Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34089 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 34089 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

Data Udienza: 11/06/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– VATIERO EMANUELE, n. 4/08/1981 a CASORIA

avverso la sentenza della Corte d’appello di NAPOLI in data 3/04/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. M. Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento con rinvio
dell’impugnata sentenza, limitatamente ai capi L) ed M) della rubrica;

Jkr

RITENUTO IN FATTO

VATIERO EMANUELE ha proposto ricorso, a mezzo del difensore fiduciario
cassazionista, avverso la sentenza della Corte d’appello di NAPOLI, emessa in
data 3/04/2013, depositata in data 17/04/2013, con cui, in parziale riforma della
sentenza del tribunale di NAPOLI del 3/04/2007, il ricorrente veniva assolto
dall’imputazione sub i) della rubrica per insussistenza del fatto, con conseguente

le residue imputazioni di cui agli 110, 81 cpv c.p. e 73, comma 1, d.P.R. n.
309/1990 (capo I) e 110, 81 cpv c.p. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 (capo
m).
Fatti contestati come commessi in data 19 giugno 2004.

2. Con il ricorso, proposto a mezzo del difensore fiduciario cassazionista
dell’imputato, vengono dedotti due motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e) c.p.p.,
per non aver i giudici di appello motivato sulle specifiche obiezioni sollevate dalla
difesa nei motivi di appello.
La censura investe l’impugnata sentenza per aver la Corte d’appello
esclusivamente motivato in ordine all’unico capo di imputazione per il quale il
ricorrente è stato assolto, senza invece soffermarsi sui residui capi di
imputazione; in particolare, si rileva come sarebbe insussistente la prova dei fatti
contestati al capo m), in quanto le conversazioni dalle quali dovrebbero trarsi gli
indizi di reità a carico del ricorrente porterebbero la data del 15/06/2004,
laddove, diversamente, l’episodio contestato reca la data del 19/06/2004;
inoltre, si evidenzia, a tal riguardo a nulla rileverebbe la circostanza della
intervenuta confessione del ricorrente, il quale ha ammesso di aver confezionato
due dosi di stupefacente per tale De Miro in data 12 o 13 giugno; in sostanza, la
confessione del ricorrente potrebbe essere utilizzata per un nuovo e diverso
procedimento per i fatti avvenuti in tale data, ma non certamente utilizzata per
ritenere provata la responsabilità penale del medesimo per i fatti che sarebbero
avvenuti il 15 giugno e contestati nell’imputazione come avvenuti il 19 giugno
2004.

2

rideterminazione della pena in anni 5 di reclusione ed C 25.000,00 di multa, per

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e)
c.p.p., in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 e correlati vizi
motivazionali.
La censura investe l’impugnata sentenza per aver la Corte d’appello pretermesso
la richiesta di sussunzione dei fatti nella previsione del comma 5 dell’art. 73, TU
Stup.; sul punto vi sarebbe, quindi, assoluta mancanza di motivazione; né, si
osserva, la sentenza potrebbe ritenersi motivata per relationem sulla base delle

di dover escludere l’ipotesi del comma 5 soprattutto in ragione della quantità
dello stupefacente (sino a 100 gr.); ed invero, avendo i giudici di appello assolto
il ricorrente proprio dal reato in cui era contestata la messa in vendita dei 100
gr. di cocaina, non vi erano più motivi ostativi al riconoscimento dell’ipotesi di cui
al comma 5; né, infine, l’altro argomento utilizzato dai primi giudici (il c.d.
spaccio di strada)x non sarebbe a giudizio della difesa dirimente ai fini della
qualificazione dello spaccio come ipotesi lieve.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso dev’essere parzialmente accolto per le ragioni di seguito esposte.

4.

Ed invero, quanto al primo motivo, le dedotte doglianze, si appalesano,

al’evidenza, infondate, atteso che i motivi di appello investivano la sentenza di
primo grado unicamente con riferimento al capo I), per il quale è intervenuta
sentenza assolutoria in grado d’appello. Nella specie, dalla lettura dei motivi di
appello, emerge chiaramente che le censure difensive riguardavano: a) il
mancato riconoscimento dell’ipotesi del comma 5 dell’art. 73, TU Stup.; b) il
trattamento sanzionatorio, la mancata riduzione della pena per le attenuanti
generiche nella loro massima estensione e la eccessività dell’aumento applicato a
titolo di continuazione.
Attesa la natura limitatamente devolutiva del giudizio di appello, il primo motivo
di ricorso è infondato, atteso che, in base all’art. 597 c.p.p., la Corte d’appello ha
una cognizione del procedimento limitata ai punti della decisione di primo grado
cui si riferiscono i motivi proposti.
Come già affermato da questa Corte, anche nel nuovo codice di procedura
penale, l’appello ha carattere di mezzo di impugnazione limitatamente devolutivo
(art. 597, comma primo, cod. proc. pen.). Pertanto il potere discrezionale dato al
giudice di appello di superare, entro certi limiti, lo spazio della cognizione
devolutogli, non risolve l’onere della parte di proporre le richieste e i motivi
3

argomentazioni esposte dal primo giudice, in quanto quest’ultimo aveva ritenuto

specificamente, ne’ rende ammissibile il ricorso per Cassazione sulla base di
motivi e richieste non dedotte in appello, sempre che non si tratti di violazione di
legge implicanti nullità rilevabili di ufficio (Sez. 1, n. 4031 del 25/02/1991 – dep.
12/04/1991, Pace ed altri, Rv. 187950).
Non versandosi, pertanto, in ipotesi rientranti nel sindacato officioso di questa
Corte ex art. 609 c.p.p., il motivo di ricorso dev’essere rigettato.

Ed invero, la sentenza è effettivamente silente sulle ragioni del mancato
riconoscimento dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, TU Stup.; in
particolare, la Corte d’appello, avendo adottato pronuncia assolutoria quanto al
capo i), avrebbe dovuto rivalutare le ragioni ostative che, a giudizio del primo
giudice, avevano escluso la riconducibilità del fatto all’ipotesi del fatto di lieve
entità; il giudice di primo grado aveva ritenuto, infatti, di dover escludere la
sussistenza dell’ipotesi del comma 5 soprattutto in ragione della quantità dello
stupefacente (sino a cento grammi). L’intervenuta assoluzione proprio in
relazione all’episodio sub i) in cui si contestava tale quantitativo, avrebbe
imposto una nuova valutazione da parte della Corte territoriale in ordine alla
persistenza o meno di ragioni ostative alla sussumibilità del fatto nell’ipotesi

lieve.

6.

L’impugnata sentenza dev’essere pertanto annullata, con rinvio ad altra

sezione della Corte d’appello di Napoli che si atterrà a quanto sopra specificato
da questa Corte.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla configurabilità del reato di cui
all’art. 73, comma 5, TU Stup., e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di
Napoli; rigetta il ricorso, nel resto.
Così deciso in Roma, 1’11 giugno 2014

Il Co sigliere -st.

Il Presidente

5. Fondato è, invece, il secondo motivo.

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