Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34095 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 34095 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALLUCCI MAURIZIO N. IL 16/07/1962
avverso la sentenza n. 2047/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 28/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galkieià Secozotkl.
che ha concluso per.ekkAla ve42j2ct,yruz,A-0 c_cyrt. 9.ets.” 6.)

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Data Udienza: 08/07/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di L’Aquila, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente, GALLLUCCI MAURIZIO, con sentenza del 28.1/.2012, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Chieti il 12.03.2012, appellante il Procuratore Generale e l’imputato, esclusa la circostanza attenuante di cui all’art. 73
c. 5 0 DPR 309/90, rideterminava la pena in quattro anni di reclusione ed €
18.000,00 di multa, confermava nel resto, con condanna al pagamento delle ulteriori spese.

ato previsto dagli artt. 17 e 73 c. 1 e 1 bis DPR 309/90, perché, al fine di cederla
a terzi, deteneva illecitamente presso la propria abitazione complessivi Kg. 7 di
sostanza stupefacente tipo marijuana che custodiva nel locale sottotetto; b) del
reato previsto dagli artt. 18 e 73 c. 1 DPR 309/90, perché cedeva illecitamente a
Crispini Carlo gr. 140 di sostanza stupefacente tipo marijuana.
In Ortona il 18.2.2012.
Il giudice di primo grado, ritenuta la fattispecie di cui all’art. 73 V co. DPR
309/90, aveva condannato il Gallucci alla pena di anni 1 di reclusione ed €
4.000,00 di multa.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore, l’imputato, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma
1, disp. att., cod. proc. pen.
a. Inosservanza o erronea applicazione della legga penale in relazione
all’art. 606 lett. b) cod. proc. pen.
La motivazione, in ordine all’esclusione dell’attenuante di cui al V comma
dell’art. 73 DPR 309/90, apparirebbe scarna e priva di giusta valutazione di tutti
gli elementi costitutivi del reato e delle circostanze che, a giudizio del ricorrente,
consentirebbero l’applicabilità dell’attenuante.
Il ricorrente descrive tali circostanze, rilevando che non sarebbero stati rinvenuti elementi tali da far desumere l’esistenza di una serra artigianale, così come, evidenzia, le stesse modalità in cui è stata rinvenuta la sostanza stupefacente.
Le piante, infatti, pur avendo un peso lordo di kg. 7 avevano una parte drogante di appena gr. 44,15.
b. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
relazione all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
La sentenza impugnata si limiterebbe a richiamare, a sostegno della propria
motivazione, quanto sostenuto dal Procuratore Generale, facendolo proprio, sen2

Il Tribunale di Chieti aveva dichiarato Gallucci Maurizio colpevole: a) del re-

za valutare la pericolosità concreta nel fatto reato e la definizione di quantità e
soprattutto qualità dello stupefacente.
La valutazione della Corte territoriale apparirebbe estremamente generica ritenendo la quantità della sostanza e i precedenti dell’imputato sufficienti a non
ritenere il fatto di lieve entità senza altra spiegazione.

Chiede, pertanto, in via principale la riforma della sentenza impugnata con
assoluzione dell’imputato anche ex art. 530 comma 2 cod. proc. pen.; in subor-

in essa quantificata, con l’applicazione del comma V dell’art. 73 DPR 309/90.

Prima del presente giudizio il difensore avanzava a questa Corte Suprema istanza de libertate nell’interesse dell’imputato che, preliminarmente, é stata trasmessa per competenza alla Corte di Appello di L’Aquila, dandosene avviso al difensore.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I proposti motivi sono infondati.
La sentenza impugnata va tuttavia annullata limitatamente alla determinazione della pena per i motivi che si andranno ad evidenziare.

2. Infondati, come si anticipava, sono entrambi i motivi di ricorso.
Il ricorrente si duole, denunciando, alternativamente, vizio motivazionale
o violazione di legge, del mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata (che tale
era, pacificamente, all’epoca del fatto) di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90, ritenuta dal giudice di prime cure e non da quello del gravame, che l’ha negata in ciò
accogliendo l’appello del PG, nonché di mancanza di motivazione per essersi, di
fatto, la Cordíterritoriale appiattita sulla richiesta del PG.
In realtà, ancorché con motivazione alquanto scarna, la Corte di appello
di L’Aquila ha negato il riconoscimento del V comma valorizzando in senso negativo la quantità di sostanza stupefacente rinvenuta nel possesso del Gallucci e i
precedenti penali dello stesso, con ciò facendo buon governo dei principi affermati in materia da questa Corte Suprema.

