Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34117 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34117 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BENENATI EDOARDO, N. IL 28.5.1967,
2) RELLINI FABIENT LAURENT, N. IL 14.5.1972,
3) GENERALI BUSSINES SOLUTIOS s.c.p.a. RESP. CIV.,
avverso la sentenza n. 1568/2008 pronunciata dalla Corte di Appello di Salerno
il 28/1/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto
dei ricorsi;
udito il difensore delle parti civili, avv. Mario Corsiero, anche quale sostituto
processuale dell’avv. Francesco Saverio Iacuzio, il quale ha chiesto il rigetto dei
ricorsi;
udito l’avv. Anna Pinto, quale sostituto processuale dell’avv. Nicoletta Piergentili
Piromalli ed altresì quale sostituto processuale dell’avv. Giacomo Tartaglione, per
il responsabile civile, la quale ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Salerno ha
parzialmente riformato quella pronunciata dal Tribunale di Salerno, sezione
distaccata di Mercato San Severino, revocando la sospensione condizionale della
pena e dichiarando la pena detentiva irrogata dal primo giudice interamente
condonata, confermando nel resto la condanna pronunciata nei confronti di
Benenati Edoardo e Rellini Fabient Laurent, giudicati colpevoli della morte di

Data Udienza: 24/04/2014

Stefanelli Marco, investito dal Rellini, che procedeva in retromarcia alla guida di
un autocarro, mentre era intento a smontare il cantiere mobile allestito per i
lavori di rifacimento della pavimentazione stradale della carreggiata sud
dell’autostrada A/30 in direzione Salerno.
Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito il Benenati, in qualità di
responsabile del cantiere, aveva omesso di assicurarsi del rispetto del piano di
sicurezza che prevedeva il coordinamento tra i diversi operanti, in modo che tutti
gli spostamenti all’interno del cantiere avvenissero contemporaneamente se con

mancanza di coordinamento, il Rellini si era messo in moto senza verificare che
lo Stefanelli stesse ancora controllando la segnaletica e per negligenza ed
imperizia lo aveva investito. Appunto la negligente ed imperita esecuzione della
manovra di retromarcia è stata ascritta al Rellini.

2. Avverso tale decisione ricorrono per cassazione il Benenati ed il Rellini a
mezzo del difensore di fiducia, avv. Nicoletta Piergentili Piromalli.
2.1. Con un primo motivo deducono vizio motivazionale per aver la Corte di
Appello omesso di vagliare le censure espresse nei motivi di impugnazione, le
quali segnalavano la rilevanza della condotta imprudente e negligente dello
Stefanelli, quale causa da sola efficiente rispetto all’evento nonchè la decisiva
circostanza della assenza dal cantiere del Benenati per ragioni legate allo
svolgimento dell’attività lavorativa.
2.2. Con un secondo motivo si lamenta violazione del principio di
correlazione tra accusa e sentenza, derivante dalla ritenuta sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 589, co. 2 cod. pen. nonostante essa non sia mai
stata contestata.
2.3. Con un terzo motivo si censura la mancata declaratoria di estinzione del
reato per prescrizione e la mancata prevalenza accordata alle concesse
attenuanti generiche, giudizio privo di motivazione.
2.4. Con un quarto motivo si censura la mancata motivazione in merito alla
concessione della provvisionale, della quale sarebbero insussistenti i presupposti.

3. Ricorre per cassazione il responsabile civile s.c.p.a. Generali Bussiness
Solutions, con atto sottoscritto dal difensore, avv. Giacomo Tartaglione, che con
unico motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 18 della legge
990/1969 per aver la Corte di Appello omesso di fare applicazione del principio
del favor rei, non dichiarando prescritto il reato ascritto agli imputati per essere
decorso il termine di sette anni e sei mesi, previsto dalla disciplina previgente
alla legge n. 251/2005; avendo peraltro immotivamente negato la prevalenza

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veicoli, o, se a piedi, previo avvertimento degli altri operai. A causa della

delle concesse attenuanti generiche e fatto riferimento ad aggravante diversa da
quella indicata nel capo di imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono infondati.
4.1. Per la natura pregiudiziale della questione merita di essere affrontata in
primo luogo la censura che chiama in causa una pretesa violazione del divieto di
immutazione del fatto, che – nella esplicazione appena più articolata della difesa
degli imputati – si sarebbe concretizzato nel ritenere sussistente l’aggravante di

