi le vendite con atti pubblici notarili; in conclusione,
dunque, essendo intervenuto l’acquisto degli immobili in data antecedente
all’entrata in vigore del d. Igs. n. 231/2007 – che ha reso applicabile la confisca
per equivalente al reato di riciclaggio, mediante l’introduzione dell’art. 648
quater c.p. – il tribunale avrebbe dovuto annullare il decreto di sequestro
preventivo per equivalente, stante l’inapplicabilità del medesimo ai fatti
contestati al ricorrente, in quanto consumatisi in date antecedenti al 14 dicembre
2007.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art.
606, lett. B), c.p.p., con riferimento all’art. 648 bis c.p.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto il tribunale del
riesame avrebbe ritenuto erroneamente applicabile l’art. 648 bis c.p., ossia
assumendo come sussistente il delitto di riciclaggio; diversamente, si sostiene in
ricorso, il fumus commissi delicti sarebbe insussistente in quanto – oltre a
quanto già esposto nel primo motivo, in cui si sostiene che il delitto di riciclaggio
si sarebbe consumato alla data degli acquisti e non delle vendite dei predetti
immobili -, la condotta posta in essere dal ricorrente non sarebbe stata
inquadrabile nella fattispecie penale ipotizzata né con riferimento alla condotta di
acquisto (essendo stati acquistati gli immobili con assegni circolari tratti con
addebito sul c/c personale del padre dell’indagato) né con riferimento alla
condotta di rivendita (essendo stati alienati gli immobili con atti pubblici notarili);
in secondo luogo, poi, si evidenzia in ricorso come non vi sarebbe in atti alcuna
prova che il ricorrente, alla data di acquisto degli immobili di cui si discute
(2007), fosse a conoscenza della provenienza illecita del denaro impiegato, non
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condotte di rivendita degli immobili medesimi da parte dell’indagato, come

essendo corretta l’affermazione del tribunale secondo cui questi fosse
certamente a conoscenza delle verifiche ispettive e degli accertamenti fiscali cui
l’impresa del padre era stata sottoposta negli anni, dal 26 marzo 2007 al 18
marzo 2010; sul punto, in particolare, il ricorrente rileva come i primi atti portati
a conoscenza del padre (e, quindi, del ricorrente medesimo) riguardanti la
verifica dell’Agenzia delle Entrate sarebbero rappresentati dalla notifica degli

relativi ai periodi di imposta dal 2004 al 2006, notificati il 28 novembre 2009;
peraltro, si aggiunge, l’unico avviso di accertamento notificato in data
antecedente (agli acquisti sospetti) al padre del ricorrente, ossia in data 20
dicembre 2006, riguarderebbe il periodo di imposta 2003 e sarebbe relativo al
mancato riconoscimento da parte della P.A. dell’aiuto di Stato richiesto dalla
Immobiliare Alessandra s.a.s. (di cui il padre del ricorrente era socio per una
quota dell’82%) per investimenti effettuati dalla predetta società nel 2003 nel
comune di Bagheria; infine, si conclude in ricorso, sarebbe stato sufficiente il
semplice esame degli estratti del c/c e del conto titoli del padre del ricorrente
(prodotti davanti al tribunale del riesame) per verificare come questi avesse
disponibilità liquide ben superiori al doppio delle somme investite per l’acquisto
dei predetti immobili avvenuto a mezzo di assegni circolari tratti con addebito sul
c/c personale, al fine di escludere il fumus del delitto di riciclaggio.

2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art.
606, lett. B), c.p.p., con riferimento all’art. 648 quater c.p.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto il tribunale del
riesame, pur parzialmente accogliendo il gravame cautelare, avrebbe
erroneamente limitato il sequestro all’importo corrispondente al saldo attivo del
c/c ed al saldo attivo del conto titoli del ricorrente, pari ad oltre 836.000 mila
euro, a fronte di un profitto del reato di riciclaggio determinato in 695.000 euro;
sarebbe stato, quindi, palesemente violato il principio della necessaria
equivalenza tra valore dei beni sequestrati ed entità del profitto ricavato dal
reato, in quanto il tribunale avrebbe dovuto limitare il sequestro delle somme in
misura corrispondente al valore del profitto, ossia fino alla concorrenza della
somma di 695.000 euro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere accolto, essendo fondato il terzo motivo.

