Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34123 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34123 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DAMIANI CRISTIAN N. IL 05/05/1971
avverso l’ordinanza n. 3652/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
19/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lpt/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 24/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Latina, sezione per il riesame, con l’ordinanza indicata in
epigrafe ha confermato il provvedimento che ha disposto la custodia cautelare in
carcere nei confronti, tra gli altri, di Damiani Cristian, indagato per una pluralità
di fatti di spaccio di sostanze stupefacenti, del tipo hashish e marijuana,
commessi tra l’ottobre ed il dicembre 2011.
Gli indizi di reità sono stati rinvenuti nel compendio costituito dalle
conversazioni captate dagli investigatori attraverso intercettazioni telefoniche,

inquirenti, dai sequestri di stupefacente operati. Il Tribunale di Latina ha quindi
ritenuto di condividere il giudizio espresso dal giudice della cautela, che aveva
descritto il Damiani come soggetto stabilmente dedito all’attività di spaccio di
sostanze stupefacenti, in grado di fornire anche significativi quantitativi di
sostanza stupefacente, segnatamente hashish (i 121 gr. ceduti a tale Quatrana).
Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale per il riesame ha ritenuto
sussistente il pericolo di recidiva in ragione del carattere continuativo dell’attività
illecita posta in essere dal prevenuto, gravato di quattro condanne per
detenzione illecita di stupefacenti, trovato – in occasione della perquisizione
domiciliare del 5 dicembre 2013 associata all’esecuzione della misura cautelare
di cui trattasi – in possesso di 1 g. di cocaina e materiali atti al confezionamento
dello stupefacente.
Siffatto pericolo di recidiva è stato giudicato non contrastabile con una
misura meno afflittiva perchè il prevenuto ha mostrato ancora nel dicembre del
2013 di svolgere attività illecita presso il domicilio.

2. Ricorre per cassazione l’avv. Gaetano Marino nell’interesse del Damiani,
articolando un unico motivo con il quale si deduce la nullità dell’ordinanza del
Tribunale di Latina per omessa motivazione è comunque per contraddittorietà
della motivazione in relazione alla inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche
ed ambientali per violazione dell’articolo 268, commi 1, 3 e 3 bis cod. proc. pen.
L’esponente rileva che condizione necessaria per inutilizzabilità delle
intercettazioni e che la immissione nella memoria informatica centralizzata dei
dati captati nella centrale dell’operatore telefonico sia avvenuta per mezzo degli
impianti installati in Procura; ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie in
quanto le conversazioni sarebbero state registrate mediante l’apparato server
centrale della ditta privata alla quale ha fatto ricorso la Procura della Repubblica
di Latina. Il Tribunale del riesame con motivazione contraddittoria o meramente
apparente, avrebbe aggirato i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità
in materia di intercettazioni digitalizzate ritenendo non rilevante il fatto che

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dagli esiti dei servizi di osservazione controllo e pedinamento eseguiti dagli

l’utilizzo della registrazione dell’apparato server centrale di una ditta privata
equivale ad utilizzare l’impianto della ditta privata e non quello in dotazione alla
Procura. Da ciò si ricava l’indicata inutilizzabilità delle intercettazioni con l’effetto
del venir meno dei gravi indizi di colpevolezza poiché il Tribunale del riesame ha
fatto scaturire gli elementi di gravità indiziaria esclusivamente dal contenuto
delle captazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che l’attività di
registrazione – che, sulla base delle tecnologie attualmente in uso, consiste nella
immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata – avvenga
nei locali della Procura della Repubblica mediante l’utilizzo di impianti ivi
esistenti, mentre non rileva che negli stessi locali vengano successivamente
svolte anche le ulteriori attività di ascolto, verbalizzazione ed eventuale
riproduzione dei dati così registrati, che possono dunque essere eseguite “in
remoto” presso gli uffici della polizia giudiziaria. Sicchè l’attività di riproduzione e cioè di trasferimento su supporti informatici di quanto registrato mediante gli
impianti presenti nell’ufficio giudiziario -, è operazione estranea alla nozione di
“registrazione”, la cui “remotizzazione” non pregiudica le garanzie della difesa,
alla quale è sempre consentito l’accesso alle registrazioni originali (Sez. U, n.
36359 del 26/06/2008 – dep. 23/09/2008, Carli, Rv. 240395).
Le operazioni di “registrazione”, che in forza dell’art. 268, co. 3, parte
prima, cod. proc. pen., debbono essere compiute esclusivamente per mezzo
degli impianti installati nella procura della Repubblica, consistono dunque nella
immissione dei dati (captati presso la centrale dell’operatore telefonico e
trasmessi agli impianti in Procura) nella memoria informatica centralizzata (cd.
server) che si trova nei locali della Procura della Repubblica a ciò destinati (Sez.
U, n. 36359 del 26/06/2008 – dep. 23/09/2008, Carli, Rv. 240395).
Orbene, nel caso che occupa il Tribunale ha specificato che si è trattato di
registrazione avvenuta all’interno degli uffici della Procura, mediante impianti
noleggiati da ditta privata. La circostanza non è contestata dal ricorrente.
Tanto importa l’insussistenza di una violazione dell’art. 268, co. 3 cod. proc.
pen., il quale fa riferimento al luogo nel quale viene eseguita l’operazione di
registrazione e non alla provenienza delle apparecchiature utilizzate presso
l’ufficio della Procura della Repubblica. L’indicazione normativa degli “impianti
installati nella procura della Repubblica” – volta a garantire che l’autorità
giudiziaria eserciti il controllo necessario ad assicurare che si proceda soltanto
alle intercettazioni autorizzate – esplicita quale debba essere il luogo ove le

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3. Va rammentato che Le S.U. di questa Corte hanno stabilito che

operazioni di registrazione devono essere eseguite e non l’esclusiva utilizzabilità
delle apparecchiature in dotazione all’ufficio, con impossibilità di ricorso ad
apparati tecnici di soggetti terzi, posti a disposizione in forza di accordi
negoziali.
Ne consegue l’infondatezza del ricorso.

4. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24/4/2014.

Va altresì disposto che copia del presente provvedimento sia trasmesso al

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