Orbene, per quanto l’eccezione difensiva sia stata sollevata in sede di
merito unicamente in relazione alla posizione del Rellini, mette conto osservare
che al Benenati è stato contestato di avere violato, in qualità di responsabile di
cantiere, le norme dei Piani di sicurezza di cantiere adottati per i lavori ai quali
attendeva e al Rellini di avere, alla guida di un autocarro, percorso in retromarcia
un tratto dell’autostrada A/30; pertanto, correttamente la Corte di Appello ha
rimarcato che non sussiste alcuna violazione del principio di correlazione quando
le circostanze aggravanti, come nel caso, siano contestate in forma descrittiva,
pur senza indicazione di articoli di legge. E’ infatti del tutto evidente che agli
imputati erano state contestate rispettivamente la violazione di una regola
cautelare in materia prevenzionistica ed una prescrizione cautelare in materia di
circolazione stradale. Ad una simile affermazione, del tutto in linea con la
giurisprudenza di legittimità (ex pluribus, Sez. 6, n. 40283 del 28/09/2012 dep. 12/10/2012, P.G. in proc. Diaji, Rv. 253776), il ricorrente oppone una
doglianza generica ed assertiva, prima ancora che infondata.
4.2. Gli imputati lamentano che la condotta della vittima non sia stata
qualificata causa da sola sufficiente a determinare l’evento illecito, secondo
l’accezione e per gli effetti di cui all’art. 41, co. 2 cod. pen.
E’ ben nota la giurisprudenza di questa Corte in materia di interruzione del
nesso causale: perché possa ritenersi interrotto il nesso condizionalistico tra
condotta del trasgressore ed evento è necessario che il fattore interferente
assorba per intero il processo causale. E’ quanto si esprime comunemente con
l’affermazione per la quale la condotta del trasgressore degrada, da causa, ad
occasione dell’evento. E’ quanto si pretende con la richiesta del necessario
carattere di eccezionalità della causa sopravvenuta (ma, secondo l’opinione
preferibile, anche precedente o concomitante: art. 41, co. 3 cod. pen.).
Deve pertanto trattarsi, secondo questo condivisibile orientamento, di un
processo non completamente avulso dall’antecedente, ma “sufficiente” a
determinare l’evento, secondo un’accezione di sufficienza che non può essere
identificata nell’autonomia cui allude l’art. 41, co. 1 cod. pen. (sicché fuorviante

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cui all’art. 589, co. 2 cod. pen., ancorché mai contestata nel corso del giudizio.

è il riferimento sovente operato al carattere, che si vorrebbe dover essere
proprio della causa sufficiente, della “totale indipendenza dalla condotta
dell’imputato”: Cass. Sez. 5, sent. n. 11954 del 26/01/2010, Palazzolo, Rv.
246549; Cass. Sez. 5, sent. n. 15220 del 26/01/2011, Trabelsi e altri, Rv.
249967).
Lo snodo essenziale del tema in esame sembra a tutt’oggi essere quello del
reperimento di un’adeguata definizione di “causa sufficiente”, la quale va
ricercata nella prospettiva propria del giudizio di attribuzione di responsabilità

Ciò posto, è più agevole comprendere che tale concetto non può e non deve
essere colto alla luce di leggi fisiche, ma sulla base delle ragioni dell’imputazione
giuridica. Viene perciò in rilievo, ad esempio per la teoria della causalità umana,
il potere di signoria dell’uomo, in forza del quale si afferma che “può dunque
essere oggettivamente attribuito all’agente quanto è da lui dominabile ma non
ciò che fuoriesce da questa possibilità di controllo” (Cass. Sez. 4, sent. n. 9967
del 18/01/2010, P.G. e P.C. in proc. Otelli e altro, Rv. 246797). Fuori della
possibilità di controllo viene ritenuto, secondo questa ricostruzione, “il fatto che
ha una probabilità minima, insignificante di verificarsi: il fatto che si verifica
soltanto in casi rarissimi… nei giudizi sulla causalità umana si considerano
“propri” del soggetto tutti i fattori esterni che concorrono con la sua azione,
esclusi quelli che hanno una probabilità minima, trascurabile di verificarsi; in altri
termini esclusi i fattori che presentano un carattere di eccezionalità”.
Nel fare propria questa teoria la giurisprudenza di legittimità svolge un’utile
precisazione. Per l’attribuzione del fatto sul piano oggettivo è necessario: a) che
l’imputato con la sua condotta abbia posto in essere un fattore causale del
risultato, vale a dire un fattore senza il quale il risultato medesimo nel caso
concreto non si sarebbe avverato; b) che l’evento non sia dovuto al concorso di
fattori eccezionali. La causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di
causalità (o a procurane la sua interruzione, come altrimenti si dice) presuppone
quindi l’esistenza di un percorso causale ricollegato all’azione (od omissione)
dell’agente ma si pone rispetto a questo come addizione completamente atipica,
di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale; di un fattore che non si
verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta
(Cass. Sez. 4, sent. n. 9967 del 18/01/2010, cit.).
Tanto vale per il fattore interferente che abbia concorso nella determinazione
di quel medesimo evento cui avrebbe condotto il percorso causale facente
interamente capo all’agente/omittente, qualora non fosse intervenuto
quell’ulteriore addizione causale.

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giuridica. Si tratta, detto altrimenti, del concetto ‘giuridico’ di causa sufficiente.

