Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3412 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3412 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALECSANDRU ELENA N. IL 02/03/1987
avverso la sentenza n. 2393/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
28/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO
FIANDANESE;

Data Udienza: 08/10/2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Bari, con sentenza in data 28 giugno 2012, in parziale riforma
della condanna pronunciata dal G.U.P. del Tribunale di Bari, in data 28 giugno 2007, nei
confronti di Alecsandru Elena, ritenuta colpevole dei delitti di rapina aggravata e lesioni
personali, dichiarava non doversi procedere in relazione al reato di lesioni perché estinto per
difetto di querela e rideterminava la pena in anni tre di reclusione ed euro 360 di multa.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, deducendo i seguenti motivi:

delle realtà probatorie in atti; 2) inosservanza di legge con riferimento al mancato giudizio di
prevalenza delle concesse attenuanti generiche e alla sproporzione della pena detentiva; 3)
inosservanza di legge con riferimento alla mancata concessione della sospensione condizionale
della pena; 4) inosservanza di legge in relazione alla mancata applicazione dell’indulto.
Il primo motivo di ricorso di cui all’elencazione è inammissibile in quanto difetta del
requisito della indicazione specifica della ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza
impugnata sarebbe censurabile (art. 581, comma 1, lett. c), c.p.p.). Infatti, il ricorrente non
precisa quali siano gli elementi di valutazione essenziali ai fini dell’accertamento della
responsabilità che il giudice di merito avrebbe trascurato, e, pertanto, non consente in alcun
modo l’esercizio del controllo di legittimità.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono manifestamente infondati, poiché sui punti
denunciati la sentenza si pronuncia con corrette e logiche argomentazioni, che tengono conto
della gratuità della condotta violenta nei confronti di una persona gravata da handicap fisico e
della non concedibilità del beneficio richiesto in relazione all’entità della pena.
Infine, il ricorso per cassazione avverso la mancata applicazione dell’indulto è
ammissibile solo qualora il giudice di merito abbia esplicitamente escluso detta applicazione,
mentre nel caso in cui abbia omesso di pronunciarsi deve essere adito il giudice
dell’esecuzione (Sez. 5, n. 43262 del 22/10/2009, Albano, Rv. 245106).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616, valutata la colpa, quale emerge
evidente dal contesto dei motivi dell’impugnazione, al pagamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, in camera di consiglio, 1’8 ottobre 2013.

1) inosservanza di legge e vizio di motivazione, che sarebbe manifestamente carente alla luce

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