Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34094 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 34094 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

Data Udienza: 08/07/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IRACI SARERI ALEX N. IL 25/11/1992
avverso la sentenza n. 1938/2013 TRIBUNALE di CATANIA, del
27/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GolgdPS2Q- )CA2ZOtt..a.
che ha concluso per _e:0A2,,,e(22×2.5)–0
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4<■2,6Q ceee 5).6 kd2. (414(--VW tb -e- QA-d-cei&b&QQ 9e,t- RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 27.5.2013 il Tribunale di Catania in composizione monocratica applicava ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. all'imputato IRACI SARERI ALEX, per il reato di cui all'art. 73 D.P.R. , 309/90, con le circostanze attenuanti generiche ed operata la riduzione per il rito, la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, con spese e confisca. Il reato, accertato in Catania il 7.5.2013, era consistito nell'illecita detenzione a fine di spaccio di 130 grammi di marijuana contenuti in tre sacchetti di 2. Avverso detto provvedimento, IRACI SARERI ALEX proponeva personalmente ricorso deducendo: a. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e di inutilizzabilità ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen. Il ricorrente si duole (evidentemente a nome del difensore, in quanto anche se il ricorso é sottoscritto dall'interessato vi si legge "questo difensore") eh* che l'udienza di convalida sia stata tenuta illegittimamente un'ora prima dell'orario fissato e comunicato al difensore di fiducia. Invero l'udienza di convalida era stata fissata, a suo dire, alle ore 11,15 mentre la trattazione sarebbe avvenuta ben un'ora prima, ovvero alle ore 10,15. Il difensore di fiducia, pertanto, era sopraggiunto alle 11,00 e aveva solo potuto, ad udienza di convalida già esaurita, chiedere di aggiungere a verbale le proprie richieste, non avendo potuto conferire col proprio assistito prima dell'interrogatorio né visionare gli atti contenuti nel fascicolo del PM. b. Omessa motivazione ai sensi dell'articolo 606 lett. e) cod. proc. pen. A tutto concedere, secondo il ricorrente sarebbe di indubbia evidenza che l'iter motivazionale del giudice che ha applicato la pena concordata dalle parti ha omesso ogni valutazione in ordine alla conformità della pena al caso concreto. Chiede pertanto annullarsi la sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ancorché entrambi i proposti motivi siano infondati, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio in quanto la pena applicata risulta oggi illegale alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014. 2. Quanto al motivo di ricorso sub a. lo stesso è infondato, non essendo stato operato alcun vulnus al diritto di difesa, che é stato pienamente esperito. 2 cellophane e g. 1,8 di marijuana contenuti in un involucro di carta di alluminio. E' pur vero, infatti, che nell'avviso dato al difensore dalla Squadra Mobile di Catania al nominato difensore di fiducia l'orario di inizio dell'udienza di convalida per il giudizio direttissimo dinanzi al GM del Tribunale di Catania era indicato nelle 11,15. Ed effettivamente l'udienza di convalida risulta iniziata in un orario precedente (alle ore 10,15 secondo il verbale manuale redatto dal cancelliere, alle ore 10,55 secondo il verbale della trascrizione stenotipica). Alle ore 11. tuttavia, l'Avv. Rosanna Scalia, difensore di fiducia, risulta essere regolarmente comparsa ed avere rassegnato le proprie conclusioni, ottem- In ordine all'infondatezza del motivo sub b., basterebbe valutarsene la sua assoluta genericità. Va peraltro ricordato che è ormai principio consolidato di questa Corte di legittimità, anche a Sezioni Unite, quello secondo cui, nell'ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedimentale previsto dall'art. 444 cod. proc. pen., l'esigenza di specificità delle censure deve ritenersi addirittura "rafforzata" rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la critica al provvedimento che abbia accolto la domanda dell'imputato deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto dalla stessa parte richiesto (Sez. U, n. 35738 del 27.05.2010, P.G., Calibè e altro, rv. 247839; Sez. U., n. 11493 del 24.6.1998, Verga, rv. 211468). Con particolare riferimento all'onere di verifica dell'insussistenza delle cause di proscioglimento immediato, questa Corte ha altresì precisato che la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi proscioglimento previste dall'art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non punibilità (Sez. 1, n. 4688 del 10.1.2007, Brendolin, rv. 236622). E' altrettanto pacifico, poi, che in caso di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p., "l'accordo intervenuto tra le parti esonera l'accusa dall'onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l'accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d'imputazione), con