Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3408 del 20/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3408 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ciabuschi Pierluigi, nato ad Ascoli Piceno il 21.2.76
imputato art. 6 L. 401/89

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona del 27.8.13
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Giuseppe Corasaniti, che ha chiesto una
declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Sentito il difensore dell’imputato avv. Michlelangelo Iurlaro, in sost. dell’avv. Mauro
Gionni, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’imputato è accusato di avere
contravvenuto al provvedimento del questore che gli vietava di accedere agli impianti sportivi
per la durata di due anni e che gli imponeva l’obbligo di presentazione presso gli uffici di
polizia in concomitanza con lo svolgimento di incontri calcistici dell’Ascoli Calcio.
Per tale ragione, egli è stato condannato in primo grado e la Corte d’appello, con la
sentenza qui impugnata, ha ribadito.

Data Udienza: 20/11/2014

2. Motivi del ricorso tramite difensore, deducendo:

Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso,

2) violazione di legge per mancanza di motivazione sull’elemento soggettivo. Il
ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito non abbiano considerato che l’istruttoria
– v. testimonianze di Chiossi e
dibattimentale aveva fatto emergere che il Ciabuschi
Pantaleone – non solo non andava a vedere la partita, ma andava a casa a vederla ed in ogni
caso normalmente si presentava in commissariato a firmare;
violazione di legge e vizio della motivazione in punto di diniego delle
3)
attenuanti generiche. Il ricorrente si duole, infatti, della mancanza di adeguata spiegazione da
parte della Corte a proposito del mancato riconoscimento della attenuanti invocate.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è inammissibile perché prevalentemente in fatto e,
comunque, manifestamente infondato.
In generale, non si può fare a meno di osservare che, al di là della qualificazione data
dal ricorrente ai vizi che egli denuncia, “contraddittorietà della motivazione e violazione di
legge”, nel concreto, ciò di cui il ricorrente si duole è solo il contenuto della decisione
(ovviamente da lui non condivisa) che viene criticata attraverso argomenti con i quali cerca solo di
indurre ad una diversa lettura delle medesime prove.
3.1. In particolare, perciò, egli, con il primo motivo, ripropone la medesima
versione difensiva di essersi trovato nei pressi dello stadio solo perché “di strada” nel percorso
che lo conduceva, al contempo, ad accompagnare allo stadio la moglie ed il figlio e, quindi, a
raggiungere il commissariato dove avrebbe dovuto attestare la propria presenza come
impostogli.
Il punto è, però, che il controllo di logicità della motivazione è finalizzato solo a
verificare se la decisione assunta sia costituita da un “iter” argomentativo privo di
macroscopiche violazioni delle normali regole della logica, giuridica e non. In altri termini,
come asserito sin ad epoca risalente (sez. I, 12.5.99, Commisso, Rv. 215132), perché la motivazione
possa essere definita illogica, si deve essere in presenza di una “frattura logica evidente tra
una premessa – o più premesse nel caso di sillogismo – e le conseguenze che se ne traggono”.
Di certo, però, non ricorre alcun vizio “logico” quando, invece, si è solo in presenza di una
interpretazione dei dati fattuali meramente “alternativa” ad altre possibili. Pertanto, una volta
che il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della propria analisi probatoria
l’esame di legittimità non può andare oltre il controllo della chiave interpretativa essendo
preclusa “la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a
quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa
logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di
rilevanza o attendibilità delle fonti di prova” (ex multis Sez. I, 27.9.07, Formis, Rv. 237863; Sez. II 11.1.07,
Messina, Rv. 235716).

Orbene, non può trascurarsi che, nello specifico, i giudici di merito, alla tesi difensiva
prima riportata, hanno replicato che essa – sostenuta anche in sede di convalida – era
2

contraddittorietà della motivazione e violazione di legge. Ed infatti, la
1)
responsabilità del ricorrente non avrebbe potuto essere dichiarata perché egli aveva spiegato
che è stato rintracciato nei pressi dello stadio solo perché vi stava accompagnando la moglie
ed il figlio e che non era sua intenzione contravvenire al divieto visto che, essendo quella la
strada per recarsi poi in commissariato, avrebbe proseguito per onorare l’obbligo presso gli
uffici di polizia;

chiaramente smentita dalle riprese filmate dalle quali emerge che l’imputato «stazionava da
solo nel piazzale della Curva Sud dello stadio di Ascoli Piceno» ed il contesto è stato così
testimoniato anche dall’agente Re Ciro della Digos.
All’evidenza, perciò, il motivo è destituito di fondamento perché si limita ad essere
riproposto negli stessi termini, per la terza volta, in questa sede di giudizio dove, invece, si
sarebbero dovuti fornire argomenti fattuali o logici per smentire la motivazione impugnata.

3.3. Infine, è generico ed inammissibile anche il terzo motivo per più ragioni.
La prima risiede nel rilievo che la Corte non si pronuncia sulle generiche per la semplice
ragione che non era stata formulata alcuna richiesta in tal senso nei motivi di appello e,
secondariamente, anche il presente motivo è del tutto vago ed assertivo posto che esse
vengono postulate senza che venga indicato alcun argomento obiettivo positivamente
valutabile allo scopo.

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C

Così deciso il 20 novembre 2014
Il Presidente

3.2. Né a diverse conclusioni si può pervenire con riguardo al secondo motivo
ove, nuovamente, si cade nell’errore di coinvolgere questa S.C. in una valutazione di merito e
dove, comunque, si citano argomenti irrilevanti visto che, ancorché si dimostrasse che in tante
altre occasioni l’imputato aveva tenuto un comportamento coerente con i divieti e gli obblighi
impostigli, non verrebbe meno il dato obiettivo della infrazione qui contestata.

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