Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34093 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 34093 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TARANTINO SALVATORE N. IL 13/10/1979
avverso la sentenza n. 3616/2013 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
07/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galkepj2e b-0O2-2″.
che ha concluso per .2, ‘Ctivvyuz.ef2Ote0 -jen-1.241 iteCtettJj O

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Data Udienza: 08/07/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 07.06.2013 il G.I.P del Tribunale di Lecce, applicava
ex art. 444 cod. proc. pen., all’imputato Tarantino Salvatore , per il reato di cui
all’art. 110 cod. pen., 73 co. 1 e lbis D.P.R. 309/90, concessegli le circostanze
attenuanti generiche ed operata la riduzione per il rito, la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, con ordine di confisca e distruzione dello stupefacente e di quant’altro in sequestro, con condanna di pagamento delle spese di mantenimento in carcere del periodo di custodia precautelare.

convivente more uxorio, detenuto al fine di spaccio sostanza stupefacente, in
particolare gr. 157,7 del tipo hashish, suddivisa in due panetti e gr. 985,6 del
tipo marijuana, di cui gr. 965 in un unico involucro e la rimanente parte divisa in
due confezioni.

2. Avverso detto provvedimento, Tarantino Salvatorg, propone ricorso, a
mezzo del proprio difensore, deducendo l’unico motivo di seguito enunciato nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
• nullità della sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.1 lett. e) cod. proc. della legge penale e processuale penale
ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.
La sentenza impugnata avrebbe erroneamente basato il giudizio solo sulle
dichiarazioni dell’imputato, escludendo ogni valutazione esterna.
Sarebbero stati trascurati degli elementi che avrebbero portato a conclusioni differenti per l’imputato.

Chiede pertanto annullarsi la sentenza impugnata con ogni conseguente
statuizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ancorché il proposto motivo sia infondato, la sentenza impugnata va
annullata senza rinvio in punto di determinazione della pena alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014.

2. In ordine all’infondatezza del motivo, basterebbe valutarsene la sua
assoluta genericità.
Va peraltro ricordato che è ormai principio consolidato di questa Corte di
legittimità, anche a Sezioni Unite, quello secondo cui, nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte se-

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Il Tarantino era imputato di avere, in concorso con De Tommasi Liliana

condo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 cod. proc. pen., l’esigenza
di specificità delle censure deve ritenersi addirittura “rafforzata” rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la critica al provvedimento che
abbia accolto la domanda dell’imputato deve impegnarsi a demolire, prima di
tutto, proprio quanto dalla stessa parte richiesto (Sez. U, n. 35738 del
27.05.2010, P.G., Calibè e altro, rv. 247839; Sez. U., n. 11493 del 24.6.1998,
Verga, rv. 211468).
Con particolare riferimento all’onere di verifica dell’insussistenza delle

tenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc.
pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia invece evidente
la sussistenza di una causa di non punibilità (Sez. 1, n. 4688 del 10.1.2007,
Brendolin, rv. 236622).
E’ altrettanto pacifico, poi, che in caso di patteggiamento ai sensi dell’art.
444 c.p.p., “l’accordo intervenuto tra le parti esonera l’accusa dall’onere della
prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena
patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.”. (sez. 4, 13.7.2006, n.
34494, P.G. in proc. Koumya, rv. 234824; vedasi anche, Sez. 1, n. 3980 del
27.9.1994, Magliulo, rv. 199479). E ancora, di recente, si è precisato che nella
motivazione della sentenza di patteggiamento il richiamo all’art. 129 cod. proc.
pen. è sufficiente a far ritenere il giudice abbia verificato ed escluso la presenza
di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al
riguardo (Sez. 2, n. 6455 del 17.11.2011 dep. 17.2.2012, Alba, rv. 252085). In
tale pronuncia è stato chiarito, in motivazione, che il semplice e testuale rinvio al

cause di proscioglimento immediato, questa Corte ha altresì precisato che la sen-

medesimo articolo, il cui contenuto entra in tal modo a far parte per relationem
del ragionamento decisorio, esprime l’avvenuta verifica, da parte del giudice,
dell’inesistenza di motivi di non punibilità, senza che occorra una ulteriore e più
analitica disanima, purché dal testo della sentenza medesima non emergano in
modo positivo elementi di segno contrario.

