Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34130 del 04/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34130 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CATANZARO
nei confronti di:
GIORDANO GIANFRANCO N. IL 05/09/1972
inoltre:
GIORDANO GIANFRANCO N. IL 05/09/1972
PIGNALOSA CRISTIAN N. IL 18/06/1986
avverso la sentenza n. 14/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANZARO, del 12/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ;.

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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 04/07/2014

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 15.12.2011 il GUP del Tribunale di Crotone, a seguito di giudizio
abbreviato, ha condannato GIORDANO GIANFRANCO alla pena dell’ergastolo per il reato di
omicidio, aggravato dai motivi futili, in danno di Grisi Giuseppe e Grisi Alfredo, nonché di
tentato omicidio in danno di Grisi Francesco, delitti commessi attingendo i predetti con
numerosi colpi di pistola calibro 9 esplosi in Crotone, all’interno dell’esercizio commerciale MAX
SCOOTER gestito dal fratello Giordano Antonio, nel pomeriggio del 19.1.2011; nella condanna
per il suddetto delitto continuato sono stati compresi anche i delitti di detenzione e porto

omicidio. Con la stessa sentenza è stato condannato alla pena di anni 4 di reclusione anche
PIGNALOSA CRISTIAN per concorso nella detenzione e nel porto abusivo della suddetta pistola.

Con sentenza in data 12.3.2013 la Corte di assise d’appello di Catanzaro ha escluso nei
confronti del Giordano le aggravanti dei futili motivi e della contestata recidiva ed ha
rideterminato la pena in anni 18 e mesi 4 di reclusione con il seguente calcolo: anni 22 e mesi
6 per il primo omicidio, aumentata di anni 3 per il secondo omicidio, ulteriormente aumentata
di anni 1 e mesi 6 per l’omicidio tentato e di mesi 6 per la detenzione e porto dell’arma, per un
totale di anni 27 e mesi 6 di reclusione, pena ridotta di un terzo per la scelta del rito
abbreviato.
Ha inoltre assolto Pignalosa Cristian dal reato di detenzione della pistola e lo ha condannato
per il concorso nel porto abusivo dell’arma, previa concessione delle attenuanti generiche, alla
pena di un anno di reclusione ed euro 200,00 di multa, con i benefici della pena sospesa e
della non menzione della condanna nel certificato penale.
I giudici di merito ricostruivano il fatto, nei passaggi essenziali, nel modo seguente.
Grisi Francesco aveva venduto alcune moto a Giordano Antonio, il quale non aveva pagato il
relativo prezzo. Nel pomeriggio del 19.1.2011, poco dopo le ore 15,00, si erano presentati
nella rivendita di moto, gestita da Giordano Antonio, Grisi Francesco insieme ai suoi fratelli
Giuseppe ed Alfredo nonché adun loro amico imprenditore, Frontera Francesco. Grisi Francesco
aveva ingiunto al Giordano di pagare immediatamente quanto doveva; il Giordano aveva
risposto che, al momento, era nell’impossibilità di farlo; era scoppiata una lite durante la quale
Grisi Francesco aveva dato un violento schiaffo al Giordano; questi aveva telefonato al fratello
Gianfranco, chiedendogli di venire nel negozio, senza spiegargli la ragione. La lite suddetta si
era svolta nell’ufficio di Giordano Antonio, dove questi si trovava insieme alle suddette quattro
persone; dopo pochi minuti dalla predetta telefonata erano sopraggiunti nell’ufficio Giordano
Gianfranco e Pignalosa Cristian; Giordano Gianfranco, con fare aggressivo, aveva chiesto chi
aveva colpito suo fratello ed aveva intimato ai presente di uscire fuori ché li avrebbe
ammazzati; vi era stata una colluttazione tra tutti i presenti; Giordano era uscito per primo
dall’ufficio, andando nel salone dove erano esposte le moto, seguito da Grisi Alfredo e Grisi
Giuseppe, mentre la lite proseguiva tra le persone rimaste nell’ufficio; Grisi Alfredo e Grisi
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abusivo della pistola cal.9 utilizzata per commettere i suddetti reati di omicidio e tentato