Ma vale, secondo la prevalente giurisprudenza, anche nell’ipotesi in cui il
fattore interferente, che si innesta nel decorso causale già innescato dalla
condotta del trasgressore, aggrava l’evento che si sarebbe prodotto.
Anche in tali casi non risulta comunque reciso il nesso causale e la
concorrenza causale di condotte di altri dal reo assume valore solo sul piano
sanzionatorio.
La natura eccezionale ed imprevedibile del fatto sopravvenuto è però un
tipico accertamento devoluto al giudice del merito che deve logicamente valutare

secondo i giudici di primo e di secondo grado, non può reputarsi causa
totalmente autonoma ed imprevedibile il fatto di altro lavoratore che concreti
inosservanza delle regole che disciplinano la corretta modalità di esecuzione
dell’attività cui quello è addetto.
L’affermazione del giudice distrettuale è in linea con il principio di diritto
posto da questa Corte: “in tema di causalità, la colpa del lavoratore
eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica
addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi
dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la
violazione e l’evento-morte o -lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può
essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del
lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa
all’evento”. Vale rimarcare che nell’occasione questa Corte ha precisato che è
abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed
imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei
soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni
sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto
un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel
segmento di lavoro attribuitogli (Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011 – dep.
09/06/2011, Millo e altri, Rv. 250710).
Ne consegue la correttezza della valutazione della Corte di merito quanto
alla sussistenza del nesso causale tra le violazioni cautelari rispettivamente
ascritte agli imputati e l’evento illecito.
Quanto alla rilevata assenza dal cantiere del Benenati, si tratta di
circostanza priva di rilievo, posto che ciò che gli viene ascritto è di aver omesso
di assicurare il coordinamento dell’attività dei dipendenti delle due diverse ditte
operanti nel cantiere.
4.3. La doglianza che lamenta la mancata declaratoria di estinzione del reato
per prescrizione è derivata da quella che asserisce l’illegittimità del giudizio di
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589, co. 2 cod. pen.; sicchè rigettata

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il suo convincimento sul punto. Ciò è avvenuto nel caso in esame perché,

quest’ultima, con riferimento a tutti i ricorsi in esame, risulta per tabulas la
riferibilità al caso in esame del termine di prescrizione di quindici anni, risultante
dell’applicazione tanto della disciplina previgente alla legge n. 251/05 che di
quest’ultima (e, peraltro, essendo state ritenute solo equivalenti le attenuanti
generiche, anche facendo riferimento alla pena di cui all’art. 589, co. 1 cod. pen.
e alla disciplina ante legge n. 251/2005 il termine massimo di prescrizione
sarebbe di quindici anni).
Né coglie il segno il rilievo, pur esso , comune a tutti i ricorrenti, della

generiche; occorre rammentare, al riguardo, che in tema di giudizio di
comparazione tra circostanze concorrenti, il giudice è tenuto a dar conto del
proprio giudizio in ordine alla valutazione delle circostanze stesse e, sebbene non
sia tenuto anche a formulare una analitica esposizione dei criteri di valutazione,
deve tuttavia esporre le proprie argomentazioni ai fini della dimostrazione del
corretto uso del potere discrezionale e del fondamento delle sue conclusioni,
quando vi sia stata espressa e motivata richiesta degli imputati (Sez. 6, n. 6616
del 28/02/1994 – dep. 06/06/1994, Nisi ed altri, Rv. 198524). Sussiste quindi un
rapporto di proporzione diretta tra l’estensione dell’onere motivazionale e la
motivazione della richiesta difensiva; ove questa manchi o sia generica, tanto da
risultare meramente sollecitatoria, anche la esplicazione dell’avvenuta
valutazione della istanza può essere sufficiente a far ritenere adempiuto
quell’onere.
Nel caso di specie, la Corte di Appello ha reso esplicito di aver valutato
congruo il trattamento sanzionatorio definito in primo grado, rimarcando come
esso avesse trovato la giusta misura attraverso la concessione delle attenuanti
generiche, valutate equivalenti alla contestata aggravante. Ed ha respinto la
richiesta di un diverso bilanciamento, reputando inidonea al riguardo la
prospettata incensuratezza degli imputati. E’ quindi manifestamente infondata la
censura difensiva, che evoca un giudizio espresso “senza alcuna motivazione sul
punto”.
4.4. Parimenti inammissibile è il quarto motivo dei ricorsi degli imputati. La
giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che la pronuncia circa
l’assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente
delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la
determinazione dell’ammontare della stessa è rimessa alla discrezionalità del
giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto.
Ne consegue che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in
quanto, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato, è destinato ad
essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 5, n.

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carenza di motivazione del confermato giudizio di equivalenza delle attenuanti

40410 del 18/03/2004 – dep. 15/10/2004, Farina ed altri, Rv. 230105; Sez. 4, n.
34791 del 23/06/2010 – dep. 27/09/2010, Mazzamurro, Rv. 248348).

5. In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti vanno
condannati al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in solido
delle spese sostenute dalle costituite parti civili Stefanelli Giovanni e Pisanti
Caterina; spese che si liquidano in euro 2500,00 ciascuna, oltre accessori come
per legge.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
nonché al pagamento in solido delle spese sostenute dalle costituite parti civili
Stefanelli Giovanni e Pisanti Caterina che liquida rispettivamente in euro 2500,00
ciascuna oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24/4/2014.

P.Q.M.

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