3. Nel computo della pena per Tarantino Salvatore, tuttavia, si è partiti
da una pena base di anni 6 di reclusione ed euro 26.000 di multa.

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Si trattava del minimo edittale previsto per l’articolo 73 Dpr. 309/90 di cui
alla c.d. Legge Fini Giovanardi vigente all’epoca in cui è stata emessa la sentenza, che puniva in maniera indifferenziata droghe c.d. “pesanti” e droghe c.d.
“leggere”.
All’atto in cui interviene la presente sentenza, però, non può non tenersi
conto che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge
30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,

giudicandosi nel caso che ci occupa di droghe c.d. “leggere” (hashish e marijuana), non è più il minimo, ma il massimo edittale.
Con la sentenza in questione, rimossa dal giudice delle leggi la novella del
2006 di cui alla c.d. Legge Fini-Giovanardi, si è determinata, infatti, la reviviscenza del primo e del quarto comma dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel
testo anteriore alle modifiche con quella apportate che, mentre prevedono un
trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cosiddette “droghe leggere” (puniti con la pena della reclusione da
due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti
anni e della multa), viceversa contemplano sanzioni più severe per i reati concernenti le cosiddette “droghe pesanti” (puniti, oltre che con la multa, con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni).
E’ stata la stessa Corte Costituzionale a precisarlo in sentenza laddove ha
affermato che “in considerazione del particolare vizio procedurale accertato in
questa sede, per carenza dei presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost., deve ritenersi che, a seguito della caducazione delle disposizioni impugnate, tornino a ricevere applicazione l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni impugnate”.

4. Di fronte, dunque, ad un giudice del merito che abbia fatto riferimento

ad una pena per un determinato reato non più contemplata ovvero, come nel caso che ci occupa, così diversa per riferimento edittale, ritiene il Collegio che non
possa che annullarsi la sentenza impugnata e trasmettersi gli atti, per un nuovo
giudizio, al giudice di merito.
Conformemente ad un’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte
Suprema (cfr. ex plurimis sez. 6, n. 4836 del 17.11.2010, Nasri, rv. 248533 che
ha giudicato il caso di una sentenza di patteggiamento con la quale la pena era
stata concordata anche tenendo conto della contestata aggravante di cui all’art.
69, comma 1, n. 11bis, cod. pen. dichiarata incostituzionale in epoca successiva
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della legge 21 febbraio 2006, n. 49 quello da cui il giudice del merito è partito,

alla pattuizione della pena, nella cui motivazione viene evidenziato che
l’annullamento veniva rilevato d’ufficio per una sopravvenuta causa di nullità che
investiva la qualificazione aggravata della condotta criminosa e la definizione del
trattamento sanzionatorio applicato) va ritenuta in casi come quello all’odierno
esame l’esclusione della validità dell’accordo siglato tra le parti e ratificato dal
giudice.
Pertanto l’annullamento deve operarsi senza rinvio, con ritrasmissione
degli atti al giudice del merito, per consentire alle parti del processo, se lo riten-

sanzioni, ovvero di proseguire con il rito ordinario (in tal senso questa sez. 3, n.
1883 del 22.9.2011. P.G. in proc. La Sala , rv. 251796; sez. 1 n. 16766 del
7.4.2010, P.G. in proc. Ndiaye, rv. 246930; sez. 3, n. 34302 del 14.6.2007, P.G.
in proc. Cotugno, rv. 237124; sez. 5, n. 1411 del 22.9.2006, P.G. in proc. Braidich e altro, rv. 236033; sez. 3 n. 30851 del 12.6.2001, n. 30851, Santullo, rv.
220046; sez. 3 n. 641 del 16.2.1999, PM in proc. Zanon, rv. 213274; sez. 1, n.
1571 del 14.3.1995, PM in proc. Panariello, rv. 201163).

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti
al Tribunale di Lecce.
Così deciso in Roma, 1’8 luglio 2014.

gono, di rinegoziare l’accordo su altre basi, con riferimento alle più favorevoli

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