Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34116 del 24/04/2014
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34116 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DOVERE SALVATORE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIGLIO PAOLO N. IL 25/02/1982
avverso la sentenza n. 510/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
13/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ftakw,<,
che ha concluso per .e
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2oete rAvvi Uditi difensori' Avv. Ka446 tWQÀti
dx1A45 4,02 ie.tkAyb L AA-14-L-o. Data Udienza: 24/04/2014 RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Bologna ha
confermato quella pronunciata dal Tribunale di Piacenza, con la quale si è
giudicato Giglio Paolo colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica
[art., 186, co. 2 lett., c) Cod. str.] e del reato di guida in stato di alterazione
psico-fisica da sostanze stupefacenti o psicotrope, commessi il 27.1.2008. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del 2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 191
cod. proc. pen., per aver la Corte di Appello ritenuto utilizzabile l'esito del
prelievo ematico eseguito al Giglio nonostante l'assenza di consenso di questi,
necessario perché il prelievo era stato eseguito dopo la visita medica e gli
accertamenti del caso su successiva richiesta dei Carabinieri, senza che vi fosse
alcun nesso con esigenze di cura del paziente e con i protocolli sanitari del
Pronto soccorso, in violazione del rifiuto opposto dal Giglio. Ad avviso
dell'esponente, "solo un documento sanitario, contenente le analisi di
laboratorio, creato nell'ambito di un preciso protocollo medico e non preordinato
a fini di prova della responsabilità penale, bensì necessitato da una tutela della
persona, avrebbe potuto conservare la propria natura e legittimare la propria
utilizzazione processuale".
2.2. Con un secondo motivo si lamenta errata applicazione dell'art. 186, co.
5 Cod. str. per aver la Corte di Appello tralasciato di considerare il protocollo
operativo predisposto dal Ministero della salute di concerto con il Ministero degli
Interni e con quello delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi della menzionata
disposizione; protocollo a mente del quale l'accertamento si esegue su un
campione di sangue prelevato per l'analisi specifica previo consenso
dell'interessato e devono essere predisposte tre aliquote, una per l'accertamento
analitico, una per le analisi di conferma e la terza per eventuali controanalisi.
2.3. Si deduce, ancora, vizio motivazionale per aver la Corte di Appello
affermato contraddittoriamente che il consenso era stato prestato dopo
l'intervento del padre dell'imputato, che quindi recedeva dall'iniziale rifiuto, e che
le informazioni legali fornitegli dal carabiniere Bacci (relative alle conseguenze
del rifiuto) erano incomplete, senza concludere tuttavia per l'invalidità del
consenso. Errata e non sostenuta da adeguata motivazione sarebbe poi
l'affermazione di un consenso espresso da fatti concludenti.
2.4. Con un quarto motivo si lamenta violazione dell'art. 53 I. 689/81, per
aver la Corte di Appello dichiarato inammissibile il motivo concernente la
richiesta di sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria per essere il 2 difensore di fiducia, avv. Roberto Rovero. medesimo generico. In realtà, assume l'esponente, le ragioni della richiesta
erano state esplicitate attraverso il richiamo alle condizioni di legge, mentre l'art.
53 cit. non prevede alcun onere a carico dell'imputato che chieda la conversione
della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.1. In via preliminare va rilevato che i reati ascritti all'imputato risultano
estinti per essere decorso il termine massimo di prescrizione del reato. I fatti
illeciti risultano consumati il 27.1.2008 e la prescrizione, trattandosi di 27.1.2013.
Tanto determina che l'esame del ricorso deve essere condotto secondo la
particolare prospettiva tracciata dall'art. 129 cod. proc. pen.; dovendosi quindi
verificare - ove non risulti l'inammissibilità dell'impugnazione (cfr. Sez. 2, n.
28848 del 08/05/2013 - dep. 08/07/2013, Ciaffoni, Rv. 256463; Sez. U, n. 32
del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266) - se emerga l'evidenza
dell'innocenza del Giglio, ove l'evidenza va intesa come ricorrenza di circostanze
idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell'imputato e la sua rilevanza penale; circostanze che emergano dagli atti in
modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione giudiziale si risolva
in una "constatazione" piuttosto che in un "apprezzamento", non richiedendosi
alcun accertamento o approfondimento (cfr. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
3.2. Orbene, nel caso che occupa la sentenza impugnata va annullata senza
rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
Ed invero, i motivi sviluppati dall'esponente sono infondati.
