Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34108 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 34108 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– TESTA MATTEO, n. 29/08/1984 a PALERMO

avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà di REGGIO CALABRIA in data
25/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. M. Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio
dell’impugnata sentenza limitatamente all’aggravante di cui all’art. 4, legge n.
146/2006, con rigetto del ricorso, nel resto;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. A. Turrisi, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 11/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 25/10/2013, depositata in data 7/11/2013, il
tribunale del riesame di REGGIO CALABRIA, respingeva l’istanza di riesame
proposta nell’interesse di TESTA MATTEO avverso l’ordinanza applicativa della
misura cautelare della custodia in carcere emessa dal GIP presso il tribunale

nei confronti del predetto Testa in quanto il medesimo è indagato, unitamente ad
altri soggetti nei cui confronti si procede separatamente, per il delitto di
associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art.
74, commi 1, 2 e 3, d.P.R. n. 309/1990: capo a), con il ruolo di promotore ed
organizzatore del sodalizio, al vertice dell’articolazione palermitana del
medesimo, pur se in posizione subordinata ad altri soggetti (Sacco ed Inzerra),
con l’addebito di aver curato l’acquisto sistematico di ingenti quantitativi di
sostanza stupefacente direttamente dalla base calabrese – reperendo le risorse
finanziarie necessarie e mantenendo continui contatti con tale Girolamo Magnoli
e gli intermediari di quest’ultimo -, stupefacente di cui curava poi la diffusione
nel mercato di Palermo e provincia, ricoprendo dunque il ruolo di promotore ed
organizzatore dell’associazione (fino al 28 maggio 2011, data dell’arresto).
Al medesimo sono addebitati nell’ordinanza custodiale anche una serie di reati fine, contestati come commessi in concorso con altri soggetti nei cui confronti si
procede separatamente e, in particolare: 1) il reato di cui agli artt. 110 ed 81
cpv c.p., 73, commi 1 e 6 ed 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, aggravato dalla
transnazionalità ex artt. 3 e 4, legge n. 146/2006, relativo a stupefacente del
tipo hashish (contestato come commesso in Italia ed all’estero, tra il 4 ed il 21
gennaio 2011: capo b); 2) il reato di cui agli artt. 110 ed 81 cpv c.p., 73, commi
1 e 6 ed 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, aggravato dalla transnazionalità ex
artt. 3 e 4, legge n. 146/2006, relativo a stupefacente del tipo hashish
(contestato come commesso in Italia ed all’estero, tra il 27 gennaio ed il 4
febbraio 2011: capo e); 3) il reato di cui agli artt. 110 ed 81 cpv c.p., 73, commi
1 e 6 ed 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, aggravato dalla transnazionalità ex
artt. 3 e 4, legge n. 146/2006, relativo a stupefacente del tipo hashish
(contestato come commesso in Italia ed all’estero, tra il 6 ed il 21 febbraio 2011:
capo f); 4) il reato di cui agli artt. 110 ed 81 cpv c.p., 73 d.P.R. n. 309/1990,
aggravato dalla transnazionalità ex artt. 3 e 4, legge n. 146/2006, relativo a
stupefacente di tipo e quantità imprecisati (contestato come commesso in Italia
ed all’estero, tra il 13 ed il 26 febbraio 2011: capo h); 5) il reato di cui agli artt.
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della stessa città in data 24/09/2013; in particolare, la misura risulta disposta

110 ed 81 cpv c.p., 73, commi 1 e 6 ed 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990,
aggravato dalla transnazionalità ex artt. 3 e 4, legge n. 146/2006, relativo a
stupefacente del tipo hashish (contestato come commesso in Italia ed all’estero,
tra il 27 febbraio ed il 4 marzo 2011: capo I).