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Infondata e assolutamente generica appare poi la doglianza if,-Ofelérte-efit,
mancanza di motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità
dell’imputato in ordine ai reati ascrittigli.
Con motivazione congrua, logica e coerente – e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimità- la Corte territoriale, infatti, richiama per relationem la
sentenza del giudice di prime cure e richiama gli elementi sintomatici valorizzati

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dine la conferma della sentenza di primo grado, con rideterminazione della pena

dallo stesso per affermare la destinazione della sostanza alla cessione a terzi: il
quantitativo molto elevato, incompatibile con l’uso personale (g. 44,15 di principio attivo, con la possibilità di ricavare 1766 dosi medie), la predisposizione di un
impianto di essiccazione delle foglie, mediante l’installazione, nel locale soffitta,
di un ventilatore e di lampade ad alto voltaggio, per accelerare l’essiccazione delle foglie.
A fronte di ciò, quelli che, alternativamente, vengono denunciati come
violazione di legge o vizio motivazionale, paiono essere sollecitazioni a questa

sede non é consentito.
Va ricordato, infatti, che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della
motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la
oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, cfr. vedasi questa Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009 n. 12110 e n. 23528 del
6.6.2006).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione
per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile ictu ocuii, dovendo il sindacato di legittimità
al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti
le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che,
anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni
del convincimento (Sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del
24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene líté alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito,
ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà
della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del
13.2.2013, Badagliacca e altri, rv. 255542)
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.
Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità
di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.
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Corte Suprema a rivalutare in fatto le emergenze processuali, il che in questa

E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.
pen. come modificato dalla I. 20.2.2006 n. 46. Il giudice di legittimità non può
procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa limitarsi a fornire una
versione alternativa del fatto, senza indicare specificamente quale sia il punto
della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in con-

Il vizio della manifesta illogicità della motivazione deve essere evincibile
dal testo del provvedimento impugnato. Com’è stato rilevato nella citata sentenza 21644/13 di questa Corte la sentenza deve essere logica “rispetto a sé stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione
secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente
indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di
questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto.

3.

In punto di determinazione della pena, tuttavia, i giudici aquilani, e-

sclusa la riconducibilità all’ipotesi di cui al V co. dell’art. 73 Dpr. 309/90, sono
partiti nel computo da una pena base di anni 6 di reclusione ed euro 27.000 di
multa, che effettivamente corrispondeva a poco più del minimo edittale previsto
dall’art. 73 co. 1 Dpr. 309/90 nel testo vigente all’epoca di entrambe le sentenze
di merito, che puniva in maniera indifferenziata droghe c.d. “pesanti” e droghe
c.d. “leggere”.
All’atto in cui interviene la presente sentenza, tuttavia, non può non tenersi conto che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decretolegge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, com-

creto, da cosa tale illogicità vada desunta.

ma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49 quella da cui il giudice del merito è
partito non è più la pena minima.
Con la sentenza in questione, rimossa dal giudice delle leggi la novella del
2006 di cui alla c.d. Legge Fini Giovanardi, si è determinata, infatti, la revivi-

scenza del primo e del quarto comma dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel
testo anteriore alle modifiche con quella apportate che, mentre prevedono un
trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cosiddette “droghe leggere” (puniti con la pena della reclusione da
due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti
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anni e della multa), viceversa contemplano sanzioni più severe per i reati concernenti le cosiddette “droghe pesanti” (puniti, oltre che con la multa, con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni).
E’ stata la stessa Corte Costituzionale a precisarlo in sentenza laddove ha
affermato che “in considerazione del particolare vizio procedurale accertato in
questa sede, per carenza dei presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost., deve ritenersi che, a seguito della caducazione delle disposizioni impugnate, tornino a ricevere applicazione l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e le relative tabel-

che apportate con le disposizioni impugnate”.
Nel caso che ci occupa nel computo della pena la Corte aquilana è partita
da una pena detentiva base che non è più il minimo, bensì il massimo della pena
prevista per le droghe c.d. leggere.
La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio limitatamente al
trattamento sanzionatorio, essendo il giudice di rinvio (la Corte d’Appello di Perugia avendo quella di L’Aquila una sola sezione) chiamato a rivalutare
quest’ultimo, in ragione dei criteri di legge, alla luce della cornice normativa di
riferimento oggi. Con la precisazione che, ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen.,
sul punto della responsabilità deve ritenersi formato il giudicato.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della
pena e rinvia, sul punto, alla Corte di Appello di Perugia.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma 1’8 luglio 2014
Il

sigliere es nsore

Il Presidente

le, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifi-

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