Giuseppe avevano cercato di calmare Giordano Gianfranco, mentre questi continuava a
profferire minacce; vi era stata una colluttazione, durante la quale quest’ultimo aveva estratto
dal giubbotto una pistola ed aveva ucciso sul colpo i suddetti fratelli, attingendoli alla testa, al
torace ed al volto; era sopraggiunto Grisi Francesco in aiuto dei fratelli;Giordano Gianfranco
prima aveva scambiato uno sguardo con Gerace Egidio – un dipendente del fratello che si
trovava nel negozio – dandogli il tempo di fuggire, poi aveva esploso diversi colpi di pistola
contro Grisi Francesco, provocandogli fratture dorsali multiple a seguito delle quali il predettoè
rimasto paralizzato.

riteneva non sussistente la contestata recidiva specifica e reiterata, poiché i precedenti penali
relativi alle armi risalivanoalla prima metà degli anni novanta e l’ultimo episodio di devianza,
un episodio di droga commesso il 12.11.2001, risultava slegato dai fatti in contestazione nel
presente processo.
Riteneva, inoltre, che non potessero essere concesse le attenuanti generiche perché il
Giordano girava spesso armato; lo stesso, peraltro, non appariva meritevole delle suddette
attenuanti neppure per il comportamento processuale, essendosi limitato ad ammettere solo
ciò che non poteva negare.
Condivideva il ragionamento seguito dal primo giudice per negare l’attenuante della
provocazione, non essendo ravvisabile alcun nesso tra l’atteggiamento, pur provocatorio,
assunto dai creditori che avevano aggredito il fratello Antonio e la condotta dell’imputato, che
aveva invitato le proprie vittime ad uscire dal locale, per confrontarsi all’aperto, facendo poi
immediato uso dell’arma.
Il primo giudice aveva precisato che l’imputato, giunto nell’ufficio dove poco prima si era svolta
la lite tra suo fratello e i fratelli Grisi, non si era limitato ad aiutare suo fratello, ma aveva
provocato i suddetti fratelli minacciandoli ripetutamente e lucidamente; poi li aveva attirati in
un ambiente più ampio dove aveva attuato le minacce.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione sia la Procura generale della
Repubblica che il difensore degli imputati, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

Il Procuratore generale ha sostenuto che la Corte di assise d’appello non avrebbe potuto
escludere l’aumento di pena per la contestata recidiva specifica e reiterata, né avrebbe potuto
ridurre gli aumenti di pena siccome determinati dal primo giudice, perché sui suddetti punti
non vi era alcuna doglianza nei motivi d’appello.
Nell’impugnazione la difesa, con riguardo al trattamento sanzionatorio, si era limitata a
chiedere una riduzione della pena base, la concessione delle attenuanti generiche con giudizio
di prevalenza sulle aggravanti e il riconoscimento dell’attenuante della provocazione.

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La Corte di assise d’appello, dopo aver escluso la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi,

Peraltro, secondo il ricorrente, risultava illogica l’esclusione della recidiva anche per le
violazioni in materia di armi, in quanto era stato accertato che l’imputato portava abitualmente
l’arma, e quindi vi era un concreto pericolo di recidivanza.
Del tutto immotivata, inoltre, era stata la riduzione degli aumenti di pena operati per ciascun
delitto satellite, senza tener conto dell’estrema gravità dei fatti e delle gravissime lesioni
cagionate a Grisi Francesco, rimasto paralizzato.

Il difensore di Giordano Gianfranco ha sostenuto che doveva essere riconosciuta all’imputato