2. Ha proposto ricorso il TESTA, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista,
impugnando la predetta ordinanza e deducendo tre motivi, di seguito enunciati

proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e), c.p.p.
in relazione agli artt. 125 e 273 c.p.p., 74, comma 1, 73 ed 80, d.P.R. n.
309/1990, 59 c.p., 3, comma 1 e 4, comma 1, legge n. 146/2006 e correlati vizi
motivazionali.
In sintesi, il ricorrente muove all’ordinanza impugnata una censura di violazione
di legge penale e di vizio di motivazione manifestamente illogica e lacunosa, per
non aver il tribunale fornito alcuna spiegazione circa l’eccezione difensiva
inerente l’insussistenza della circostanza aggravante della transnazionalità in
relazione alla posizione del ricorrente, nella specie non indicando quali fossero i
gravi indizi di colpevolezza per affermare che il Testa fosse consapevole, alla luce
dei criteri di cui all’art. 59 c.p., che le transazioni illecite delle sostanze
stupefacenti acquistate da alcuni soggetti calabresi e in territorio calabrese nelle
varie ipotesi di reato contestate ai capi B), E), F), H) ed I) della rubrica,
riguardanti prevalentemente hashish, vedessero coinvolto un gruppo criminale
organizzato impegnato in attività illecite in più di uno Stato; la motivazione
dell’ordinanza impugnata (il richiamo, in ricorso, è alla pag. 44) sarebbe illogica
e carente, oltre che violativa delle disposizioni normative richiamate, in quanto i
giudici del riesame avrebbero attribuito l’aggravante al Testa a titolo di
responsabilità oggettiva, indipendentemente da qualsiasi motivazione circa la
consapevolezza da parte del ricorrente circa la provenienza dello stupefacente da
uno Stato estero, ma anche e soprattutto in ordine alla circostanza che in uno o
più Stati esteri operasse un gruppo criminale organizzato in più di uno Stato; in
sostanza, il tribunale, muovendo dalla risultanza secondo cui il sodale Magnoli,
operante nel territorio calabrese, si approvvigionava degli stupefacenti in
Francia, avrebbe automaticamente fatto discendere con illegittima proprietà
transitiva il giudizio di sussistenza di tale circostanza aggravante ad effetto
speciale in capo al ricorrente, indipendentemente da qualsiasi valutazione circa
la consapevolezza da parte del Testa e dei suoi correi palermitani sulla sua
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nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod.

sussistenza in concreto; la motivazione, dunque, sarebbe illogica e carente, oltre
che assunta in violazione dell’art. 59 c.p., non essendo emerso alcun elemento
dalle indagini che il ricorrente fosse o potesse essere a conoscenza ai sensi
dell’art. 59 c.p., sia della circostanza che lo stupefacente acquistato dai calabresi
ed in Calabria provenisse dall’estero sia, soprattutto, del fatto che i trasporti di
dette sostanze dalla Francia all’Italia fossero opera di un sodalizio operante in più

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e),
c.p.p. in relazione agli artt. 125 e 273 c.p.p. e 74, comma 1 d.P.R. n. 309/1990
e correlati vizi motivazionali.
In sintesi, il ricorrente muove all’ordinanza impugnata una censura di violazione
di legge penale e di vizio di motivazione manifestamente illogica e lacunosa, per
aver ritenuto configurabile in capo al ricorrente il delitto di cui all’art. 74, d.P.R.
n. 309/1990, senza tener conto della circostanza che il ruolo da questi
materialmente ricoperto sarebbe quello di corriere, per conto dei correi
palermitani, effettuando alcuni viaggi in Calabria e tenuto conto che questi non
sarebbe stato presente alla riunione accertata dagli inquirenti il 14/03/2011 in
Gioia Tauro, tra i palermitani ed i fornitori calabresi; l’ordinanza impugnata, in
particolare, sarebbe manifestamente illogica e carente (il richiamo, in ricorso, è
alla pag. 98), sia perché afferma in modo apodittico il ruolo del Testa in seno al
sodalizio nonostante non siano stati indicati specifici elementi di indagine in
grado di corroborare a livello di gravità indiziaria il giudizio di sussistenza in
concreto “dell’aggravante ad effetto speciale”; ancora, detto vizio sarebbe
percepibile nella parte in cui l’ordinanza sottolinea il ruolo subalterno del Testa
rispetto ai sodali palermitani Sacco ed Inzerra e, nel prosieguo, del secondo
rispetto al Sacco.

