Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34122 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34122 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

Data Udienza: 24/04/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE BELLIS MAURIZIO N. IL 30/08/1967
BEGA GIOVANNI N. IL 28/02/1974
FIACCO FABIO N. IL 30/10/1973
FIACCO TIZIANO N. IL 03/07/1972
avverso l’ordinanza n. 3717/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
27/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
>tre/sentite le conclusioni del PG Dott.
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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Latina, sezione per il riesame, con l’ordinanza indicata in
epigrafe ha confermato il provvedimento che ha disposto la custodia cautelare in
carcere nei confronti, tra gli altri, di Bega Giovanni, Fiacco Fabio, Fiacco Tiziano e
De Bellis Maurizio, indagati per una pluralità di fatti di spaccio di sostanze
stupefacenti e, Fiacco Fabio, anche per violazione della legge sulle armi, il De
Bellis/ anche per il reato di cui all’articolo 12 quinques, comma 1 DI n. 306/92.
In merito alla posizione del De Bellis, gli indizi di reità sono stati rinvenuti

intercettazioni telefoniche ed ambientali, dagli esiti dei servizi di osservazione
controllo e pedinamento eseguiti dagli inquirenti, dai sequestri di stupefacente
operati. Il Tribunale di Latina ha quindi ritenuto di condividere il giudizio
espresso dal giudice della cautela, che aveva descritto il De Bellis come soggetto
stabilmente dedito all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti tra l’aprile ed il
dicembre 2011, periodo di svolgimento delle indagini, in grado di fornire
Significativi quantitativi di sostanza stupefacente, segnatamente cocaina, hashish
e marijuana, a soggetti intenzionati a rivenderla; ed inoltre titolare, direttamente
o indirettamente, di cespiti patrimoniali dal valore non congruente con i redditi
dichiarati e le attività lavorative note.
Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale per il riesame ha ritenuto
sussistente il pericolo di recidiva in ragione del carattere professionale
dell’attività illecita posta in essere dal prevenuto, gravato di due condanne per
detenzione illecita di stupefacenti commessi nel 1998 e nel 2005, trovato – in
occasione della perquisizione domiciliare del 5 dicembre 2013 associata
all’esecuzione della misura cautelare di cui trattasi – in possesso di 5,7 g. di
cocaina e di 5,7 g. di hashish, di attrezzatura varia per il confezionamento dello
stupefacente, di un libricino contenente quel che si è ritenuto essere una
contabilità dell’attività di spaccio, e della somma in contanti di C 11.700.
Siffatto pericolo di recidiva è stato giudicato non contrastabile con una
misura meno afflittiva perchè il prevenuto ha mostrato ancora nel dicembre del
2013 di svolgere attività illecita presso il domicilio. Inoltre, il Tribunale ha
considerato non decisiva nel senso auspicato dalla difesa la disponibilità di
struttura (indicata come AIDAT) a prendere in carico il prevenuto ove posto agli
arresti domiciliari, in quanto non prodotta certificazione attestante lo stato di
tossicodipendenza del De Bellis e trattandosi di una disponibilità per regime
semiresidenziale per tre giorni alla settimana e non già per regime residenziale.
Quanto a Fiacco Fabio, il Tribunale ha confermato la misura degli arresti
domiciliari, avendo ritenuto il medesimo raggiunto di gravi indizi di reità in
ordine alla cessione a tale Alessandro di due dosi di sostanza stupefacente del