La Corte di assised’appello non aveva tenuto conto della ricostruzione del primo giudice, il
quale aveva riconosciuto che l’imputato aveva sparato poiché suo fratello era stato
violentemente colpito al volto e si trovava in condizioni di inferiorità numerica, essendo stato
affrontato da ben quattro persone.
Neppure aveva tenuto conto del certificato medico dal quale risultava che l’imputato aveva
riportato un trauma toracico, dimostrativo della colluttazione precedente l’azione omicidiaria.
Vi erano tutti gli elementi per riconoscere all’imputato l’attenuante della provocazione, in
quanto i fratelli Grisi avevano posto in essere una serie di atti contrari a norme giuridiche e
l’imputato aveva reagito in stato d’ira a causa del trattamento che aveva subito suo fratello.
Pignolosa Cristian era stato condannato per il porto della pistola, in quanto dopo il fatto aveva
ospitato Giordano nella sua auto, sapendo che lo stesso portava con sé l’arma con la quale
aveva commesso gli omicidi e il tentato omicidio di cui trattasi.
Secondo il ricorrente, la Corte di assise d’appello non aveva considerato che nella situazione il
Pignolosa aveva solo pensato alla fuga, senza sapere se il Giordano avesse ancora con sé la
pistola o se ne fosse liberato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso degli imputati sono infondati.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, La circostanza attenuante della
provocazione di cui all’art. 62 n. 2 cod. pen. non ricorre ogni qualvolta la sproporzione fra il
fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo
stato d’ira ovvero il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira, pur non essendo il concetto di
adeguatezza e proporzione connotato della circostanza attenuante medesima (V. ex multis
Sez. 1 sentenza n.30469 del 15.7.2010, Rv.248375).
L’attenuante ha la sua ratio nello stato d’ira indotto dal fatto ingiusto altrui, e quindi nella
perdita, causa lo stato d’ira, dei normali freni inibitori. Una persona che reagisce nello stato
d’ira, poiché ha subito un fatto ingiusto, merita l’attenuante, sempreché la reazione abbia
causa nel fatto ingiusto.
La giurisprudenza di questa Corte ha anche avuto modo di precisare che l’attenuante de qua
non è applicabile a favore dell’autore di un delitto quando il fatto apparentemente ingiusto
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l’attenuante della provocazione.

della vittima, cui l’agente abbia reagito, sia stato determinato a sua volta da un precedente
comportamento ingiusto dello stesso agente o sia frutto di reciprocheprovocazioni (V. Sez. 1
sentenza n.26298 dell’11.12.2003, Rv.228222).
Il fatto di cui trattasi deve essere assunto come ricostruito dal giudice di merito, poichéil
giudicante si è basato sulle risultanze processuali, non ha travisato prove decisive ed ha
interpretato le stesse nei limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.
La diversa interpretazione delle prove data dalla parte ricorrente, anche se plausibile, non può
essere presa in considerazione in sede di legittimità, poiché questa Corte non compie alcuna

una o più prove), e quindi non ha alcuna possibilità di interpretare le prove in modo diverso dal
giudice di merito, non potendosiprendere in considerazione le frasi o i brani contenuti nel
ricorso e interpolati da atti del processo.
Nel caso in esame la Corte di merito ha, con motivazione congrua, ritenuto che la reazione
dell’imputato fosse talmente sproporzionata rispetto al fatto ingiusto subito dal fratello che
quel fatto non poteva essere considerato la causa della reazione.
Il contesto descritto nella sentenza impugnata giustifica pienamente la suddetta affermazione.
Deve infatti considerarsi che Grisi Francesco era andato con i suoi fratelli e con un amico nel
negozio di Giordano Antonio per riscuotere un credito derivante dalla vendita di alcune moto,
che il predetto non aveva pagato nonostante i numerosi solleciti.
L’imputato, senza neppure essere stato informato delle ragioni per le quali il fratello aveva
chiesto la sua presenza, era giunto dopo pochi minuti dalla telefonata portando con sé una
pistola e un amico.
Aveva immediatamente tenuto un atteggiamento aggressivo e provocatorio, minacciando di
morte le persone che erano venute a riscuotere quanto dovuto dal fratello, per il fatto che
qualcuno di loro si era permessa nella discussione di dargli uno schiaffo.
Dopo una ulteriore discussione che era trascesa in vie di fatto, anche per le provocazioni
dell’imputato, lo stesso era uscito dall’ufficio, seguito da Grisi Giuseppe e Grisi Alfredo che
chiedevano di ragionare con calma con lui.
Aveva continuato a profferire minacce e, appena la discussione era degenerata anche con loro
in vie di fatto, ne aveva approfittato, con freddezza, per attuare le minacce, uccidendo sul
colpo i due e poi esplodendo colpi di pistola anche contro Grisi Francesco che era corso in aiuto
dei suoi fratelli.
Appare quindi del tutto logica, alla stregua della suddetta ricostruzione del fatto, la non
concessione dell’attenuante della provocazione, per l’enorme sproporzione tra il fatto ingiusto
(schiaffo a Giordano Antonio) e la feroce reazione, compiuta attirando freddamente le persone
con le quali stava litigando, e che aveva pesantemente minacciate, in un luogo più spazioso
dove avrebbe potuto attuare le sue minacce.
Anche la condanna di Pignolosa Cristian per concorso nel porto dell’arma in possesso
dell’imputato è adeguatamente motivata.
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verifica sugli atti del processo (a meno che non vi sia una formale denuncia di travisamento di