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inviti a comparire in data 3 luglio 2009 nonché dagli avvisi di accertamento

4. Seguendo l’ordine logico – strutturale dell’impugnazione di legittimità, deve
ritenersi privo di pregio il primo motivo con cui il ricorrente eccepisce
l’inapplicabilità dell’art. 648ter cod. pen. alle condotte oggetto di contestazione.
Ed infatti, osserva il Collegio come sul punto il tribunale del riesame motivi
convincentemente in quanto, a pag. 8, individua il momento consumativo del
reato all’atto dell’esecuzione delle operazioni economiche di rivendita degli

Detta affermazione, osserva il Collegio, appare anche giuridicamente corretta
(v., ad es., Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013 – dep. 20/03/2014, Amato e altri,
Rv. 259487, che qualifica il delitto di riciclaggio come delitto a forma libera e
attuabile anche con modalità frammentarie e progressive), non potendo certo la
cessione degli immobili acquistati con denaro di provenienza illecita e la relativa
acquisizione di denaro “ripulito” inquadrarsi in un mero “post factum” non
punibile.

5. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduce
la insussistenza del “fumus delicti” in relazione al reato di riciclaggio.
Ed infatti, quanto alla tracciabilità sia dell’acquisto che della vendita il tribunale
del riesame motiva correttamente, a pag. 8, evidenziando che la tracciabilità del
denaro provento del reato non si riconnette alla pubblicità dell’atto ma
all’idoneità delle operazioni a rendere difficile l’identificazione del provento del
reato. Quanto alle ulteriori censure, afferenti sia alla conoscenza degli atti
notificati al padre (che sarebbero tutti successivi alle verifiche ispettive) sia alle
doglianze secondo cui sarebbe bastato verificare il c/c bancario ed il conto titoli
del padre Aurelio per escludere la configurabilità del reato, si tratta di censure di
fatto, sottratte al sindacato di questa Corte di legittimità ed, in ogni caso,
oggetto di puntuale attenzione argomentativa da parte dei giudici del riesame,
che approfondiscono tale argomento della sicura consapevolezza dell’esistenza di
verifiche ispettive a carico della società paterna, in particolare della
trasformazione della Immobiliare Alessandra da s.a.s. a s.r.l. avvenuta il 19
maggio 2010 con lo scopo, indicato alla pag.4 dell’impugnata ordinanza, laddove
infatti l’ultima visita ispettiva era avvenuta il 18 marzo 2010, dunque in data
antecedente l’operazione di trasformazione societaria.

6. Fondato, invece, si appalesa il terzo motivo.
Ed invero, osserva il Collegio come appaia pacifica nel caso in esame la
violazione del principio di equivalenza tra quanto sequestrato ed il profitto del
reato ipotizzato. Il tribunale del riesame, infatti, pur parzialmente accogliendo il
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immobili, tutte successive all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 231 del 20007.

gravame cautelare, ha erroneamente limitato il sequestro all’importo
corrispondente al saldo attivo del c/c ed al saldo attivo del conto titoli del
ricorrente, pari ad oltre 836.000 mila euro, a fronte di un profitto del reato di
riciclaggio determinato in 695.000 euro. E’ dunque rilevabile ex actis la palese
violazione del principio della necessaria equivalenza tra valore dei beni
sequestrati ed entità del profitto ricavato dal reato, in quanto il tribunale avrebbe

profitto, ossia fino alla concorrenza della somma di 695.000 euro (v., Sez. 3, n.
3260 del 04/04/2012 – dep. 22/01/2013, P.M. in proc. Currò, Rv. 254679).

7. In conclusione, l’impugnata ordinanza dev’essere annullata con rinvio al
tribunale del riesame, che si atterrà a quanto illustrato nel paragrafo che
precede, colmando la lacuna motivazionale indicata.

P.Q.M.

La Corte annulla con rinvio l’ordinanza impugnata al tribunale di Palermo,
limitatamente alla determinazione del “quantum” da sequestrare.
Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2014

est.

Il Presidente

dovuto limitare il sequestro delle somme in misura corrispondente al valore del

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