2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e), c.p.p. in
relazione agli artt. 125 e 273 c.p.p., 73 ed 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990 e
correlati vizi motivazionali.
In sintesi, il ricorrente muove all’ordinanza impugnata una censura di violazione
di legge e vizio di motivazione circa la configurabilità dei reati fine e
dell’aggravante dell’ingente quantità, sia per non essere mai stata sequestrata la
sostanza stupefacente del tipo hashish (non essendo stato quindi possibile
accertare i dati ponderali ed i principi attivi) sia per aver il tribunale ritenuto
configurabile detta aggravante sulla base di argomentazioni illogiche (il
riferimento, in ricorso, è alla pag. 43 dell’ordinanza), laddove invece si consideri
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di uno Stato.

che la certa quantificazione del dato ponderale degli stupefacenti, in assenza di
sequestri, ma solo sulla base delle intercettazioni telefoniche, richiede una
particolare chiarezza ed affidabilità dei contenuti delle conversazioni intercettate,
sì da non lasciare spazio ad interpretazioni biunivoche (il riferimento, ancora, è
alle richieste di fornitura fatte dai sodali palermitani ai calabresi di “DEG vedi per
cento”, senza che siano emersi gravi indizi di colpevolezza tali da confermare
che, a distanza di alcune settimane, le richieste siano state effettivamente

3. Con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte in data 28 maggio
2014, la difesa del ricorrente ha proposto motivi nuovi deducendo:
a) il vizio di cui alle lett. b) ed e) dell’art. 606 c.p.p., in relazione agli artt. 125 e
273 c.p.p. e 74, d.P.R. n. 309/1990 (dolendosi del fatto che l’ordinanza
impugnata non avrebbe fornito congrua ed esaustiva motivazione circa il
percorso logico – argomentativo seguito per acclarare la sussistenza dei gradi
indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo di cui all’art. 74, TU Stup.,
con specifico riferimento alla posizione processuale del Testa);
b) il vizio di cui alle lett. b) ed e), dell’art. 606 c.p.p., in relazione agli artt. 125,
273 c.p.p., 110 c.p., 73 ed 80, d.P.R. n. 309/1990 (dolendosi perché l’ordinanza
avrebbe assiomaticamente ritenuto che il Testa fosse coinvolto in tutti i singoli
episodi di traffico di sostanza stupefacente, in quanto questi, unitamente al
Sacco, all’Inzerra ed al D’Agostino, fosse utilizzatore dell’utenza cellulare
328/2812098, sottoposta a captazione nel corso delle indagini preliminari);
c) il vizio di cui alle lett. b) ed e), dell’art. 606 c.p.p., in relazione agli artt. 125,
274 c.p.p., 73, 80, comma 2, e 74, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 (dolendosi del
fatto che, dall’illegittima valutazione in ordine alla sussistenza della, contestati
aggravanti di cui al comma 1 dell’art. 74, TU Stup. e dell’art. 4, legge n.
146/2006, ne sarebbe derivata l’illegittima valutazione in ordine alla sussistenza
delle esigenze cautelari a carico del Testa);
d) il vizio di cui alle lett. b) ed e) dell’art. 606 c.p.p, in relazione agli artt. 125,
273 c.p.p. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, 59 c.p., 3, comma 1 e 4, legge n.
146/2006 (dolendosi della illogicità manifesta e lacunosità dell’ordinanza
impugnata, soprattutto alla luce della sentenza di questa Corte, n. 1039 del 15
aprile 2014, che, giudicando della medesima ordinanza con riferimento alla
posizione di altro indagato, ha annullato l’ordinanza medesima ritenendo
insussistente la circostanza aggravante di cui all’art. 4, legge n. 146/2006,
sicché, trattandosi di circostanza di carattere oggettivo, verrebbero meno le
condizioni per ritenere configurabile la stessa a carico del Testa).
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soddisfatte effettivamente, con riferimento ai quantitativi di hashish).