Avendo riguardo solo all’ultima parte dell’azione, non vi è dubbio che il Pignolosa, che aveva
assistito agli omicidi e al tentato omicidio compiuti dall’amico, fuggendo con lui e ospitandolo
nella sua auto ha favorito il porto dell’arma dell’imputato (arma che non è stata mai trovata).
Ma non di reato di favoreggiamento si tratta, poiché è contestuale al porto abusivo dell’arma, e
si deve quindi configurare il concorso, attuato agevolando la commissione del delitto.
La tesi difensiva, secondo la quale il Pignolosa poteva pensare che il Giordano si fosse liberato
dell’arma, è una mera congettura non supportata da alcun elemento di prova.
Pertanto, il ricorso degli imputati deve essere rigettato, con conseguente condanna degli stessi

Appare, invece, fondato, nei limiti che saranno precisati, il ricorso del Procuratore generale
della Repubblica.
Nell’atto di appello in favore di Giordano Gianfranco non si era in alcun modo contestata la
sussistenza della recidiva o l’applicazione dell’aumento di pena conseguente a detta
aggravante.
Quindi, per il principio di cui all’art. 597 c.p.p. – l’appello attribuisce al giudice di secondo
grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si
riferiscono i motivi proposti – la Corte di assise d’appello non poteva prendere in
considerazione d’ufficio l’opportunità o meno di determinare un aumento di pena per la
recidiva.
Detto potere non poteva discendere dal disposto dell’art.597/5 c.p.p., come ha sostenuto nel
corso della discussione la difesa, poiché detto articolo consente al giudice dell’appello solo di
applicare d’ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel
certificato penale o una o più circostanze attenuanti, ovvero, quando occorre, di effettuare il
giudizio di comparazione a norma dell’art.69 c.p..
Il ricorrent ?’ a sostenuto che fossero passati in giudicato anche gli aumenti di pena a titolo di
continuazione, poiché su detti aumenti l’appellante non aveva avanzato alcuna doglianza
nell’atto di appello.
Nell’appello si era chiesta però una riduzione di pena del reato continuato, e poiché gli aumenti
a titolo di continuazione fanno parte del reato continuato, il giudice dell’appello aveva il potere
di prendere in considerazione il quantum di pena inflitto per ogni reato a titolo di
continuazione.
È peraltro fondata la censura del ricorrente relativa alla mancata motivazione da parte della
Corte di assise di appello della riduzione del quantum di pena determinato dal primo giudice a
titolo di continuazione, in quanto non sono stati indicati i criteri e i motivi in base ai quali gli
aumenti di pena in questione sono stati drasticamente ridotti, nonostante la riconosciuta
gravità dei fatti.
Pertanto, sui suddetti punti il ricorso deve essere accolto, con rinvio ad altra sezione della
Corte di assise d’appello di Catanzaro per nuovo giudizio.
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al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
In accoglimento del ricorso del Procuratore generale, annulla la sentenza impugnata
limitatamente alla esclusione della recidiva ed al trattamentp san ionatorio in relazione alla
posizione di Giordano Gianfranco e rinvia per nuovo giu

Uee

altra sezione della Corte di

assise d’appello di Catanzaro.
Rigetta i ricorsi di Giordano Gianfranco e di Pignolosa Cristian che condanna al pagamento
delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 4 luglio 2014
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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