Questa Corte ha più volte chiarito che per l'utilizzabilità dell'accertamento in
parola non è necessario che esso trovi esclusiva causa nelle necessità
diagnostiche e terapeutiche, essendo sufficiente che il prelievo venga eseguito in
occasione dell'apprestamento di cure. L'art. 186, co. 5 C.d.S. menziona i
"conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche",
delineando una oggettiva condizione di affidamento della persona di cui trattasi
al personale medico per l'apprestamento di cure. Questo solo presupposto è
sufficiente perché la Polizia stradale possa avanzare la richiesta
dell'accertamento del tasso alcolemico. I risultati del prelievo ematico, effettuato
a seguito di incidente stradale durante il successivo ricovero presso una struttura
ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria, sono pertanto
utilizzabili nei confronti dell'imputato per l'accertamento del reato di guida in
stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la
documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità 3 contravvenzioni (art. 157, co. 1 cod. pen.), è quindi maturata con il decorso del processuale, la mancanza del consenso. Solo ove il paziente rifiuti
espressamente di essere sottoposto a qualsiasi trattamento sanitario il prelievo
non è effettuabile (Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012 - dep. 07/03/2013, Bazzotti,
Rv. 254933).
Nel caso di specie è il medesimo ricorrente a rammentare che egli venne
sottoposto al prelievo ematico dopo che era stato sottoposto alle cure resesi
necessarie a seguito dell'incidente stradale al quale aveva dato causa; egli ha sì
evocato anche il rifiuto opposto a tale accertamento, ma non ha omesso di prima del prelievo - in consenso. Osservato che la Corte di Appello ha
estesamente argomentato in ordine alle ragioni per le quali ha ritenuto superato
l'iniziale rifiuto del Giglio, con motivazione non manifestamente illogica - le
censure dell'esponente tendono ad una diversa ricostruzione dei fatti mediante
opposta valutazione della prova -, che all'origine di tale diversa volontà si sia
posto l'intervento di un familiare o la non corretta conoscenza delle implicazioni
dell'accertamento è questione del tutto irrilevante ai fini che qui occupano: la
prima circostanza attiene alla sfera dei motivi; la seconda potrebbe assumere
rilevanza solo ove fosse necessario per l'esecuzione del prelievo un consenso,
chiaramente un consenso validamente espresso. Ma come già puntualizzato, alle
condizioni previste dall'art. 186, co. 5 Cod. str. il consenso non gioca alcun ruolo.
Deriva da quanto appena osservato che, stante la piena utilizzabilità delle
risultanze del prelievo ematico, non c'è alcuna evidenza dell'innocenza
dell'imputato.
3.3. Quanto all'ultimo motivo di ricorso, va rilevato che l'evocazione della
sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria venne fatta nel corpo
dell'atto di appello nella forma della mera richiesta. Ciò contribuisce a chiarire
perché la Corte di Appello abbia, seppur impropriamente, parlato di
'inammissibilità' della richiesta. Deve convenirsi con il ricorrente che una simile
richiesta non deve necessariamente assumere quel grado di specificità che è
prevista dall'art. 581 cod. proc. pen. per i motivi di impugnazione; essa ha in
sostanza funzione sollecitatoria dell'esercizio di un potere che il giudice ha ex
officio.
Ma ciò non vizia la sentenza impugnata perché la Corte di Appello ha
motivato nel merito le ragioni della propria decisione di negare la sostituzione
della pena detentiva, facendo riferimento alla gravità del fatto. Il Collegio ha
quindi evocato uno degli indici previsti dall'art. 133 cod. pen.; e ad esso occorre
guardare per cogliere la mappa dei parametri ai quali il giudice deve attenersi
nell'esercizio del potere discrezionale di sostituzione della pena (cfr., ex multis,
Sez. 2, n. 28707 del 03/04/2013 - dep. 04/07/2013, Di Pasquale, Rv. 256725). 4 aggiungere che si trattò di un rifiuto iniziale, mutatosi successivamente - ma 5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché i
reati ascritti al giglio sono estinti per prescrizione.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto
prescrizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24/4/2014.