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nel compendio costituito dalle conversazioni captate dagli investigatori attraverso

tipo hashish per un corrispettivo di circa € 100 nonché alla cessione a Berto
Denis di circa 1 g. di cocaina ed altresì alla detenzione e porto in luogo pubblico
in data antecedente al 28 ottobre 2011 di una pistola di piccolo calibro. Gli
elementi di reità a carico del Fiacco sono stati rinvenuti nei contenuti di talune
conversazioni fatte oggetto di intercettazione ambientale nonché nell’esito di
servizi di osservazione pedinamento e controllo. Quanto a Fiacco Tiziano, posto
agli arresti domiciliari per aver in giorni diversi ceduto sostanza stupefacente del
tipo marijuana a Fiocco Giuseppe e a Zorzetto Gabriele nonché per aver

elementi a carico sono stati tratti da servizi di pedinamento e controllo e
dall’esito di intercettazioni ambientali. Le esigenze di custodia cautelare sono
state tratte dal fatto che entrambi i Fiacco risultano soggetti dediti allo spaccio
anche di considerevoli quantitativi di sostanze stupefacenti nel ruolo di pusher.
Quanto al Bega, posto agli arresti domiciliari per aver acquistato, al fine di
rivendita, una pluralità di quantitativi di sostanza stupefacente da soggetti
diversi tra il mese di novembre e quello di dicembre del 2011, gli elementi di
reità sono stati rinvenuti nei contenuti delle conversazioni oggetto di
intercettazione ambientale ed il pericolo di recidiva è stato desunto dalle
modalità e dalle circostanze dei fatti che, ad avviso del Collegio distrettuale,
indicano nel Bega un pusher particolarmente attivo sul mercato della droga
dell’area pontina.

2. Ricorre per cassazione, nell’interesse di De Bellis Maurizio, il difensore
avv. Angelo Cavaliere.
L’esponente lamenta violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al
fatto che l’ordinanza del gip sarebbe completamente immotivata sotto il profilo
della valutazione delle esigenze cautelari ed il Tribunale non avrebbe posto
rimedio a ciò, avendo questo fatto riferimento solo ai gravi indizi, insufficienti
all’irrogazione della misura cautelare. Non sarebbe stata esaminata l’inidoneità di
altra misura a soddisfare le ritenute esigenze cautelari, anche alla luce dello
stato di tossicodipendenza del De Bellis, che sarebbe conclamato dagli atti
predisposti dalla polizia giudiziaria e dall’interesse dimostrato dal prevenuto per
la conclusione di questa sua condizione; si rimarca come le attività illecite poste
in essere dal de Bellis siano conseguenza di questa sua condizione di
tossicodipendenza in quanto dirette a soddisfare il bisogno di sostanza
stupefacente,giacché egli avrebbe ceduto quanto necessario all’acquisto per sé,
secondo un rapporto economico che si adombra di equivalenza. Ad avviso
dell’esponente con la produzione di documentazione si è data dimostrazione del
fatto che all’origine del patrimonio del prevenuto non vi è stata l’attività di

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acquistato da persona non identificata 10 g. di cocaina al fine di rivenderla, gli

spaccio ma la capacità di questi di acquistare a basso costo beni immobili sui
quali poi ha edificato abusivamente e ciò a partire dalla somma di 30 milioni di
otti
lire che egli ebbe ricevere quale risarcimento , danni subiti a seguito di incidente
stradale e ad ulteriori 30 milioni di lire ricavati dall’attività lavorativa di
“eliminazione di alberi, arbusti ed altro”. Si aggiunge che va anche considerato
che gli immobili sono stati posti a frutto mediante locazione. Illegittimamente si
è tenuto conto di beni intestati alla madre e alla ex moglie del prevenuto nonché
alle figlie minori, considerato che entrambe sono titolari di propri redditi da

Si censura che il Tribunale abbia ritenuto necessario il certificato di
tossicodipendenza del De Bellis, posto che questi è stato già in cura dal 2005 al
2006 presso il Sert di Latina e poi presso la comunità privata di Roma Aidat e si
contesta che il Tribunale abbia ritenuto necessaria una dichiarazione di
disponibilità ad accogliere il soggetto in regime residenziale.
Si censura altresì l’ordinanza nella parte in cui ritiene raggiunti gravi indizi di
reità e ciò in particolare con riferimento ai fatti coinvolgenti grula Gianluca e
Usai Zeudi.