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso dev’essere parzialmente accolto per le ragioni di seguito esposte.

dalla difesa del ricorrente in data 28 maggio 2014, termine da considerarsi
tardivo rispetto alla data dell’udienza camerale (11 giugno 2014). Ed invero,
l’inosservanza del termine di quindici giorni per il deposito di memorie e motivi
nuovi, previsto dall’art. 611 cod. proc. pen., importa la loro inutilizzabilità sotto il
profilo dell’esenzione per la Cassazione dall’obbligo di sottoporli al proprio esame
ai fini della decisione.

5.

Premesso quanto sopra, può procedersi nell’esame seguendo l’ordine

espositivo svolto dal ricorrente, dovendosi affrontare per prima la doglianza
afferente la configurabilità dell’aggravante della c.d. transnazionalità di cui
all’art. 4 della legge n. 146/2006.
La norma di riferimento è costituita dall’art. 4 della L. 16-3-2006 n. 146 che,
sotto la rubrica “Circostanza aggravante”, prevede che per i reati puniti con la
pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni nella commissione
dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato
in attività criminali in più di uno Stato la pena è aumentata da un terzo alla
metà. La norma prosegue, poi, al secondo comma, precisando che si applica
altresì il comma 2 dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive
modificazioni.
Sul punto, il tribunale ritiene applicabile l’aggravante dell’art. 4 della legge n.
146/2006 anche al sodale che asserisca di non aver consapevolezza della sua
esistenza (v. pag. 44 motivazione dell’impugnata ordinanza); in tal senso, i
giudici di merito ritengono che l’aggravante sia di tipo oggettivo e, quindi,
imputabile ai sensi dell’art. 59, comma 2, c.p. anche a chi versi in una situazione
di ignoranza incolpevole (arg. ex art. 7, D.L. n. 152/1991).
Sul punto, questo Collegio prende atto, uniformandosi (sebbene con le riserve di
cui si dirà nel § 6)g al decisum di questa stessa Sezione che, con riferimento alla
medesima ordinanza – impugnata dal concorrente Sala (sentenza 15 aprile – 14
maggio 2014, n. 19882) -, ha: a) ritenuto fondato il ricorso in ordine
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4. Deve, preliminarmente, dichiararsi l’inammissibilità dei motivi nuovi depositati

all’aggravante di cui all’art. 4, comma 1, legge n. 146/2006, per aver l’ordinanza
impugnata ravvisato la configurabilità di detta aggravante esclusivamente per il
fatto che la stessa associazione per delinquere, oggetto della contestazione,
operava all’estero, senza motivare sulla sussistenza delle condizioni previste
dall’art. 4 citato ed esplicitate nella nota sentenza delle Sezioni Unite penali di
questa Corte n. 18374/2013, ric. Adami; b) ritenuto fondato il ricorso anche in
relazione all’ulteriore profilo di doglianza che investiva il provvedimento

dell’indagato della sussistenza dell’aggravante in contrasto con la disposizione
dell’art. 59 c.p. (l’ordinanza, cioè, non affronta la questione dell’elemento
soggettivo del reato, dando così luogo ad una mancanza di motivazione sul
punto, e non risponde alle specifiche eccezioni sollevate

44. ricorrente).

Tali considerazioni non possono non valere anche nei confronti dell’attuale
ricorrente, atteso che, per tali profili, investiti specificamente nel primo motivo di
ricorso, valgono le medesime argomentazioni già esposte da questa Corte nella
richiamata sentenza. In particolare, riprendendo quanto già affermato da questa
Sezione nel ricorso Sala, può ribadirsi che il tribunale avrebbe dovuto valutare il
profilo soggettivo di ciascun indagato ed, in particolare, la sua consapevolezza di
partecipare ad un’associazione per delinquere la cui attività sia stata determinata
o anche solo agevolata, in tutto od in parte, dall’apporto di un diverso gruppo
criminale organizzato, impegnato in attività illecite in più di uno Stato.