l'affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all'art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all'art. 27 Cost.". (sez. 4, 13.7.2006, n. 34494, P.G. in proc. Koumya, rv. 234824; vedasi anche, Sez. 1, n. 3980 del 27.9.1994, Magliulo, rv. 199479). E ancora, di recente, si è precisato che nella 3 perando compiutamente al ricevuto mandato difensivo. motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all'art. 129 cod. proc. pen. è sufficiente a far ritenere il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo (Sez. 2, n. 6455 del 17.11.2011 dep. 17.2.2012, Alba, rv. 252085). In tale pronuncia è stato chiarito, in motivazione, che il semplice e testuale rinvio al medesimo articolo, il cui contenuto entra in tal modo a far parte per relationem del ragionamento decisorio, esprime l'avvenuta verifica, da parte del giudice, dell'inesistenza di motivi di non punibilità, senza che occorra una ulteriore e più modo positivo elementi di segno contrario. 3. Nel computo della pena per l'IRACI, tuttavia, si è partiti da una pena base di anni 6 di reclusione ed euro 27.000 di multa. Si trattava di poco più del minimo edittale previsto per l'articolo 73 Dpr. 309/90 di cui alla c.d. Legge Fini Giovanardi vigente all'epoca in cui è stata emessa la sentenza, che puniva in maniera indifferenziata droghe c.d. "pesanti" e droghe c.d. "leggere". All'atto in cui interviene la presente sentenza, però, non può non tenersi conto che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49 quella da cui il giudice del merito è partito, giudicandosi nel caso che ci occupa di droghe c.d. "leggere" (hashish e marijuavm..A.x na), era la pena minima-r6ggi è la pena massima. Con la sentenza in questione, rimossa dal giudice delle leggi la novella del 2006 di cui alla c.d. Legge Fini-Giovanardi, si è determinata, infatti, la reviviscenza del primo e del quarto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche con quella apportate che, mentre prevedono un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cosiddette "droghe leggere" (puniti con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti anni e della multa), viceversa contemplano sanzioni più severe per i reati concernenti le cosiddette "droghe pesanti" (puniti, oltre che con la multa, con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni). E' stata la stessa Corte Costituzionale a precisarlo in sentenza laddove ha affermato che "in considerazione del particolare vizio procedurale accertato in questa sede, per carenza dei presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost., deve ritenersi che, a seguito della caducazione delle disposizioni impugnate, tornino a ricevere applicazione l'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e le relative tabel4 analitica disanima, purché dal testo della sentenza medesima non emergano in le, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni impugnate". 4. Di fronte, dunque, ad un giudice del merito che abbia fatto riferimento ad una pena per un determinato reato non più contemplata ovvero, come nel caso che ci occupa, così diversa per riferimento edittale, ritiene il Collegio che non possa che annullarsi la sentenza impugnata, e trasmettersi gli atti, per un nuovo giudizio, al giudice di merito. Suprema (cfr. ex plurimis sez. 6, n. 4836 del 17.11.2010, Nasri, rv. 248533 che ha giudicato il caso di una sentenza di patteggiamento con la quale la pena era stata concordata anche tenendo conto della contestata aggravante di cui all'art. 69, comma 1, n. llbis, cod. pen. dichiarata incostituzionale in epoca successiva alla pattuizione della pena nella cui motivazione viene evidenziato che l'annullamento veniva rilevato d'ufficio per una sopravvenuta causa di nullità che investiva la qualificazione aggravata della condotta criminosa e la definizione del trattamento sanzionatorio applicato) va ritenuta,in casi come quello all'odierno esame; l'esclusione della validità dell'accordo siglato tra le parti e ratificato dal giudice. Pertanto l'annullamento deve operarsi senza rinvio, con ritrasmissione degli atti al giudice del merito, per consentire alle parti del processo, se lo ritengono, di rinegoziare l'accordo su altre basi, con riferimento alle più favorevoli sanzioni, ovvero di proseguire con il rito ordinario (in tal senso questa sez. 3, n. 1883 del 22.9.2011. P.G. in proc. La Sala , rv. 251796; sez. 1 n. 16766 del 7.4.2010, P.G. in proc. Ndiaye, rv. 246930; sez. 3, n. 34302 del 14.6.2007, P.G. in proc. Cotugno, rv. 237124; sez. 5, n. 1411 del 22.9.2006, P.G. in proc. Braidich e altro, rv. 236033; sez. 3 n. 30851 del 12.6.2001, n. 30851, Santullo, rv. 220046; sez. 3 n. 641 del 16.2.1999, PM in proc. Zanon, rv. 213274; sez. 1, n. 1571 del 14.3.1995, PM in proc. Panariello, rv. 201163). P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Catania. Così deciso in Roma, 1'8 luglio 2014. Conformemente ad un'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte

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