3. Ricorre per cassazione l’avv. Gaetano Marino nell’interesse di Bega
Giovanni, Fiacco Fabio e Fiacco Tiziano, articolando un unico motivo con il quale
si deduce la nullità dell’ordinanza del Tribunale di Latina per omessa motivazione
è comunque per contraddittorietà della motivazione in relazione alla
inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali per violazione
dell’articolo 268, commi 1, 3 e 3 bis cod. proc. pen.
L’esponente rileva che condizione necessaria per l’utilizzabilità delle
intercettazioni è che la immissione nella memoria informatica centralizzata dei
dati captati nella centrale dell’operatore telefonico sia avvenuta per mezzo degli
impianti installati in Procura; ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie in
quanto le conversazioni sarebbero state registrate mediante l’apparato server
centrale della ditta privata alla quale ha fatto ricorso la Procura della Repubblica
di Latina. Il Tribunale del riesame con motivazione contraddittoria o meramente
apparente, avrebbe aggirato i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità
in materia di intercettazioni digitalizzate ritenendo non rilevante il fatto che
l’utilizzo per la registrazione dell’apparato server centrale di una ditta privata
equivale ad utilizzare l’impianto della ditta privata e non quello in dotazione alla
Procura. Da ciò si ricava l’indicata inutilizzabilità delle intercettazioni con l’effetto
del venir meno dei gravi indizi di colpevolezza poiché il Tribunale del riesame ha
fatto scaturire gli elementi di gravità indiziaria esclusivamente dal contenuto
delle captazioni.

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lavoro dipendente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono destituiti di fondamento e vanno pertanto rigettati.

5. Il ricorso del De Bellis è manifestamente infondato.
E’ infatti insussistente la lamentata carenza motivazionale in punto di
esigenze cautelari e di inidoneità di altra misura a soddisfare le medesime.
Va in primo luogo ricordato che, in caso di ricorso per cassazione avverso un
provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorchè sia

dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari possono assumere
rilievo solo se rientrano nella previsione di cui all’articolo 606, comma 1, lettera
e), cod. proc. pen., se cioè integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicità
della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la valutazione
della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo
questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito e, in particolare,
prima, del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura e, poi,
eventualmente, del giudice del riesame (ex pluribus, Sezione II, 17 settembre
2008, Fabbretti ed altri).
Inoltre„ ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere in
punto di scelta e adeguatezza della misura cautelare, non è necessaria
un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra
misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti
dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonché dalla personalità
dell’indagato, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la
custodia in carcere come la misura più adeguata al fine di impedire la
prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo assorbita l’ulteriore
dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive (Cass. Sez. 6, sent. n.
17313 del 20/04/2011, Cardoni Rv. 250060).
Orbene, il Tribunale ha rimarcato la gravità dei fatti ascritti al De Bellis,
giudicato soggetto stabilmente dedito all’attività di spaccio di quantitativi di
stupefacenti di significativa quantità e di varia tipologia, con proiezione tanto
verso la vendita al dettaglio, direttamente presso la sua abitazione o attraverso
pusher, che verso la fornitura a rivenditori. Attività assidua, ripetuta – ancora il
5.12.2013 -, tanto da apparire vera e propria ‘professione’ del De Bellis, peraltro
gravato da plurimi precedenti penali anche di natura specifica. Su tali basi ha
fondato il giudizio di sussistenza del pericolo di recidiva: trattasi di motivazione
compiuta e non manifestamente illogica.

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denunciato vizio di motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o meno

Lo svolgimento dell’attività illecita presso l’abitazione è stata poi indicata
come fattore di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari; giudizio che
non si presta ad alcuna censura elevabile in questa sede.
Infine, il Tribunale ha preso in esame la richiesta di disporre gli arresti
domiciliari presso comunità per tossicodipendenti, rigettandola per l’assenza di
documentazione comprovante l’attuale (e non il remoto) stato di
tossicodipendenza del De Bellis, per l’essere la dichiarazione di disponibilità
all’accoglienza relativa a regime solo semiresidenziale. Quest’ultima notazione