6. Chiarito quanto sopra, va osservato – incidenter tantum

come la questione

della natura oggettiva o soggettiva dell’aggravante de qua meriterebbe peraltro
un maggiore approfondimento.
Ed invero, è pacifico che le “qualità personali”, pur costituendo aggravanti
“soggettive” (art. 70, 1° co., n. 2), non costituiscono circostanze ad
“imputazione personale” (non essendo richiamate dall’art. 118) e perciò sono
poste a carico anche dei concorrenti purché costoro (ex art. 59) abbiano
consapevolezza attuale o potenziale delle qualità stesse. Invece, le aggravanti
“oggettive” (ex art. 70, 1° co., n. 1), rientrando tutte, indistintamente (con
argumentum a contrario rispetto al silenzio dell’art. 118), nella categoria delle
circostanze “ad imputazione impersonale” sono poste, nella loro totalità, a carico
dei concorrenti, purché ricorrano i requisiti di consapevolezza attuale o
potenziale richiesti dall’art. 59, 2° co. (C., S.U., 19.1.1994 in tema di
contrabbando aggravato dalla connessione con altro delitto contro la fede
pubblica, nel caso di specie, estinto; C., Sez. V, 28.10.1996, in tema di lesioni
personali aggravate dal nesso teleologico con un fatto estorsivo).
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impugnate laddove ha ritenuto irrilevante la consapevolezza da parte

Del resto, l’aggravante (di natura oggettiva, come sembrerebbe essere anche
quella dell’art. 4, legge n. 146/2006, evincibile a contrario da Sez. 6, n. 19802
del 22/01/2009 – dep. 09/05/2009, Napoletano, Rv. 244261) prevista dall’art. 7,
D.L. 13.5.1991, n. 152 può essere applicata ai concorrenti nel delitto, secondo il
disposto dell’art. 59, anche quando essi non siano consapevoli della
finalizzazione dell’azione delittuosa a vantaggio di un’associazione di stampo
mafioso, ma versino in una situazione di ignoranza colpevole (Sez. 2, n. 3428 del

del 30/05/2012 – dep. 18/06/2012, Di Mauro, Rv. 253114; Sez. 2, n. 51424 del
05/12/2013 – dep. 19/12/2013, Ferrante e altri, Rv. 258581).

7. Fondato, poi, è il secondo motivo di ricorso.
Ed invero, il ruolo del Testa, desumibile dalla motivazione dell’ordinanza
impugnata, è condensato in alcuni passaggi contenuti alle pagg. 98 e,
segnatamente, 99 dell’impugnata ordinanza, in cui viene ad essere valorizzata
dai giudici del riesame la circostanza della compresenza dei tre “vertici”
dell’associazione palermitana all’atto dell’arresto avvenuto il 28 maggio 2011
nella villetta di Ficarazzi con sequestro di un ingente quantitativo di
stupefacente.
Ritiene il Collegio che tali elementi siano, però, insufficienti per ritenere
configurabile il ruolo apicale del Testa nel sodalizio; sul punto, colgono
indubbiamente nel segno le doglianze difensive esposte nel secondo motivo, in
cui si sottolinea come la motivazione offerta dal tribunale del riesame sia
insufficiente, illogica e contraddittoria.
L’ordinanza, in effetti, afferma in modo apodittico il ruolo presuntivamente
rivestito dal Testa quale capo del sodalizio, nonostante non siano indicati nella
motivazione dell’impugnata ordinanza specifici elementi di indagine, in grado di
corroborare, sia pure a livello di gravità indiziaria, il giudizio di sussistenza in
concreto del ruolo apicale del Testa; in secondo luogo, ancora, la
contraddittorietà dell’ordinanza si appalesa laddove (pag. 98) sottolinea il ruolo
subalterno del Testa ai coindagati del gruppo “palermitano” (Sacco ed Inzerra),
aggiungendosi, peraltro, che il Sacco a sua volta avrebbe assunto in seguito un
ruolo di supremazia anche sull’Inserra. A fronte di tale carenze motivazionali, il
dato costituito dalla compresenza del gruppo palermitano in occasione
dell’arresto avvenuto nella villa di Ficarazzi non è sufficiente, allo stato, in difetto
di più consistenti elementi, per ritenere che il Testa rivestisse un ruolo apicale in
senso al predetto sodalizio, soprattutto laddove si consideri che, diversamente
dall’ipotesi accusatoria, era emerso che il festa non era presente alla riunione
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20/12/2012 – dep. 23/01/2013, Buonanno e altro, Rv. 254776; Sez. 6, n. 24025