regime residenziale è previsto solo per i reati di rapina e di estorsione, peraltro
consumati -, tuttavia ininfluente ai fini della ‘tenuta’ della motivazione perché
questa fa perno anche sulla menzionata assenza di prova dello stato di attuale
tossicodipendenza.
A tanto l’esponente replica asserendo che dagli stessi fatti oggetto di
indagine emerge lo stato di tossicodipendenza del prevenuto, così offrendo una
ricostruzione dei fatti alternativa a quella assunta dai giudici della cautela,
peraltro del tutto congetturale.
Infine, quanto alla censura concernente il giudizio di sussistenza dei gravi
indizi di reità con riferimento ai fatti coinvolgenti Ferula Gianluca e Usai Zeudi,
mette conto rilevare che si tratta di una rivisitazione del significato degli
elementi fattuali esaminati dal Tribunale, senza alcuna decisiva critica al
percorso logico-giuridico tracciato dal giudice. Si tratta, quindi, di motivo
inammissibile.

6. Venendo alla posizione dei restanti ricorrenti, va rammentato che Le S.U.
di questa Corte hanno stabilito che condizione necessaria per l’utilizzabilità delle
intercettazioni è che l’attività di registrazione – che, sulla base delle tecnologie
attualmente in uso, consiste nella immissione dei dati captati in una memoria
informatica centralizzata – avvenga nei locali della Procura della Repubblica
mediante l’utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre non rileva che negli stessi
locali vengano successivamente svolte anche le ulteriori attività di ascolto,
verbalizzazione ed eventuale riproduzione dei dati così registrati, che possono
dunque essere eseguite “in remoto” presso gli uffici della polizia giudiziaria.
Sicchè l’attività di riproduzione – e cioè di trasferimento su supporti informatici di
quanto registrato mediante gli impianti presenti nell’ufficio giudiziario -, è
operazione estranea alla nozione di “registrazione”, la cui “remotizzazione” non
pregiudica le garanzie della difesa, alla quale è sempre consentito l’accesso alle
registrazioni originali (Sez. U, n. 36359 del 26/06/2008 – dep. 23/09/2008, Carli,
Rv. 240395).

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lascia intendere una erronea interpretazione dell’art. 89 T.U. Stup. – atteso che il

Le operazioni di “registrazione”, che in forza dell’art. 268, co. 3, parte
prima, cod. proc. pen., debbono essere compiute esclusivamente per mezzo
degli impianti installati nella procura della Repubblica, consistono dunque nella
immissione dei dati (captati presso la centrale dell’operatore telefonico e
trasmessi agli impianti in Procura) nella memoria informatica centralizzata (cd.
server) che si trova nei locali della Procura della Repubblica a ciò destinati (Sez.
U, n. 36359 del 26/06/2008 – dep. 23/09/2008, Carli, Rv. 240395).
Orbene, nel caso che occupa il Tribunale ha specificato che si è trattato di

noleggiati da ditta privata. La circostanza non è contestata dai ricorrenti.
Tanto importa l’insussistenza di una violazione dell’art. 268, co. 3 cod. proc.
pen., il quale fa riferimento al luogo nel quale viene eseguita l’operazione di
registrazione e non alla provenienza delle apparecchiature utilizzate presso
l’ufficio della Procura della Repubblica. L’indicazione normativa degli “impianti
installati nella procura della Repubblica” – volta a garantire che l’autorità
giudiziaria eserciti il controllo necessario ad assicurare che si proceda soltanto
alle intercettazioni autorizzate – esplicita quale debba essere il luogo ove le
operazioni di registrazione devono essere eseguite e non l’esclusiva utilizzabilità
delle apparecchiature in dotazione all’ufficio, con impossibilità di ricorso ad
apparati tecnici di soggetti terzi, posti a disposizione in forza di accordi
negoziali.
Ne consegue l’infondatezza dei ricorsi.

7. Segue al rigetto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Va altresì disposto che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24/4/2014.

registrazione avvenuta all’interno degli uffici della Procura, mediante impianti

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