tenutasi il 14 marzo 2011 in Gioia Tauro tra i “palermitani” ed i fornitori
calabresi; sicuro, quindi, il suo coinvolgimento quale corriere dello stupefacente,
per conto dei “palermitani”, per aver effettuato alcuni viaggi in Calabria, in
difetto di più consistenti elementi a sostegno del ruolo apicale, l’ordinanza
impugnata è sicuramente affetta dall’evocato deficit motivazionale.

8. L’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, infine, non esime

dell’aggravante dell’ingente quantità ex art. 80, comma 2, TU Stup.
Sul punto, la censura è infondata.
Ed invero, l’ordinanza impugnata spiega convincentemente le ragioni per le quali
detta aggravante debba essere ritenuta sussistente (v., in particolare, pag. 43)
anche in relazione ai singoli reati fine. Sul punto, merita di esser precisato che
bene la stessa può essere desunta dal valoq soglia superiore a 2000 volte il
valore soglia massimo in mg. (v., Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012 – dep.
20/09/2012, P.G. e Biondi, Rv. 253150) ed, inoltre, come più volte affermato da
questa Corte, la circostanza aggravante della detenzione di ingente quantità può
ritenersi sussistente anche in difetto di sequestro della sostanza, purché vi siano
elementi di prova certi che consentano di pervenire per via indiretta alla
individuazione del dato quantitativo (Sez. 4, n. 46194 del 05/07/2013 – dep.
18/11/2013, Myslihaka e altri, Rv. 257641). E, nel caso in esame, in relazione ai
reati – fine in relazione ai quali è stata contestata l’aggravante de qua, il
quantitativo di hashish desunto sulla base delle conversazioni intercettate o degli
SMS oggetto di captazione, lasciavano chiaramente intendere che la quantità di
stupefacente “trattato” fosse superiore a 2.000 volte il valore massimo, in
milligrammi (valore – soglia), determinato per l’hashish nella tabella allegata al
d.m. 11 aprile 2006 (valore soglia mg. 5000 – ingente quantità per quantitativi
superiori a kg. 1).
Nello specifico, va segnalato che il Tribunale ha ricostruito il quadro indiziario
facendo leva su una serie congiunta di acquisizioni processuali che vanno dalle
intercettazioni di conversazioni telefoniche ed ambientali e dall’intercettazione di
sms ai servizi di osservazione, controllo e pedinamento, alla interpretazione del
linguaggio cifrato utilizzato dagli indagati nel corso delle conversazioni:
linguaggio che è stato decriptato attraverso il ricorso a parametri rigorosamente
logici i quali hanno consentito agli investigatori di ritenere che l’unica spiegazione
logica dei termini utilizzati nel contesto del discorso intercettato fosse il
riferimento alla sostanza stupefacente ed agli accordi per programmare il
trasporto di ingenti quantitativi di droga nel territorio nazionale.
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questa Corte dall’esaminare il terzo motivo, con cui si contesta la configurabilità

8.1. A fronte di ciò, i rilievi del ricorrente sono, da un lato, errati in diritto e,
dall’altro, fondano su censure in fatto avulse dagli atti del processo che il
Collegio cautelare ha posto a fondamento della ratio decidendi.
Sotto il primo profilo, occorre ribadire come il costante orientamento di questa
Corte sia nel senso che gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche
possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato e non
devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora

convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di
diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non
contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi (Sez. 6, n. 3882
del 04/11/2011,dep. 31/01/2012, Annunziata, Rv. 251527).
Alle medesime condizioni, poi, gli indizi raccolti nel corso di conversazioni
telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l’imputato, possono
costituire fonte diretta di prova, senza necessità di reperire riscontri esterni (Sez.
1, Sentenza n. 40006 del 11/04/2013, Vetro, Rv. 257398).
Sotto il secondo profilo, le critiche rivolte verso l’impugnata ordinanza si
risolvono, nella sostanza, nell’enunciazione di censure che attengono al merito e
che quindi sono inammissibili nel giudizio di cassazione perché non tengono
conto che il sindacato di legittimità sui provvedimenti giurisdizionali non può mai
comportare una rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova
operazione di valutazione complessiva delle emergenze processuali, finalizzata
ad individuare percorsi logici alternativi diretti ad inficiare il convincimento
espresso dal giudice di merito.
Nella specie, i Giudici cautelari (sia il Gip che il Tribunale del riesame) hanno
fornito una logica spiegazione degli elementi acquisiti attraverso le
intercettazioni e gli SMS, che costituiscono l’ossatura portante delle rationes
decidendi, pervenendo alla conclusione che la terminologia usata (per evocare la
sostanza stupefacente:”dolce e gabbana”, “dolce”, “o dolcè”, “leila”, “‘alla”, “la
mia amica Iella”, “macchina”, “tempo”…; per indicarne la richiesta, la
disponibilità, la qualità o la quantità: “ottanta di dolcè”, “trenta di gold”, “mezza
barca”, “tre quarti di barca”, “solito”, ecc…) fosse allusiva per essere riferita
direttamente o indirettamente alla sostanza stupefacente e, in questa
prospettiva, le doglianze difensive circa l’interpretazione del contenuto delle
intercettazioni non possono essere scrutinate, invocandosi un controllo censorio
sull’apprezzamento del quadro probatorio non esercitabile a fronte di una
motivazione che non si appalesa ictu ocu/i illogica e che anzi è confermata da
contenuti espliciti alla sostanza stupefacente emersi nella stessa indagine.
10

siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e

In ogni caso, l’interpretazione del linguaggio (eventualmente “criptico”) e del
contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate è questione di fatto,
rimessa alla vantazione del giudice di merito.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità è univocamente orientata nel ritenere
che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni telefoniche, il
significato attribuito al linguaggio criptico utilizzato dagli interlocutori, e la stessa
natura convenzionale di esso, costituiscono valutazioni di merito insindacabili in

interpretativa. Se ricorrono di frequente termini che non trovano una spiegazione
coerente con il tema del discorso, e invece si spiegano nel contento ipotizzato
nella formulazione dell’accusa, come dimostrato dalla connessione con
determinati fatti commessi da persone che usano gli stessi termini in contesti
analoghi, se ne trae ragionevolmente un significato univoco ed la conseguente
affermazione sulla sussistenza della gravità indiziaria deve ritenersi scevra da
vizi (Sez. 5, 14/07/1997, n. 3643, Ingrosso, Rv. 209620).
Ad ulteriore conferma della corretta interpretazione delle conversazioni
intercettate, elemento di riscontro oggettivo esterno all’interpretazione del reale
contenuto delle telefonate intercettate, nel senso prospettato dagli inquirenti, è
costituito, secondo il Tribunale distrettuale, dai copiosi sequestri di sostanza
stupefacente avvenuti proprio sulla base delle indicazioni. Gli arresti e,
soprattutto, i controlli ed i sequestri in questione vennero effettuati, infatti, sulla
base di quanto ascoltato “in diretta” con l’attività tecnica in atto, così fornendo
un’ ulteriore conferma del contenuto delle conversazioni intercettate.
Sicché, al cospetto di una ricostruzione dei fatti correttamente operata dal
Collegio cautelare, immune da vizi logici e sorretta da adeguata motivazione,
detto motivo ricorso dev’essere respinto per infondatezza.

9. L’impugnata ordinanza dev’essere, pertanto, annullata, limitatamente ai primi
due motivi di ricorso, al fine di rivalutare le questioni oggetto delle relative
dog lianze.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al tribunale di Reggio Calabria.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia tramessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente a norma dell’art. 94, comma 1
ter, disp. att. c.p.p.

11

cassazione. La censura di diritto può riguardare soltanto la logica della chiave

Così deciso in Roma, 1 1 11 giugno 2014

gliere

t.

Il Presidente

Il Co

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